Il monito di Benedetto XVI all'Onu

Il pontefice ha rinnovato il suo appello ai valori della libertà, della verità e per la salvaguardia dei diritti umani. Anche l'espressione della propria religione va tutelata.
16 Maggio 2008 | di
Ho seguito con attenzione il discorso tenuto da Benedetto XVI, lo scorso 18 aprile, in occasione della sua visita all’Onu nel 60° di proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Una visita che rimarrà storica, come quelle di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, per la scelta di riportare gli obiettivi dell’Organizzazione delle nazioni unite al loro significato originale: quello cioè di offrire al mondo la possibilità di comunione tra i popoli e la garanzia di un costante impegno in difesa dei diritti umani.
Tenendo presenti le forti preoccupazioni per la precarietà degli equilibri politici ed economici, l’incapacità di bloccare tensioni e conflitti che insanguinano i territori del pianeta, le crisi umanitarie, come la fame, che bloccano la promozione sociale dei Paesi poveri, Benedetto XVI ha voluto ribadire l’impegno prioritario dell’Onu come garante della libertà della persona e della protezione globale dell’umanità, nonostante l’inadempienza di diversi Paesi. Tra i principi di fondo della Dichiarazione, ha fatto emergere i diritti umani «che vivono solo nella libertà», la legge naturale «iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà»; la libertà religiosa e il principio della «responsabilità di protezione». Ha posto la persona umana nel cuore delle istituzioni, delle leggi, degli interventi della società e come riferimento essenziale per il mondo della cultura, della religione e della scienza. Rimuovere i diritti della persona significa cedere a una concezione relativistica che mette a rischio l’ordine della creazione, contraddicendo il carattere sacro della vita e violando i diritti della persona e della famiglia. Chiaro, in queste affermazioni, il riferimento al rapporto scienza–etica, riguardo al quale Benedetto XVI non pone alternative ma consiglia «un metodo scientifico che sia veramente rispettoso degli imperativi etici».
Collegandosi al principio della sussidiarietà, il pontefice ha toccato anche il fenomeno della mondializzazione a livello economico che coinvolge la vita delle nazioni e dei singoli cittadini. L’attenzione era rivolta all’Africa e agli altri Paesi «che rimangono ai margini di un autentico sviluppo integrale e sono perciò a rischio di sperimentare solo gli effetti negativi della globalizzazione». Per quanto concerne la libertà religiosa, rinnovando il suo «no» alle derive laiciste presenti in alcuni Paesi e alle discriminazioni verso le minoranze religiose, il Papa l’ha definita come una componente essenziale della famiglia dei diritti umani, nella sua dimensione individuale e comunitaria. «È inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe essere mai necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti», ha affermato il Papa.
Anche in questo ambito, il principio della «responsabilità di protezione» è quanto mai necessario. Infatti se gli Stati non sono in grado di tutelare le proprie popolazioni, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti, attraverso un’efficace strategia dei diritti per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali e per aumentare la sicurezza.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017