Il libro dei sogni di Rosy Bindi
S ul suo conto se ne dicono e se ne scrivono ogni giorno di tutti i colori. Nessuno risparmia critiche e lamentele nei suoi confronti, anzi le file dei contestatori si ingrossano sempre di più. Quello che è ormai certo è che sparare sulla Sanità pubblica in Italia significa - curioso davvero il gioco di parole - sparare sulla Croce Rossa. Ma tant'è. D'altronde i casi di 'malasanità ' riempiono quotidianamente le prime pagine dei giornali, facendo gridare allo scandalo. Qualche esempio: mesi e mesi di attesa per sottoporsi a una Tac, file interminabili per fissare un appuntamento, mancanza di igiene nelle strutture ospedaliere. Per non parlare delle diagnosi sbagliate, delle deficienze di personale e della cronica carenza di posti letto. Difficile davvero trovare felici auspici per il futuro. Come è difficile trovare parole di incoraggiamento pronunciate da qualcuno.
'Gli ospedali italiani? Roba da Jurassic Park', ha tuonato, ad esempio, l'ex ministro della Sanità Elio Guzzanti, oggi direttore dell'Agenzia per i Servizi regionali sanitari, commentando il rapporto stilato sulla situazione dei nosocomi italiani. 'La metà degli ospedali - spiega Guzzanti - è matura per andare in pensione: il 57 per cento ha un'età media' di 70 anni, ma alcuni raggiungono addirittura i 110-114 anni, in Umbria e nel Lazio. E, mentre i macchinari impiegati tardano a essere sostituiti, le risorse utili per l'ammodernamento diminuiscono: siamo infatti passati da 1.800 miliardi del 1989 ai 250 miliardi del 1998. E non è tutto: quando saranno esauriti i 22 mila miliardi messi a disposizione dal governo per ristrutturare la rete ospedaliera del Paese, saranno ben 18 mila i posti letto a non aver ricevuto nemmeno un quattrino. Vale a dire il 45 per cento di quelli pubblici'. Una soluzione per uscire dallo stato di impasse secondo Guzzanti ci sarebbe: 'Apriamo ai finanziamenti privati e sviluppiamo le forme di 'Day hospital' e di assistenza domiciliare agli anziani. Come del resto accade anche nella maggior parte dei Paesi europei'. E il ministero della Sanità ? Subissato dalle critiche, ancora scosso dal caso Di Bella, rischia di prendere le sembianze di un naviglio sballottato dalle onde nel bel mezzo di una tempesta. Rosy Bindi chiede pazienza e si augura un'inversione di tendenza della Sanità pubblica nell'arco di tre anni. Il banco di prova più attendibile, la 'nuova frontiera' sarà il piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000, definito un 'Patto di solidarietà per la salute', che nasce all'insegna della prevenzione. Secondo il ministro, infatti, la carenza maggiore riguarda proprio la cosiddetta strategia di prevenzione: in Italia, insomma, il sistema sanitario pubblico sarebbe incentrato troppo sull'assistenza ospedaliera e tralascerebbe quella domiciliare, presente qua e là solo grazie a semplici operazioni sperimentali. Il progetto prevede, inoltre, un rafforzamento della rete di pronto soccorso e un potenziamento dei servizi territoriali. Rosy Bindi invoca soprattutto un'inversione di mentalità , in grado di garantire un alto livello di assistenza ai malati e non solo capace di far quadrare i bilanci. I vincoli di bilancio, ha detto infatti il ministro, sono una condizione non l'obiettivo, anche perché i due aspetti, se il piano procederà nella giusta direzione, saranno complementari. Perché se è vero che non è sbagliato sottovalutare il problema di 'come' si spendono le risorse a disposizione, è altrettanto vero, sottolinea la Bindi, che si sono verificati casi in cui i direttori generali, pur di applicare il principio in modo ferreo e far quadrare il bilancio a tutti costi, hanno tagliato il servizio. A completo discapito dei malati. Il nuovo piano sanitario nazionale, dunque, avrà il compito di evitare che si ripetano casi di questo genere. Anche perché spetterà al malato misurare il grado di competenza del medico e stabilire se meriti fiducia o meno. La tutela della salute dell'individuo, quindi, va messa al primo posto, senza tralasciare il suo lato psichico e spirituale. Con un occhio particolare rivolto all'umanizzazione del servizio: i medici non dovranno perdere di vista quest'aspetto se intendono collaborare per una migliore riuscita della Sanità pubblica. In tal senso il ministero ha previsto addirittura dei premi di produzione per il personale medico che si distinguerà nei rapporti con i pazienti, o 'persone', secondo la recente definizione adottata per indicare gli assistiti. Il piano sanitario nazionale ha cercato anche di suggerire precise linee guida che permetteranno ai medici di individuare le prestazioni sanitarie più idonee per le singole patologie. Un obiettivo importante che si potrà raggiungere grazie alla massima collaborazione di tutti coloro che operano all'interno del sistema sanitario nazionale. Si chiederà , quindi, ai medici di tenere un comportamento il più possibile coerente, per far in modo che la Sanità pubblica riesca a soddisfare le domande dei cittadini con risposte precise. E questo sarebbe già un gran risultato.
