Il nostro cammino tracciato dal Vangelo
Una solida preparazione teologica, oltre al costante impegno sul fronte della pace nel mondo. Per una missione laica a fianco della chiesa canadese e degli italiani. Insieme per l'integrazione.
22 Giugno 2010
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Toronto
Un emigrato dell’ultima ora, alla direzione dell’UCEMI, Unione Cristiani Enti Migranti Italiani di Toronto, con due precisi obiettivi: puntare a un maggiore coinvolgimento dei giovani e a una stretta collaborazione con altri sodalizi comunitari con gli stessi scopi dell’UCEMI ovvero appoggiare i sacerdoti missionari italiani nel loro lavoro pastorale tra gli emigrati.
«Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti demmo ristoro; assetato e ti demmo da bere? E il Re risponderà: “Ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”». Matteo, 25 (31-45).
È questo il passo evangelico che Giovanni Riccitelli ama citare nei suoi colloqui e nei suoi scritti. Esso riflette il suo modus vivendi quotidiano, praticato sin dall’adolescenza. Nato in Puglia, all’età di 7 anni Giovanni emigrò con la famiglia a Milano dove ebbe i primi contatti in ambito religioso, e dove cominciò a partecipare attivamente alla vita della chiesa. Oltre a una solida formazione cattolica e universitaria, militando nell’Azione Cattolica e nella Gioventù studentesca, Giovanni ebbe l’opportunità di conoscere importanti personalità nel campo religioso e politico, e di stringere amicizia con il cardinale Carlo Maria Martini, e con alcuni preti operai che influenzarono profondamente il pensiero e l’operato della sua vita. Era il periodo conciliare, e la sua visione della chiesa andò evolvendosi in modo sostanziale, ispirata alla non violenza, e all’interesse per i problemi legati alla pace nel mondo. Trasferitosi a Trento, Giovanni continuò la sua maturazione cristiana, entrando a far parte di vari movimenti, tra cui i Cristiani per il socialismo, Comunione e Liberazione e, a livello ecclesiale, Beati i costruttori di pace. Occuparsi di problemi politici e sociali, per Riccitelli era diventato un apostolato missionario. In veste di pacifista è anche apparso sulla copertina di varie riviste, tra le quali Sathyagraha, Azione Nonviolenta e il Messaggero di sant’Antonio. Alla fine degli anni Ottanta, sposatosi con una canadese d’origine italiana, emigrò definitivamente in Canada, a Toronto, dove svolse vari impieghi, prima come distributore regionale del quotidiano italiano Corriere Canadese, poi come presentatore di programmi radiofonici alla stazione CHIN. Infine, dopo varie altre esperienze nel settore assicurativo e commerciale, ritornò al Corriere Canadese come responsabile della promozione pubblicitaria. Da alcuni anni Riccitelli collabora con Chiesa 2000: un inserto settimanale del Corriere Canadese curato dalla Commissione Pastorale Italiana di Toronto.
Colantonio. Com’è arrivato alla presidenza dell’UCEMI?
Riccitelli. Mi sono sempre interessato di questioni religiose. A Milano ho studiato alla Facoltà biblica. Da circa quattro anni collaboro con Chiesa 2000, e su incoraggiamento del direttore della rivista, padre Amedeo, ho pensato che sarebbe stata un’ottima possibilità per aiutare la comunità.
Quali sono le finalità dell’UCEMI?
L’UCEMI è nata come un movimento mondiale laico per appoggiare e aiutare i sacerdoti missionari che venivano dall’Italia per svolgere un lavoro pastorale tra gli emigrati. Oltre all’assistenza, questi religiosi cercavano di far sopravvivere la propria cultura, e organizzavano corsi di lingua affinché i nuovi emigrati italiani non si sentissero emarginati, e non dovessero cambiare la propria identità per integrarsi totalmente nella nuova società. Il compito principale dell’UCEMI è quello di aiutare i sacerdoti nella pastorale, secondo le direttive della Commissione episcopale italiana e di Migrantes, dalle quali dipende. L’UCEMI è quindi un movimento storico che, da generazioni, cerca di adattarsi ai cambiamenti dei tempi, cercando sempre di collaborare con la chiesa locale. Le nostre attività non sono sempre imperniate sui ricordi nostalgici del paesino d’origine, quanto piuttosto sull’organizzazione di programmi di apertura alla società in cui viviamo. Un valido esempio sarà il prossimo inizio di un dialogo con la comunità islamica di Toronto, sapendo che in Canada ci sono molti musulmani d’origine marocchina o somala che parlano italiano. L’impegno sociale non è molto valutato nella comunità italiana, e nelle riunioni importanti questo aspetto cristiano non viene mai messo in risalto. È dunque compito nostro far capire meglio il significato della dottrina sociale della Chiesa, attraverso documenti importanti, validissimi, ma che non sono sempre alla portata di tutti.
