Il neogovernatore di Santa Catarina

Uno dei più floridi Stati brasiliani è ora governato da Joào Raimundo Colombo, di origine italiana, eletto al primo turno. Sono circa tre milioni i discendenti di italiani che vivono a Santa Catarina.
13 Gennaio 2011 | di

Lo ha sottolineato anche l’ambasciatore italiano Gherardo La Francesca, a poche settimane dall’elezione: avere un «italiano» alla guida di uno Stato trainante come quello di Santa Catarina è un’importante opportunità per i catarinensi, la metà dei quali ha cognome italiano. Così non è affatto da stupirsi che da pochi mesi lo Stato di Santa Catarina – 95 mila km² di estensione, oltre 6 milioni di abitanti, Pil e indici di qualità della vita ai primi posti nazionali – sia governato da João Raimundo Colombo, di chiare origini italiane. Figlio di Casemiro Vitório e Tereza Fontana, produttori agricoli, Raimundo Colombo nasce a Lages il 28 febbraio del 1955. La sua carriera politica inizia nei primi anni Ottanta con una serie di importanti incarichi statali. Successivamente viene eletto deputato dello Stato di Santa Catarina, carica che esercita tra il 1987 ed il 1988, e infine sindaco di Lages per ben tre volte (dal 1989 al 1992 e dal 2001 al 2006). In occasione delle ultime votazioni comunali, gli dà la preferenza più del 70 per cento della popolazione, un autentico plebiscito. Ma i record non finiscono qui, perché quando Colombo, nel 2006, decide di candidarsi al Senato federale, viene eletto con 1.730.000 preferenze, il politico più votato nella storia elettorale di Santa Catarina. A Brasilia si fa notare come uno dei parlamentari più attivi di tutto il Paese: lo dimostrano le 122 proposte legislative presentate fino all’agosto 2009, l’85 per cento delle quali vengono considerate di alto impatto economico e sociale.
Colombo è uno dei leader dei Democratici (Dem), partito di centro-destra ispirato al liberalismo, rifondato nel 2007 dalle ceneri del Pfl (Partido da frente liberal) e storicamente alleato dei socialdemocratici del Psdb, il cui esponente di spicco è l’ex Presidente della Repubblica Fernando Henrique Cardoso.
Quando, nei primi mesi del 2010, decide di correre per la carica di Governatore, Raimundo Colombo è consapevole che l’impresa non sarà facile, perché gli avversari  sono due donne molto agguerrite e politicamente preparate: la progressista Angela Amin e Ideli Salvatti, personaggio di spicco del partito del Presidente Lula.
Nonostante la popolarità e i successi del Governo Lula a livello nazionale e nonostante Colombo fosse un esponente dell’opposizione, riesce comunque a sbaragliare la concorrenza fin dal primo turno del 3 ottobre, con il 52,67 per cento delle preferenze, che corrispondono a oltre 1,8 milioni di cittadini catarinensi che hanno creduto nelle sue qualità e nel suo programma. Merito, senza dubbio, della sua storia politica e di una credibilità conquistata con anni di lavoro al servizio della comunità, ma merito anche di una campagna svolta con un grande rispetto per gli avversari, parlando agli elettori di progetti concreti e soprattutto ascoltando le istanze della gente. Per questo ha messo in campo una serie di strumenti interattivi che gli hanno consentito di restare costantemente in contatto con i cittadini: un sito internet e una decina di pagine nei principali social networks (da Facebook a Twitter, da Myspace a YouTube), aperti a tutti coloro che avessero delle proposte per migliorare Santa Catarina.
Tra le prime iniziative, lanciate sempre via internet, il governatore Colombo ha proposto un «Patto per Santa Catarina» che nelle intenzioni vuole essere un’agenda, dinamica, partecipativa e interattiva, nella quale tutti i cittadini sono chiamati a dare il loro contributo affinché lo Stato possa continuare a svilupparsi. «Credo sinceramente che sia possibile riunire tutti i catarinensi, di qualsiasi partito, ideologia e tendenza, in un unico grande Patto per Santa Catarina» si legge nella pagina principale del suo sito. «Un’unione seria, che tenga conto delle varie individualità e che può prendere vita – perché no? – proprio da queste elezioni 2010. È un bel sogno che può diventare realtà. Se dipendesse solo da me, sarebbe già una certezza».