Le critiche del Tribunale dei diritti del malato A colloquio con il segretario nazionale Teresa Petrangolini: scendere dai sogni e partire dalla realtà ; tra ministero e tribunale collaborazione, non rivalità .
Migliorare il livello di sicurezza nelle strutture ospedaliere, facilitare l'accesso ai nosocomi delle categorie più disagiate e fare in modo che i cittadini recuperino al più presto quella fiducia nei confronti del servizio sanitario pubblico che recentemente hanno perduto. Sono alcuni degli obiettivi che il Tribunale dei diritti del malato intende raggiungere a breve scadenza, mantenendo fede agli impegni assunti con la gente. Che ormai si affida proprio al tribunale per rivendicare i propri diritti e denunciare i numerosi casi di 'malasanità ' che si verificano in Italia. Nelle parole di Teresa Petrangolini, segretario nazionale dell'associazione, la certezza di chi sa che molto è stato fatto, ma che molto resta ancora da fare per rimettere in sesto la Sanità . Attualmente, e qui ci sono pochi dubbi in proposito, la meno amata dagli italiani. Msa. In venti anni di attività , il tribunale ha messo a nudo diverse pecche del servizio sanitario pubblico. A cosa si deve il successo delle iniziative che avete promosso per aiutare i cittadini a districarsi nei meandri di una burocrazia esasperata? Petrangolini. Innanzitutto vorrei precisare che se mi ritenessi soddisfatta dopo essere arrivata a questo punto, significherebbe che sarei solo un'ambiziosa e che mi riterrei già appagata dai risultati raggiunti. Eviterei, quindi, toni trionfalistici. Credo anzi che più andremo avanti e più ci sarà da lavorare. Non è assolutamente retorico affermare che siamo solamente all'inizio: sappiamo bene, cioè, di aver contribuito a migliorare alcune situazioni davvero precarie, ma che il pianeta 'Sanità ' presenta ancora troppe zone inesplorate nelle quali abbiamo l'obbligo di addentrarci. D'altronde, ormai il Tribunale per i diritti del malato è radicato profondamente nel nostro Paese e la gente ha capito che rappresenta un ottimo tramite per avere finalmente voce in capitolo in un campo che la interessa particolarmente. Tanto è vero che una sezione del tribunale è presente in quasi tutte le città italiane. Va detto, del resto, che oggi esiste una normativa più ampia, resa attiva grazie al contributo fattivo dei cittadini. Il problema, casomai, sta nel fatto che, a fronte delle conquiste ottenute, in ogni struttura convivono 'il buono' e 'il cattivo', tipico di questa Sanità . E continuando in questo modo è poi difficile che emergano i lati positivi, che pure ci sono. Prendiamo, ad esempio, il Policlinico di Roma, 'Umberto I', posto sotto sequestro in estate: ci troviamo davanti a una struttura avanzata che al suo interno, però, presenta una serie di situazioni negative messe impietosamente in luce. È stato il tribunale a 'svegliare' i cittadini o, viceversa, i cittadini hanno dato la spinta decisiva per farlo decollare? Indubbiamente non ci poteva essere idea migliore che quella di creare un Tribunale per i diritti del malato per svegliare la gente e indurla a far valere i propri diritti in campo sanitario. È chiaro che risponde perfettamente alle esigenze dei cittadini, che ora hanno finalmente voce in capitolo e non sono costretti a subire in silenzio. La salute è la cosa che interessa maggiormente, e tutti hanno capito che quando ci si muove in prima persona le situazioni possono cambiare più rapidamente. Le zone d'ombra del pianeta 'Sanità ' sono diverse: quali sono, a suo avviso, le situazioni difficili che vanno affrontate con la massima urgenza? La prima cosa che mi viene in mente è il livello di sicurezza delle strutture sanitarie. Basti pensare che c'è stato un incremento del 14 per cento relativo alle richieste d'intervento per effettuare controlli negli ospedali. E non mi riferisco solo alle denunce sulle sale operatorie giudicate in condizioni igieniche tutt'altro che irreprensibili, ma anche all'inadeguatezza degli impianti elettrici e alle deficienze imputabili a semplici errori umani. Inoltre, credo che sia necessario semplificare l'accesso al servizio pubblico, altrimenti i cittadini, pur di non essere costretti a superare enormi difficoltà , finiranno sempre per ricorrere a strutture private, sborsando fior di quattrini. Credo che la gente vada incoraggiata a utilizzare il servizio