Il mistero di una casa
Quello di Loreto è uno dei santuari mariani più noti nel mondo. Ha una particolarità che nessun altro può vantare: di custodire dentro le sue mura la casetta di Nazareth nella quale si svolse la vita della famiglia di Gesù. Casetta qui misteriosamente giunta la notte del 10 dicembre 1294, sulle ali degli angeli, come narra la tradizione, dopo un volo di alcune migliaia di chilometri e una sosta in terra dalmata. Più che legittima dunque la scelta della Madonna di Loreto a protettrice dei navigatori dell'aria.
Il primo cenno storico dell'esistenza in Loreto del santuario è contenuto in alcuni atti processuali. Nel 1313 esagitati ghibellini di Recanati avevano assalito e depredato una chiesa del luogo, asportandovi elemosine e la corona che impreziosiva la statua della Vergine lì venerata. I due sacrileghi due anni dopo finivano sotto processo; gli atti del dibattimento diventano così la prima testimonianza storica del santuario, al quale autorità civili ed ecclesiastiche si impegneranno a rendere più ricco e famoso.
La costruzione della nuova basilica iniziò nel 1468. Trent'anni dopo si dava inizio alla fabbrica del Palazzo Apostolico adiacente. Ricorda, in una preziosa guida del santuario, padre Giuseppe Santarelli: «Le cure e i privilegi dei papi, come la saggia amministrazione interna e soprattutto la devozione dei fedeli, che innumerevoli vi affluivano da tutta Europa, avevano fatto di Loreto il più celebre santuario cattolico del tempo». In questo secolo vi lavorarono artisti quali Bramante, Sansovino, Antonio da Sangallo, Signorelli, i fratelli Lombardo e altri.
Tanto slancio per concorrere all'abbellimento del santuario proseguì anche nel secolo successivo, con la costruzione della splendida sala del Tesoro, dove collocare gli ex voto e i doni di valore offerti da prelati, re e principi che numerosi andavano pellegrini; tra essi: santi come Carlo Borromeo, Camillo de Lellis, Luigi Gonzaga, Francesco di Sales, Giovanni Calasanzio; ma anche scienziati e filosofi come Galilei e Cartesio.
Il 1700 per il santuario fu un secolo a due facce: nella prima parte godette ancora di fasti e di prestigio, culminati negli anni 50 nell'erezione del campanile. Poi, dalla Francia arrivarono prima le idee a seminare discredito, e in seguito i cannoni a provocare macerie. Le idee illuministiche anticiparono di alcuni decenni la venuta di Napoleone, il quale giunse qui la notte del 13 febbraio 1797. E come succedeva per ogni tempio da lui «visitato», Loreto fu spogliata dei suoi tesori, compreso il più grande e il più caro, la statua della Vergine, finita in un angolo del museo del Louvre dove rimase per cinque anni. Il suo ritorno nel santuario contribuì solo in parte alla rinascita della vita religiosa e turistica. La ripresa decollò solo verso la fine dell'800 con la nascita della Congregazione universale della Santa Casa, il cui compito principale era di estendere la devozione alla Madonna di Loreto, in particolare attraverso la stampa.
Il passaggio tra i due secoli ha registrato un notevole impegno per restaurare e consolidare l'edificio, decorare le cappelle e le cupole. Il resto è storia dei nostri giorni: Loreto è, come la basilica del Santo, un santuario pontificio, con un'amministrazione propria, e rappresenta uno dei punti di riferimento della vita e delle attività pastorali della chiesa italiana, che qui ha celebrato importanti convegni.
La questione lauretana
È la vera casa di Maria?
Che la Santa Casa non sia un manufatto realizzato nei paraggi di Loreto è una cosa pacifica. Alcune pareti sono costruite con pietre, estranee alla zona; la casetta non ha fondamenta e poggia su una strada, contro le leggi comunali del tempo; la sua disposizione contrasta con il buon senso e i più elementari accorgimenti adottati dai costruttori locali, i quali, per evitare le intemperie, mai avrebbero messo una porta a nord e una finestra a ovest.
