Il Natale, che avventura
Quest’anno celebriamo il Natale nell’Anno della fede. Un evento che ci coinvolge, come cristiani, testimoni della «fiamma dell’amore che realmente accende il nostro essere». L’ha sottolineato Benedetto XVI nella meditazione svolta, lo scorso 8 ottobre, all’inizio dei lavori della XIII assemblea generale del Sinodo dei vescovi, sviluppando il significato del termine «evangelium - buona novella». Una Parola che ha una lunga storia, ma che diviene, nella narrazione della nascita del Bambino Gesù dell’evangelista Luca, un messaggio di salvezza, un evento che risponde alle sofferenze e agli eterni interrogativi dell’uomo, sui quali papa Benedetto sollecita la nostra riflessione. «Dietro il silenzio dell’universo, dietro le nuvole della storia c’è un Dio o non c’è? E, se c’è questo Dio e ci conosce, ha a che fare con noi? Questo Dio è buono e la realtà del bene ha potere nel mondo, o no?». Con il Vangelo, con la sua nascita a Betlemme, risponde il Santo Padre, «Dio ha rotto il suo silenzio: Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce. Dio ci ama, è entrato nella storia». Con l’incarnazione è iniziato, infatti, l’itinerario divino e umano del Figlio di Dio, entrato nel mondo per far sì che divinità e umanità siano poli che si attraggono.
Ecco perché il Natale è momento privilegiato di riflessione e di redenzione per quanti sono disponibili ad accogliere la manifestazione di Dio nella vita. Se l’eterno «atteso» si è fatto carne per essere visibile, come può l’uomo pretendere di far a meno di Dio? Nel nostro cammino di fede, abbiamo bisogno di seguire, come i pastori e i magi, una «stella» per superare sofferenze, silenzi, le «nuvole della storia» e scoprire che Dio non è più il grande sconosciuto. L’incontro con il Verbo incarnato cambia la vita, trasmette – sottolinea il Papa – quella «verità che si fa fuoco», che unisce alla fede la passione dell’annuncio e della testimonianza.
Diviene «l’inizio di un’avventura che non è altro che quella della grazia nelle nostre vite», aggiunge Edith Stein, convertita dall’ebraismo e martirizzata ad Auschwitz nel 1942. Nella sua conferenza sul Mistero di Natale, tenuta nel 1931 a Ludwigshafen, la santa martire ci fa contemplare il «Bambino che porta la pace sulla terra». Ma aggiunge che il «Natale è il grande mistero dell’amore seminato nel buio e finalmente vittorioso! Una verità grave e seria, che l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura», anche se «il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”».
Natale è un’avventura, come lo fu per i pastori chiamati dagli angeli nell’oscurità della Notte Santa. Una sfida che, aggiunge ancora Edith Stein, ci mette «davanti alla scelta tra luce e oscurità. Alla scuola del Bambino-Dio, noi impariamo a vivere da figli di Dio per nascere all’immensità della vita di Cristo. E se la risposta alla chiamata è positiva, un bagliore di luce ci condurrà presso la grotta per mettere le nostre mani in quelle del Bambino divino».
Con le mani nelle sue mani, confortati dalla presenza di Maria e Giuseppe, l’augurio che ci trasmettiamo diviene trasmissione di speranza e di fiducia in un Natale fonte di pace e di ogni benedizione.