Il mosaico delle identità
Ogni giorno ci rendiamo conto che il mondo non è più quello di ieri. A causa della maggiore preponderanza della sfera dell’informazione e della comunicazione, si può dire che tutto ciò che accade, capita quasi in tempo reale e diviene ben presto conosciuto da molti, se non da tutti. Ecco allora che i nuovi spazi glocali – spazi globali in un ambito locale – si trasformano in luoghi di passaggio e di scambio. La caratteristica di un mondo che è un flusso diseguale di movimenti – di capitali, materie prime, merci, uomini in fuga per povertà o in cerca di migliori opportunità di lavoro e vita – è quindi la mobilità.
Il nuovo modo di stabilire relazioni ha cessato, in parte o del tutto, di essere territoriale o semplicemente localizzato a causa dell’enorme influenza dei mezzi di informazione e di comunicazione che, in pratica, arrivano oggi dappertutto influenzando usi, costumi e scelte esistenziali. Ma, per citare le acute parole del cardinale Dionigi Tettamanzi, «il mondo che si integra chiede di poterlo fare nel rispetto e nella valorizzazione delle identità locali: non sarà il grigiore dell’omogeneizzazione a entusiasmarci. Lo farà piuttosto il grande caleidoscopio delle nostre storie e delle nostre culture dilatato a dimensione di pianeta e illuminato dall’apporto di ogni frammento». Le scelte esistenziali dei giovani sono particolarmente delicate e importanti nell’età della formazione della personalità, e diventano decisive per un armonico sviluppo della nostra società onde impedire fratture o rifiuti di una dimensione, quella glocale, presente ed esistente nella realtà e quindi, più che da contestare, da comprendere, declinare e vivere come opportunità.
La rete internazionale
Se, al giorno d’oggi, comunichiamo in tempo reale con persone e ambienti lontani da noi e, spesso, egemoni per quel che riguarda l’immaginario e i comportamenti, non c’è da sorprendersi che uno dei primi impatti della globalizzazione sia stata una forte spinta all’uniformazione del modo di porsi di fronte alla vita di tutti gli uomini del pianeta, e quindi anche dei giovani.
Oggi, soprattutto per quel che riguarda i giovani, il contesto di riferimento è il mondo globale. Come pure globale è la fonte dell’intrattenimento che li accomuna e li caratterizza. Non c’è dubbio che sono più «globali» le ore di intrattenimento che il giovane passa davanti alla Tv o navigando in internet, degli argomenti di cui si occupa sui banchi di scuola. Nonostante gran parte del sistema formativo di base sia ancora impostato su logiche locali, i giovani sanno però «forzare» questo sistema e consolidare dinamiche nuove: basti pensare all’esperienza del quarto anno delle scuole superiori passato all’estero. Si tratta di un fenomeno che negli ultimi vent’anni ha raccolto sempre maggiori adesioni, e ormai rientra nella normale gamma delle possibilità di un giovane, essendo stato accettato anche dal sistema scolastico.
A livello universitario, invece, la domanda insistente di mobilità all’estero ha già dato i suoi frutti generando flussi consistenti di studenti Erasmus, ma non solo. Con la nuova riforma, l’articolazione del percorso universitario in due blocchi distinti, ha generato l’idea di conseguire la laurea specialistica in altre città, e i giovani hanno subito introdotto città di tutto il mondo nel ventaglio delle possibili mete.
L’associazionismo giovanile sul territorio si è invece rinnovato per riuscire a mantenere il suo potere aggregante in un mondo globalizzato, introducendo nella quotidianità delle sue proposte stimoli che guardino oltre le frontiere. Parallelamente, le stesse associazioni giovanili si trovano di fronte ad una necessaria riorganizzazione. La mobilità fisica di una gran parte dei giovani – per studio, lavoro, volontariato – mette in crisi le strutture esistenti basate sulla regolarità della partecipazione, delle attività e delle iniziative, e toglie garanzia di continuità al gruppo. I giovani chiedono alle proprie associazioni di essere più flessibili e di trovare nuove dinamiche per non dover rinunciare a farne parte.
Un altro aspetto interessante è la rete internazionale di amici che un giovane è in grado di crearsi. In seguito ad ogni esperienza all’estero e ad ogni viaggio, la facilità di relazione che è propria dei giovani, porta ad un numero crescente di contatti e amici, che nel mondo globale vengono mantenuti senza sforzo grazie alle chat, ai blog, alle telefonate su internet, ai voli low cost. I giovani ripongono spesso in queste relazioni la stessa fiducia, la stessa dose di amicizia e d’importanza che cercano e trovano nelle relazioni coltivate sul territorio o, per meglio dire, «a casa».