I suoi 30 anni di impegno politico sono condensati in un libro, dato alle stampe nel 2009, che già nel titolo la dice tutta sul rapporto che Raimundo Colombo vuole instaurare con la sua gente: «Il popolo ha un volto, un nome, un indirizzo». Dieci capitoli, scaricabili anche via internet, pieni di ricordi, di fatti e di successi. E intanto l’autorevole rivista «Epoca» ha inserito Raimundo Colombo, uomo gentile e generoso, tra i 100 brasiliani più influenti dell’anno appena passato.
Orgogliosi delle radici
Quanto «italiana» sia questa regione del Brasile l’ho sperimentato anche di persona, fin dal volo che mi ha portato da San Paolo a Florianopolis, capitale di Santa Catarina.
È un martedì mattina: dei 150 passeggeri del volo Tam JJ3415, quasi tutti brasiliani, la gran parte sta viaggiando per affari. All’interfono, il comandante Paulo Antônio Marchesini dà le ultime indicazioni sul tempo a terra e ringrazia i passeggeri per aver scelto la compagnia aerea. Tra l’altro, Tam airlines è stata fondata, negli anni ‘70, dall’intraprendenza del comandante d’origine italiana Rolim Adolfo Amaro: oggi è il primo vettore aereo di tutto l’emisfero sud del pianeta.
È il momento di planare. Le assistenti di volo, Carolina Pavan e Janete Ballarotti, passano lungo il corridoio per accertarsi che le cinture siano allacciate correttamente. L’atterraggio è senza scossoni; spenti i motori, si iniziano le procedure di sbarco. Le poche battute in italiano che scambio col compagno di viaggio sono intercettate da un signore sulla sessantina che sta prendendo il suo bagaglio a mano dalla cappelliera. «Scusate, venite dall’Italia? – domanda timidamente in portoghese –. Mio nonno era di Marostica, in provincia di Vicenza». Una volta saputo che sono veneto, Ademir Costacurta, questo il suo nome, abbandona ogni forma di riservatezza e sfodera un dialetto veneto forse un po’ arcaico, ma ancora comprensibilissimo. Racconta del suo passaporto italiano, conseguito dopo anni di paziente attesa, e del primo viaggio nel Bel Paese, un paio d’anni fa, per festeggiare le nozze d’argento: «La più bella vacanza della mia vita, non la dimenticherò mai». Dietro di lui si fa largo una signora, sui quarant’anni: «Scusate, ma anche la città di Castelmassa si trova in Veneto? Lì è nato mio bisnonno Francesco...». Mentre cerco di rispolverare la toponomastica del Veneto, con la coda dell’occhio noto, sei file più indietro, un altro signore che si sbraccia per attirare la nostra attenzione. Quando ci è vicino tira fuori dalla giacca una carta d’identità rilasciata dal Comune di Spresiano, in provincia di Treviso, e intestata ad Alexandre Peccin, di 32 anni: «Tre anni fa mi sono specializzato all’Università di Padova, la città del Santo» e mi lascia in mano un biglietto da visita dal quale apprendiamo che l’interlocutore è già un affermato manager di una grande azienda meccanica di San Paolo.
Mentre il resto dei passeggeri inizia a defluire ordinatamente, attorno a me si è formato un capannello di una ventina di persone – tutte di origine italiana – che raccontano, fanno domande, chiedono per quanto tempo mi fermerò a Florianopolis, perché vogliono farmi conoscere la famiglia e perché – dicono – sarebbe bello passare una serata assieme a parlare della «Bella Italia», come la chiamano loro. Gente mai incontrata prima, ma che ti sembra di conoscere da una vita.
Ho il mio bel daffare a raggiungere l’uscita, circondato dall’affetto di tanti oriundi ai quali, arrivati nelle prime file, si aggiungono le due hostess e il comandante Marchesini. Anche loro a declamare, con un certo orgoglio, i nomi dei piccoli Comuni dai quali partirono, tanti anni fa, nonni e bisnonni.
Il giorno dopo in un supermercato di Florianopolis si ripeterà esattamente la medesima scena vissuta a bordo dell’aereo. Sono storie di ordinaria-straordinaria quotidianità in quelle vaste aree del Brasile dove hanno messo radici milioni di oriundi italiani; cittadini brasiliani che tuttavia hanno ben impresse, nel loro dna e soprattutto nella loro memoria, le radici originarie, quelle italiane. E che ora, oltretutto, da un «italiano» sono anche governati.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017