Il male di vivere
'Cosa significa essere normali? Rispettare le regole? In caso contrario si è pazzi! Chi sono, perché esisto, quali sono i miei scopi? Vorrei essere una giornalista; vorrei essere una brava madre, avere dei figli da allevare e proteggere. Vorrei essere tanto e non sono nulla. Sono un vero disastro! Signore, ti prego, tienimi al tuo fianco; ai miei cari chiedo una cosa impossibile: non disperatevi, è quello che volevo. Non ho mai imparato a vivere e mai imparerò. Non sono disperata!'.
Poche righe sono bastate ad Alessandra per dare addio al mondo, togliendosi la vita nella notte tra il 2 e il 3 novembre 1995. Cinque giorni dopo avrebbe compiuto ventiquattro anni. Bella, bionda, occhi azzurri, di buona famiglia. Voleva seguire le orme del nonno materno, Vittorio Orefice, noto giornalista parlamentare. E invece, in uno dei suoi momenti di depressione, ha scelto di farla finita.
Nonno Vittorio non si è arreso al dolore. Ha lottato perché la morte di Alessandra diventasse lo specchio del male di vivere giovanile. Specchio scomodo, che la società finge di non vedere. Orefice ha sollevato la questione con un libro: Il male di esistere. Con Alessandra nell'inferno della depressione dei giovani (Mursia).
'La mia disperazione non ha fine - annotava Alessandra in una pagina del suo diario - . Mi logora sempre più, giorno dopo giorno. È un vero cancro dell'anima... Io non so più chi sono. Probabilmente non l'ho mai saputo. Parte di me è morta, non esiste più. Finché c'è vita c'è speranza; ma io non solo non voglio vivere, ma non so cosa sia la speranza, non spero più, vorrei gridare al mondo intero aiuto, ma a che servirebbe se non sono io ad aiutarmi? Solo io posso farcela; ho paura di non riuscirci. Io temo la vita. Sono vigliacca e non credo in me. Dio, Signore, Gesù bambino, perdonatemi se potete, per questa voglia infinita di morire e per tutte quelle volte che ho tentato di sparire definitivamente'. E ancora: 'Io soffro, soffro tanto. Signore, che sei così grande, onnipotente: ho paura di vivere, non mi trovo bene in questo mondo! Scusami se ti disturbo, quando hai milioni di persone a cui pensare, ma ho bisogno di te!'. 'È una delle lettere più belle - afferma Orefice - e dà ragione alla tesi del filosofo secondo il quale la disperazione è la consapevolezza della propria umanità e capacità creativa. È una invocazione a Dio perché l'aiuti a ritrovare se stessa'.
Lo scopo del libro di Orefice è preciso. 'Mi sono proposto - spiega - di dare una mano a chi è in contatto quotidiano con la depressione altrui, a chi è stato colpito da un evento tragico come il suicidio di una persona cara, a conviverne e a sopravvivere per riacquistare un minimo di equilibrio ed evitare a sua volta di cadere nella depressione e uccidersi'.
Msa. Ma perché i giovani si suicidano o tentano di farlo?
Orefice. Non c'è alcuna ragione perché un giovane si tolga la vita - risponde Orefice - . Io ho tentato di approfondire una serie di moventi del gesto di mia nipote; però confesso di non aver scoperto né di essermi avvicinato alla verità profonda che appartiene all'ignoto. Un fatto innegabile è la caduta delle difese rispetto alla morte, la cancellazione dell'istinto congenito della sopravvivenza. La scoperta di questi fenomeni consente di combatterli. Perché questi fenomeni si verifichino, non è stato ancora spiegato. Il divorzio dei genitori, l'inadattabilità all'ambiente, i precedenti genetici, l'aborto, sono considerati i grilletti dell'anomalia; sono invece la cause apparenti sulle quali c'è il buio, come per il cancro, l'Aids, la sclerosi a placche.
Dottor Orefice, perché un libro sul male di esistere dei giovani?