pubblico, ma semplificando, e non poco, le procedure burocratiche. Vanno riviste anche le cosiddette 'dimissioni forzate', per cui non si può congedare una persona ricoverata che ha ancora bisogno di cure anche se il periodo di degenza previsto è scaduto. Ma l'aspetto che andrebbe maggiormente curato, ora come ora, è quello della fiducia in linea generale nei confronti della Sanità pubblica. Il caso Di Bella, in questo senso, può e deve insegnare molto, al di là della questione specifica. Dobbiamo renderci conto che adesso i cittadini sono molto informati e che non possono venire ingannati facilmente. E, soprattutto, che un servizio che non è in grado di riscuotere la fiducia della gente rischia di crollare da un momento all'altro. Il vostro lavoro propone inevitabilmente un confronto costante con il ministro della Sanità e con il suo staff: alla prova dei fatti il tribunale è più un alleato del ministero o un suo antagonista? Devo dire che il ministro Bindi, che ha ascoltato e apprezzato le nostre proposte, ha la grande dote di credere nel servizio sanitario nazionale, ma finora ha trovato qualche difficoltà nell'adottare misurare concrete. Come dimostra anche il progetto relativo al nuovo piano sanitario nazionale che, purtroppo, almeno attualmente, è di difficile applicazione, quasi fosse un libro dei sogni. Ottimo, ma pur sempre un libro dei sogni se pensiamo alla realtà . Perché è vero che esiste una strategia per salvaguardare la Sanità pubblica, ma noi abbiamo espresso più di una perplessità sulle modalità che ci sembrano francamente arretrate. Quindi, per rispondere alla sua domanda, forse a parole il tribunale dei diritti del malato è un alleato del ministero della Sanità , ma nei fatti è un antagonista. Ci aspetteremmo una maggiore collaborazione, perché finora nei nostri confronti c'è stato un atteggiamento di chiusura. Noi non possiamo fare altro che rinnovare il nostro invito, che è quello di lavorare all'unisono: la rivalità non serve a nessuno, anche perché occultare la realtà , documentata dai nostri esami, non serve a nulla.
In viaggio con il 'Pitbus' I cittadini - che potranno rivolgersi al 'PitSalute' tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, tramite telefono, corrispondenza ed e-mail (gli stessi del Tribunale per i diritti del malato) - avranno la possibilità di segnalare direttamente i disservizi delle strutture pubbliche e la qualità delle prestazioni ricevute. Nella centrale operativa, infatti, sono attivi esperti in campo sociosanitario e nella tutela dei diritti e professionisti che offrono gratuitamente le proprie prestazioni. Nato da circa due anni, ha gestito oltre 34 mila contatti, di cui 18 mila provenienti da cittadini e 16 mila dalle reti ad esso collegate. Un calcolo approssimativo ha stabilito che due terzi dei contatti hanno avuto un esito positivo, orientando il pubblico nella scelta delle soluzioni migliori per i problemi affrontati. Grazie al 'Pit' sono state realizzate campagne di tutela, suggerite dalle disfunzioni e dalle magagne burocratiche segnalate dai cittadini stessi, in modo da prevenire il ripetersi di situazioni spiacevoli e ingiustizie. I dati raccolti, inoltre, sono serviti per l'elaborazione di studi e dati utili in futuro. Ma l'iniziativa più importante è certamente il 'PitSalute bus', un pulmino itinerante che serve a verificare lo stato dei servizi sanitari, per sollecitare le istituzioni coinvolte ad un maggiore impegno per il miglioramento della Sanità pubblica e per stimolare la gente a salvaguardare la tutela dei suoi diritti. Nel corso della prima esperienza, avvenuta tra l'1 ottobre e il 13 novembre dello scorso anno e incentrata sul tema delle 'Liste di attesa', sono state visitate 31 città ed effettuati 31 monitoraggi. Inoltre, ci sono stati 30 incontri proficui con medici di famiglia e farmacisti e sono state contattate oltre 15 mila persone. Lusinghieri i risultati ottenuti, visto che ora il 'Pit' è radicato sul territorio e ad esso i cittadini fanno riferimento; sono stati raggiunti anche importanti accordi con le Usl e con i dirigenti della Sanità sulla sospirata riduzione delle liste di attesa. Il 'Pitbus' ha già ripreso il proprio cammino all'inizio di ottobre, proponendo il tema della 'Sicurezza nelle strutture ospedaliere', un argomento che sta particolarmente a cuore agli associati del tribunale. |