Il mondo piccolo di don Camillo
Il 1998 è tante cose, in quanto ad anniversari: il 150° dal famoso 1848 che coi vari moti e insurrezioni portò negli stati europei il vento della libertà e della indipendenza; il mezzo secolo dalla entrata in vigore della Costituzione repubblicana, della calata della cosiddetta 'cortina di ferro' che divise l`Europa in due, delle famose elezioni del 18 aprile che videro la vittoria della Democrazia cristiana e delle forze di democrazia laica e socialista nei confronti del Fronte popolare.
Ma per uno degli scrittori più amati dal pubblico e più tradotti nel mondo (tutte le lingue, tranne cinese e albanese!), Giovannino Guareschi, il 1998 segna un triplice anniversario. Quello della nascita, avvenuta l`1 maggio 1908 a Fontanelle di Roccabianca in provincia di Parma (quindi, 90 anni fa); quello della morte, avvenuta il 22 luglio 1968 a Cervia (quindi, 30 anni fa), e quello della pubblicazione del primo libro che doveva dargli fama universale: Don Camillo, avvenuta nel 1948, quindi, mezzo secolo fa. Insomma, questo 1998 può ben dirsi, fra l`altro, l`'anno di Guareschi'.
E siccome gli anniversari servono anche per fare bilanci, per rispondere a certi interrogativi, ecco quelli che ` non da oggi, peraltro ` si pongono per il padre di don Camillo e Peppone.
Intanto, viene da chiedersi, prima di tutto, come mai questo personaggio del quale si sono vendute nel mondo alcune decine di milioni di copie di libri, sia stato per lungo tempo così ignorato dalla critica di casa nostra e dal mondo intellettuale più in generale?
E la risposta possiamo riassumerla in due ordini di motivi. Il primo: per lungo tempo l`egemonia culturale comunista affermatasi in Italia non poteva dare spazio a un personaggio che aveva condotto una battaglia senza quartiere contro il partito marxista e i suoi alleati e proprio in quel fatale 1948 aveva contribuito con gli scritti e le vignette sul settimanale 'Candido' alla sconfitta del Fronte popolare, tanto che il 'Times' titolò che le elezioni in Italia 'erano state vinte da De Gasperi e da Guareschi' (!). Figuriamoci se l`intellettualità comunista poteva ammettere il valore di questo autore, anche se una lodevole eccezione è rappresentata da quel personaggio retto, intelligente, colto che era (e resta) Oreste Del Buono. Si arrivò al punto che, proprio trent`anni fa, alla morte di Giovannino, 'L`Unità ' titolasse: 'È morto lo scrittore che non era mai sorto'.
Ma c`è stata un`altra 'categoria' di personaggi che ignorarono Guareschi: gli intellettuali più in generale, non soltanto quelli del Partito comunista italiano. Per il fatto che invidiavano il successo a livello mondiale di uno scrittore anomalo, che non frequentava i salotti e le conventicole nei quali si creavano fama e meriti (magari inesistenti) di questo o quello scrittorucolo (come ebbe a esprimersi un autore non sospetto come Giorgio Bocca) che faceva parte della 'conventicola', del 'gruppo', appunto.
Guareschi era un isolato, uno che stava per proprio conto, seguendo i suoi estri, le sue fantasie, certo, ma soprattutto i suoi principi, la voce della coscienza. Quei principi e quella voce della coscienza che gli avevano fatto preferire, all`indomani dell`8 settembre 1943, il lager alla collaborazione coi tedeschi, e che furono la costante dei suoi comportamenti: un uomo, insomma, che agì sempre secondo coscienza e non secondo convenienza!
Un altro interrogativo riguarda i motivi per i quali i libri più famosi di questo autore (quelli della serie 'Don Camillo' all`insegna del 'Mondo piccolo') abbiano avuto un successo così... universale. Come hanno potuto conquistare lettori di tutto il mondo, delle storie ambientate in quella 'fettaccia di terra' (così la chiamò lo stesso Guareschi) compresa fra Po e Appennino: cioè la Bassa?