Per fare una provocazione. E anche per realizzare due obiettivi: quello di tentare di dare un valore morale al sacrificio di mia nipote Alessandra, di sollevare la coltre di ipocrisia e di pregiudizio che purtroppo c'è nel nostro paese sul suicidio e sulla depressione giovanile. Nel nostro paese muoiono più giovani di suicidio, che non di Aids, di droga, di cancro, di sclerosi a placche. E allora perché limitarsi a una mobilitazione dell'opinione pubblica e delle istituzioni in favore, giustamente, di costoro e ignorare completamente i depressi, la cui cura viene a costare molto di più di un drogato.
Quali sono le cause, secondo lei, che spingono un giovane al suicidio?
La risposta la può dare solo il Signore. Però, indubbiamente ci sono delle concause: la disoccupazione, la separazione dei genitori, l'aborto... I giovani sono alla ricerca disperata della propria identità . E la trovano nell'inserimento nella società che produce, che va avanti... Quando il giovane si sente rifiutato dalla società insorge in lui l'angoscia e la disperazione.
Nessuno contesta alle coppie, quando la convivenza è impossibile, il diritto di separarsi. Però i genitori hanno l'obbligo, prima di dividersi, di preoccuparsi delle ripercussioni che il fatto ha sui figli. Debbono cercare di proteggerli, portandoli magari da uno psicologo, da uno psicanalista e predisporli all'evento. L'aborto spontaneo o provocato, secondo le ultime ricerche degli studiosi americani, aumenta il tasso di rischio della depressione per le giovani donne che l'hanno subìto. Un fatto sintomatico è che il tasso di rischio non diminuisce con il passare dei mesi, ma si aggrava. E poi ci sono condizioni ambientali e fatti naturali.
Che cosa tormentava di più sua nipote, Alessandra?
Alessandra era tormentata dalla ricerca della propria identità . Era stata già colpita nell'infanzia dalla separazione dei genitori. Era poi angosciata dal rapporto conflittuale che aveva con la testata giornalistica che l'aveva assunta e che, per il pregiudizio nei confronti dei depressi, non l'aveva confermata nell'incarico. Tutta una serie di concause. Poi, Alessandra ha avuto la sfortuna di imbattersi in due 'mamme-padrone': la mamma del padre, il padre era un bravo figlio; e la mamma del marito. Rispetto a queste due mamme 'padrone', Alessandra era fragile, sensibile, molto sensibile. E non ce l'ha fatta.
Che consigli darebbe ai genitori che hanno un figlio con problemi di depressione, di sfiducia nei confronti della vita?
La risposta è molto difficile. Purtroppo chi non è mai stato a contatto con la depressione non si rende conto della gravità di questo fenomeno. Genitori, fratelli, amici quando hanno a che fare con un depresso non sanno dove sbattere la testa. Perché nel nostro paese mancano strutture, ma soprattutto una mentalità , una cultura che aiutino ad affrontare il caso. Il suicidio oggi è una vergogna, la depressione è un fatto da ignorare, da nascondere. Un'amica di mia moglie mi raccontava di una ragazza che da circa quattro anni era immobile a letto. La madre le aveva confidato che aveva subìto un incidente automobilistico, e quindi la riabilitazione era molto lunga e difficile. Questa amica era una farmacista e le medicine che l'amica le chiedeva erano di tutt'altro genere. Fino a che un giorno le ha confidato: 'Mia figlia ha tentato il suicidio. Però non lo dire a nessuno'.
Ma perché non lo dire a nessuno? In una lettera mia nipote Alessandra fa una annotazione agghiacciante: come vorrei essere ammalata di cancro, perché in questo caso la gente mi comprenderebbe, mi assisterebbe, solidarizzerebbe con me. E invece devo simulare, perché se la gente sa che sono depressa si allontana da me, gli amici si allontanano da me, mi si rifiuta il lavoro. E difatti, anche Alessandra nel lavoro ha scontato questo pregiudizio.
Quella voglia di morire
Aumentano, e sono sempre più giovani, i ragazzi (soprattutto maschi) che pensano al suicidio. Perché?
Ogni due giorni tre ragazzi si tolgono la vita. In Italia negli ultimi 25 anni il numero dei giovani che si suicidano è aumentato del 30 per cento. Anche se rimangono soprattutto gli anziani a ricorrere a questo gesto estremo, il 'male di vivere' sembra contagiare sempre più le nuove generazioni, mietendo vittime in particolare tra gli adolescenti. Nel 1996 si è abbassata ancora l'età a rischio che comincia oggi a dieci anni. Esistono anche studi relativi al suicidio e al tentato suicidio nell'infanzia.