Tanti elementi fanno presupporre che i materiali con cui è costruita la Santa Casa provengano dalla Terra Santa. Anzitutto, molti graffiti incisi sulle pietre sono simili a quelli rinvenuti a Nazareth. E soprattutto, la costa dei mattoni è rifinita con zigrinature secondo la tecnica usata dai nabatei, un popolo confinante con gli ebrei.
Oltre ai materiali, sono stati rinvenuti brandelli di stoffa rossa a forma di croce, murati tra pietra e pietra. Quasi sicuramente sono insegne che i crociati si sono tolte dai vestiti per depositarle in questa insigne e speciale reliquia che allora si trovava in Palestina.
Quasi tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che la Santa Casa provenga dalla Terra Santa, ma in che modo è giunta a Loreto?
La tradizione dice che nel 1291, quando i crociati lasciarono la Terra Santa, la casa della Madonna è stata trasportata dagli angeli da Nazareth prima a Tersatto in Dalmazia, e poi, la notte del 10 dicembre 1294, sul «colle dei lauri», nei pressi di Recanati.
Altre interpretazioni tendono ad attribuire il trasporto ai crociati di ritorno dalla Terra Santa. Era infatti loro abitudine portare in patria reliquie, anche voluminose, della terra di Gesù. Tra l'altro in molte regioni i crociati erano anche chiamati con l'appellativo di «angeli», così come avveniva nei riguardi dei monaci e dei francescani. C'è poi un'altra coincidenza che fa riferimento alla parola angeli. Filippo d'Angiò sposò Margherita Angeli, la quale si portò in dote anche le «sante pietre» donategli dal padre Niceforo despota dell'Epiro (una zona dell'attuale Albania). Il matrimonio avvenne nell'autunno del 1294 e la tradizione attribuisce l'arrivo della Casa nelle Marche il 10 dicembre dello stesso anno.
Inoltre, è molto probabile che la Santa Casa sia giunta a Loreto perché Salvo, vescovo di Recanati, era vicario del papa durante il fugace pontificato di Celestino V. Non ci vuol molto a pensare che il suo ruolo abbia contribuito all'arrivo delle sante reliquie nel territorio della sua diocesi.
In conclusione, gli elementi per chiarire la cosiddetta «questione lauretana» sono ormai considerati sufficienti per ritenere con molta probabilità che quella in questione sia realmente la casa natale di Maria, in quanto fin da subito i primi cristiani l'hanno protetta e venerata costruendovi sopra nel 300 una basilica; e che buona parte del materiale costitutivo la Santa Casa proviene dalla Terra Santa e qui portato da devoti pellegrini in Terra Santa. S.S.
Con i giovani verso il Duemila
La vita del santuario e la preparazione al Giubileo in dialogo con padre Angelico Violoni, rettore del santuario.
Padre Angelico Violoni è rettore del santuario, al quale approdano ogni anno milioni di fedeli, singolarmente o organizzati in pellegrinaggi (famosi gli oltre 40 treni bianchi che l'Unitalsi porta a Loreto ogni anno); come anche i molti turisti che arrivano qui d'estate provenienti dalle vicine e rinomate stazioni balneari.
Msa. Padre Angelico: che cosa rappresenta Loreto per il credente?
Padre Angelico. «La Santa Casa è anzitutto la «culla dell'Immacolata», in quanto sua casa materiale. È dimora del Verbo incarnato; è cenacolo dello Spirito Santo, perché in sua virtù Maria divenne madre, e tabernacolo della Trinità . Oggi Loreto è anche casa dell'Avvento, per una chiesa che attende la seconda venuta di Cristo. Ancora, è la Casa comune dei giovani, perché in questa casa Gesù ha trascorso la sua giovinezza; è anche la casa del sì di Maria e del sì delle persone consacrate. È poi il santuario della riconciliazione, è luogo del lavoro santificato, è oasi per gli infermi e casa della vedovanza santificata. E infine, la Casa è segno del cammino e della protezione per emigranti ed esuli che cambiano dimora, come avvenne per la dimora mariana di Nazareth».