Tuttavia, l’impatto della globalità con le realtà e il vissuto locale provoca anche profonde lacerazioni che si ripercuotono in un disagio esistenziale ingigantito, quando si ha a che fare con i giovani, da un bisogno di identificazione da parte di una personalità non ancora completamente formata.
Se è vero che il contesto informativo e l’immaginario globale condizionano la domanda di esperienza esistenziale del giovane che cresce nel mondo odierno, è pure vero che il giovane ha bisogno di uno sguardo e di una riflessione accomunante le esperienze del mondo ormai globalizzato con la sua specifica esperienza locale-globale; e non da ultimo quell’esperienza che lo pone in contatto con genti diverse da lui, approdate nel luogo in cui è vissuto e cresciuto.
Il premio Nobel Amartya Sen, nel suo libro Identity and Violence, propone di riconoscere che le identità nel mondo globalizzato sono plurime e che oggi chiunque può essere arricchito, a condizione che le accetti come proprie, da una serie di pluriappartenenze.
Italici di tutto il mondo unitevi!
In un contesto di proposte concrete e di azione culturale, l’Associazione Globus et Locus ha concentrato la propria attenzione sulla problematica di un nuovo cosmopolitismo e sull’offerta di una nuova appartenenza in grado di radicare le persone al loro vissuto quotidiano ma anche a valori più ampi, proponendo l’appartenenza italica: un nome comunque non sconosciuto essendosi affermato recentemente come effigie di una comunità transnazionale in fieri.
Per italici, e quindi per italicità, noi intendiamo una comunità tipicamente glocale ovvero cosmopolita che possiede valori specifici e comprende al suo interno una pluralità di appartenenze. I valori tipicamente italici come uno sviluppato senso dei legami familiari, un’innata simpatia e una buona comunicativa, possono fornire ai giovani un aiuto e un supporto notevoli nell’affrontare le sfide proposte dalla globalizzazione, dando un’impronta particolare ad un universalismo e ad un’identità plurali che altrimenti rischierebbero di rimanere disancorati dalle manifestazioni concrete e quotidiane della vita.
Innanzitutto, il carattere dell’italicità, come di altre aggregazioni glocali emergenti nel mondo globalizzato odierno, non è di tipo escludente o «difensivo» trattandosi di un’appartenenza aperta e includente. Si tratta di mettere in contatto e di far crescere in consapevolezza una comunità di non meno di 250 milioni di italici superando le frontiere formali e le barriere giuridiche degli Stati. La linea lungo la quale questo processo è attuabile dovrà svilupparsi attraverso una graduale presa di coscienza di un’appartenenza ulteriore, ovvero italica, che non è in contrasto né si pone in alternativa con i diritti e i doveri di cittadini nati e cresciuti su suolo statunitense, argentino o australiano. L’identità italica non è un atto sleale degli italici nei confronti dei Paesi in cui risiedono; postula invece l’adesione ad un complesso e ricchissimo sistema di valori non nazionali. Proporre un’appartenenza aggiuntiva che non sia esclusiva e tanto meno escludente, appartiene alla logica delle conversioni più che a quella delle secessioni. In questo senso gli italici sono favoriti dalla loro numerosa diaspora, presente in ogni angolo del globo. Una diaspora che ha saputo conquistarsi il rispetto e l’ammirazione dei Paesi che la ospitano.
Oggi la business e la cultural community italica si vanno affermando in tutto il mondo trainando l’idea di un’italicità di successo e i suoi valori profondi di anelito ad una convivenza pacifica in un ambito di comprensione cosmopolita piuttosto che di chiusura nazionale o etnica. Ne fa fede il fatto che anche gli immigrati in Italia, spesso provenienti da nazioni e realtà lontanissime da noi, riescono a inserirsi e ad amalgamarsi nel tessuto connettivo del Paese proprio partendo da una comune e condivisa base italica costituita in questo caso dalla lingua parlata, l’italiano, e dal progressivo inserimento nella società d’arrivo. Infatti, se per l’italico di Manhattan, l’italicità è quella seconda appartenenza cultural-valoriale da aggiungere alla sua cittadinanza statunitense, per l’immigrato africano arrivato a Milano, l’italicità è un ponte culturale in grado di aiutarlo notevolmente nel suo inserimento nella società italiana.
* Presidente dell’Associazione Globus et Locus.