La risposta si presenta variamente articolata. In primo luogo, l`ambiente è quello del paese, della campagna, e la realtà rurale non è soltanto italiana, ma universale. In tutto il mondo esiste un 'mondo contadino', coi suoi ritmi, le attività , le creature, gli uomini, e un 'grande fiume'. Ancora. In tutto il mondo esiste lo 'scontro' politico, ideologico; e la polemica, la lite, la dialettica. E dunque, due personaggi come don Camillo e Peppone che si battono su due fronti opposti, sono comprensibilissimi dovunque. Non a caso, l`allora nunzio apostolico a Parigi, Angelo Roncalli (futuro papa), facendo omaggio del Don Camillo al presidente Auriol, gli ricordò le liti di quando lui era sindaco col curato del paese!
Non è finita. L`universalità dei sentimenti-valori che animano i personaggi guareschiani e dei quali tali personaggi sono portatori: la bontà , la generosità , l`onestà , la dignità , la comprensione e il rispetto del prossimo, la solidarietà , il senso della libertà che nasce innanzitutto 'dentro' di noi, il senso della responsabilità personale. Valori umani e valori cristiani, valori spirituali: i valori degli uomini di buona volontà , dei puri di cuore; e ai quattro angoli della terra ci sono uomini di buona volontà , dei puri di cuore, non è vero?
Peppone, capo dei rossi, appartiene a questa categoria. Perché, innanzitutto, non fa parte della massa che ha portato il cervello all`ammasso, all`insegna della 'obbedienza cieca, pronta, assoluta' di quei tempi là , ma ragiona con la sua testa; e poi perché alla fine, dovendo scegliere fra la sua coscienza (che è coscienza cristiana) e le direttive del partito, privilegia sempre la prima.
Nessuna anticipazione di 'compromesso storico', dunque, nelle vicende dei due avversari-amici, don Camillo e Peppone, appunto per il fatto che alla fine, per il bene della loro gente, si trovano a collaborare, come qualcuno volle a suo tempo interpretare.
Intanto, perché Guareschi stesso lo negò; e poi perché lo scrittore, in linea con la chiesa, sapeva ben distinguere l`errore dall`errante. Infine, per una semplice ma importante constatazione che non può sfuggire a un attento lettore di tutta l`opera guareschiana. E la constatazione riguarda il concetto che Giovannino aveva dell`uomo: considerato non secondo la tessera di partito che può tenere o non tenere in tasca, non secondo la condizione sociale d`appartenenza, e non ancora per il grado di cultura che possiede. Nessuna etichetta, dunque, come ai suoi tempi era tanto di moda. Ma la considerazione per quel che l`uomo ha dentro di sé, per i valori dei quali è portatore. Tutto qui. Ma che 'tutto'!
Ecco: per queste osservazioni, per questi elementi pensiamo che Giovannino Guareschi sia stato capito, apprezzato, amato, in tutto il mondo.
E aggiungiamoci altre tre cose: la sua fantasia straordinaria, il suo umorismo a volte bonario e a volte pungente, e il respiro di poesia che non poche volte alita sulle sue pagine: da quelle della Favola di Natale e del Diario clandestino scritti nei lager nazisti, a certi passi dei racconti della serie Don Camillo. Mondo piccolo...
Giovanni Guareschi, giornalista e scrittore italiano (Roccabianca, Parma, 1908 - Cervia 1968). Divenne famoso come autore di romanzi e racconti umoristici (Il destino si chiama Clotilde, 1942) e soprattutto del popolare personaggio di don Camillo, un combattivo e spregiudicato sacerdote anticomunista della Bassa parmense, che ha come avversario-amico il sindaco comunista del paese Peppone. Dalle vicende del personaggio, raccolte a varie riprese in volume a partire dal 1950 (Don Camillo. Mondo piccolo; Don Camillo e il suo gregge; Il compagno don Camillo) e tradotte in tutto il mondo, fu tratta una serie di film di vasta portata. |