Altri due dati. I maschi che si suicidano sono quattro volte più numerosi rispetto alle femmine, tra le quali si registra, però, un numero più elevato di tentati suicidi. Ogni giorno in Italia si consumano da otto a dieci tentativi di suicidio, ma è difficile avere cifre precise. La difficoltà di stimare esattamente il fenomeno deriva dal fatto che nella maggior parte dei casi il tentato suicidio non viene denunciato dai familiari per pudore, ipocrisia, senso di colpa o per evitare noie burocratiche.
Nel decennio 1980-1990, su 2456 suicidi compiuti da ragazzi tra i quattordici e i ventiquattro anni, 1858 sono stati compiuti da maschi e 598 da femmine. Cosa significa?
'È diversa la psicologia degli adolescenti - risponde Lorenzo Biagi, studioso di etica e autore del volume La pena di vivere (Dehoniane) - . Il ragazzo insegue modelli più forti, di riuscita, dove prevale la sfida ai confini della vita. Il maschio spesso si suicida per sfida, per mettere alla prova la famiglia. Le ragazze quando manca loro il consenso sociale; cioè, quando non si sentono belle o accettate dagli altri, preferiscono 'lasciarsi morire''. Ecco allora comportamenti parasuicidari come l'anoressia e la bulimia.
Sulle cause del suicidio è difficile indagare. 'Il suicidio è, comunque, un fatto poco prevedibile e comprensibile perché in larga parte affonda le sue radici su motivi assolutamente individuali - afferma il professor Diego De Leo, psichiatra, presidente dell'Accademia internazionale per la ricerca sul suicidio, nonché dell'Associazione italiana per lo studio e la prevenzione del suicidio - . I giovani hanno bisogno di essere amati, di essere degni di stima, di poter sperare di contare, hanno bisogno di poter trovare un senso, una prospettiva.
'La depressione ha un ruolo, ma molto minore che in età avanzata. Si possono attribuire ad essa un terzo dei suicidi giovanili; gli altri vanno ricondotti ad alterazioni del carattere, intolleranza alle frustrazioni, disturbi della personalità , anche disturbi psicotici, ma ci sono anche situazioni non patologicamente definibili.
'Il giovane, per la personalità non ancora definita, è più esposto a fenomeni di suggestione, anche se alcuni studiosi americani hanno dimostrato che il fenomeno di emulazione, nel caso per esempio di Kurt Cobain è quasi assente. Questo ci insegna a essere molto umili nella predizione dei fenomeni suicidari'.
Secondo don Severino De Pieri, del Centro di orientamento dei salesiani (Cospes), i ragazzi di oggi non soffrono più, come un tempo, la fame o la miseria, ma piuttosto di un diffuso malessere esistenziale. Il 7 per cento degli adolescenti italiani ammette di aver avuto pensieri e desideri di suicidio, specialmente verso i quindici o sedicini anni. Aumentano i pensieri di suicidio nel periodo in cui esplode la vita.
Per padre Luigi Lorenzetti, direttore della 'Rivista di Teologia Morale', un adolescente non vede la proporzione tra sentimenti e realtà . Fatti di poco peso, come un insuccesso scolastico e un rimprovero dei genitori, a lui sembrano gravissimi. Altre cause vanno ricercate nel contesto sociale privo di ideali, nella società povera di valori o ancora nel tipo di compagnia o di gruppo. Ma bisogna anche tener conto dei soggetti in qualche modo predisposti al pessimismo nella vita.
Cosa fare in queste situazioni difficili? 'Innanzi tutto - risponde il professor De Leo - bisogna cercare di essere più attenti al disagio emozionale e intervenire, perché può essere risolto. La gente dovrebbe parlare e sapere ascoltare di più. Un genitore non deve far finta di niente. Deve farsi aiutare da uno psicologo, uno psichiatra o anche un medico di base che sia attento e che sappia ascoltare. Tenere nascosti questi problemi nella speranza che non vengano mai fuori è senz'altro la strada sbagliata!'.