Il lungo guado dell'Europa

L'Unione dei 27 è alla ricerca di una condivisione di valori che possa fungere da collante a un colosso oggi solo economico e finanziario, ma ancora senz'anima.
17 Settembre 2008 | di

L’Unione europea si trova in una fase critica. All’affossamento della Carta costituzionale da parte della Francia e dei Paesi Bassi, è seguito il «no» irlandese al Trattato di Lisbona varato il 13 dicembre 2007. E tra le cause di questo euroscetticismo c’è forse il malcontento per le istituzioni comunitarie, lontane dagli interessi di popoli diversi per cultura, e timorosi di perdere la propria identità; e la preoccupazione per alcune mozioni approvate dal Parlamento dell’Unione su alcuni temi etici. I padri fondatori: De Gasperi, Adenauer e Schuman affrontarono molte resistenze per far approvare il loro progetto politico dai primi Stati: Italia, Francia, Germania, Lussemburgo, Belgio e Olanda. L’obiettivo era il mantenimento della pace tra popoli che s’erano per decenni dissanguati; la garanzia del lavoro e dell’impegno per la giustizia sociale; un sistema politico democratico come antidoto a nuovi regimi autoritari. Un progetto che mantiene la sua attualità e che può offrire nuove prospettive all’Unione e alla sua missione di difendere i diritti inviolabili della persona e della famiglia nelle accezioni più ampie.
Oggi gli Stati membri dell’Unione sono 27, ma da patria dei diritti umani, com’era ideata dai fondatori, ora sta impegnandosi per lo sviluppo dei mercati e della tecnologia. Debole se non incoerente appare l’impegno in difesa dei valori fondamentali della vita, dal concepimento al suo termine naturale; della famiglia fondata sul matrimonio d’un uomo e d’una donna; del diritto d’ogni concepito a nascere e a essere educato in una famiglia di genitori. Il rifiuto di determinati valori deve divenire motivo di recupero, a livello culturale e di partecipazione democratica, nelle sedi dove le mozioni e le proposte di legge sono approvate allo scopo di ridefinire i diritti e le libertà fondamentali della persona, sanciti purtroppo solo in parte dalla Convezione europea (cfr art. 2). Tutta la dottrina e la pratica dei diritti dell’uomo «giunge a una svolta dalle tragiche conseguenze» se non si riconosce l’uomo «nei momenti più emblematici della sua esistenza, quali sono il nascere e il morire», affermava Giovanni Paolo II. Se, però, sta emergendo una cultura secolarizzata, codificata dall’approvazione di mozioni e leggi contrastanti con i principi dell’etica cristiana, è sempre più presente nel continente una forte domanda di senso e di spiritualità, testimoniata da eventi, come la Giornata mondiale della gioventù di Sydney o dall’estendersi dei movimenti d’ispirazione cristiana.
In un’intervista al quotidiano Avvenire (3 luglio 2008), il giornalista francese Jean-Claude Guillebaud – curatore della serie libraria: Inchiesta sullo smarrimento contemporaneo –, ha messo in evidenza che «l’idea del progresso umano e del miglioramento del mondo è incomprensibile senza il riferimento all’esperienza cristiana e alla sua sorgente originale, il profetismo ebraico. Il cristianesimo esiste ancora: ridiventa ribelle e irriducibile. Di fronte alle barbarie economiche e tecno-scientifiche, esso sembra una contro-cultura, un dissidente prezioso». Il cristianesimo ritrova, infatti, come contro-cultura «la sua potenza d’interpellanza come nei primi secoli, quando i cristiani si opponevano all’infanticidio, ai combattimenti tra gladiatori, all’idolatria imperiale». È anche nostra speranza che l’Europa diventi un laboratorio dove il rapporto tra i patrimoni religiosi dei popoli, i valori della laicità e della ragione possano essere riformulati, valorizzando il ruolo della ragione nell’ottica della fede e con una maggiore apertura alle culture presenti nel continente.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017