In particolare, quali sono le priorità che adotterete nell'accoglienza dei pellegrini per il Giubileo?
«Anzitutto, la novità per noi è rappresentata dalla presenza sempre più vistosa dei giovani. Sicuramente hanno influito i grandi appuntamenti promossi dalla chiesa italiana, come Eurohope, e molte altre iniziative di associazioni e realtà ecclesiali giovanili. Ma ci colpisce la loro presenza continua e discreta nei periodi forti dell'anno liturgico: nelle messe di Natale, in quelle della quaresima o del giorno di Pasqua sono moltissimi. Un altro versante per noi importante è quello dell'accoglienza dei malati: qui tanti malati chiedono non tanto la grazia della salute, ma quella di santificare la loro vita attraverso il dolore. Nei malati io registro tanti motivi di serenità , di pace. Credo sia più quello che danno di quello che ricevono da noi».
Santuari, pellegrinaggi e pietà popolare
Luogo dell'esperienza di Dio
A colloquio con monsignor Angelo Comastri, nuovo delegato pontificio per la basilica di Loreto.
Monsignor Angelo Comastri, vescovo emerito di Massa Marittima - Piombino, presidente del Comitato della conferenza episcopale italiana per il Giubileo, è dal 21 dicembre scorso il nuovo Delegato pontificio per il Santuario di Loreto al posto di monsignor Pasquale Macchi. Gli abbiamo posto alcune domande.
Msa. Quale importanza hanno avuto i santuari e i pellegrinaggi nella vita di fede della comunità cristiana in Italia?
«Tutta la storia del popolo di Dio si muove attorno al pellegrinaggio e al santuario. La chiamata di Abramo, primo credente, è chiamata per un pellegrinaggio. Anche l'esperienza fondante del popolo di Dio, è esperienza del pellegrinaggio: dalla schiavitù alla libertà . Il popolo credente si riconosce come popolo in pellegrinaggio. Gesù ci ha detto di tenere sempre i fianchi cinti e la lucerna in mano. Il santuario esprime il simbolo religioso della meta; è il luogo dove l'esperienza di Dio diventa forte, palese. Camminare verso il santuario è camminare verso Dio. Per questo è importante difendere il pellegrinaggio da una certa mondanizzazione: deve restare un atto di fede, e non tanto un fatto turistico».
Che cosa dicono i santuari oggi, ad un mondo distratto e poco sensibile alle suggestioni dello spirito?
«La società chiassosa ha sempre più bisogno di silenzio. Ha sempre più necessità di un contatto con le proprie radici. Negli anni - 20, Franz Kafka scrisse: 'Io sento dentro di me un centro di gravitazione che neanche la più pazza educazione è riuscita a strappare. Però mi manca il corpo relativo, non capisco verso chi e verso dove sto gravitando'. È l'esperienza di tanti giovani e di tanti adulti. Andare in un luogo di raccoglimento, uscire dagli ingranaggi talvolta banali della vita quotidiana, mettersi in un luogo dove tutto parla, è un grande aiuto per ritornare a pensare, ad ascoltare».
Quale atteggiamento pastorale deve accompagnare la pietà popolare, in particolare quella legata ai grandi santuari?
«Spesso, quando si parla di pietà popolare, si pensa a qualche cosa di acerbo, di negativo. Bisogna invece essere molto accorti a questo riguardo. Kierkegaard diceva: 'Temo che il cristianesimo dei professori prenda il posto al cristianesimo dei martiri e dei testimoni'. La pietà popolare è la pietà dei piccoli, che certamente va illuminata, educata, purificata, ma va anche rispettata. Io penso sempre alla emoroissa che si accosta a Gesù e tenta di toccargli il mantello convinta che così sarebbe guarita. Oggi quella donna avrebbe ricevuto rimprovero da tanti intellettuali. Gesù invece la guarda con simpatia e con tanto rispetto, l'aiuta a crescere e illumina la sua fede». S.S.