Quali sono le difficoltà create dall’invecchiamento generazionale?
Purtroppo, col passare degli anni, gli anziani si aggrappano ai valori e alle tradizioni del passato. Si vorrebbero conservare, ma la Chiesa, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, ha cambiato le sue prospettive sociali e dottrinali adattandole alle realtà del tempo in cui viviamo. I giovani invece sono più ricettivi e più aperti alle innovazioni. Essi guardano con interesse a quelle persone che vivono una profonda spiritualità, e che si comportano in modo onesto e decoroso. Queste persone diventano modelli da imitare per i giovani, che non rifiutano di ricevere da costoro direttive e suggerimenti utili alla loro formazione e al loro futuro. A tal proposito, è già stata instaurata un’incoraggiante relazione con i giovani attraverso il simposio su «Padre Bressani, il primo sacerdote italiano in Canada», tenutosi di recente nella chiesa dell’Immacolata, a Woodbridge. Nell’anno sacerdotale che si è concluso a giugno, è stato importante valorizzare la figura di questo missionario che invita tutti noi a non cedere, ma ad essere persistenti nella fede. Egli fu brutalmente torturato, mutilato, picchiato e venduto come schiavo. Scampò miracolosamente al rogo, e riuscì a tornare in Europa. Ma rientrò in Canada un anno dopo per compiere altri cinque anni di lavoro missionario, perché amava i nativi.
Qual è il coinvolgimento dei giovani?
Sono rimasto positivamente impressionato dalla partecipazione dei gruppi giovanili della Federazione Laziale, di AGIC, GIC e Forza Giovani. Sono tutti molto attivi e impegnati. Molti sono studenti universitari, e con loro abbiamo già realizzato un breve filmato su padre Bressani con un premio considerevole, messo in palio dalla Federazione Laziale, che sarà attribuito al gruppo che avrà presentato il miglior filmato. È anche nostra intenzione preparare un’attività adatta a questi studenti di livello accademico superiore, per il 400° anniversario della nascita di padre Bressani. Questi programmi sono aperti a tutti i cattolici, e cercheremo anche di coinvolgere i sacerdoti. A volte i sacerdoti italiani pensano che la nostra sia un’Associazione nostalgica e che quindi devii i gruppi locali dall’integrazione. La nostra visione invece è propria quella di un’integrazione graduale e concreta, senza fare alcuna differenza di lingua o di cultura, ma impegnandoci con la chiesa locale, e valutando l’aspetto specifico dell’italianità.
E gli anziani?
Sono la ruota di trasmissione della fede e della cultura per le nuove generazioni. Hanno una grande importanza perchè sono loro che trasmettono i migliori valori umani, religiosi e culturali alle nuove generazioni, per cui è nostro compito aiutarli a salvaguardare e a trasmettere la loro lingua e la loro cultura. È nostro compito, inoltre, aiutare gli anziani a vivere come veri cristiani, e a raggiungere quella perfezione che, nella logica della fede, talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere se stessi al centro, ma nello scegliere di andare controcorrente, vivendo secondo i principi del Vangelo: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me». (Matteo, 25, 40)
Un emigrato dell’ultima ora, alla direzione dell’UCEMI, Unione Cristiani Enti Migranti Italiani di Toronto, con due precisi obiettivi: puntare a un maggiore coinvolgimento dei giovani e a una stretta collaborazione con altri sodalizi comunitari con gli stessi scopi dell’UCEMI ovvero appoggiare i sacerdoti missionari italiani nel loro lavoro pastorale tra gli emigrati.
«Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti demmo ristoro; assetato e ti demmo da bere? E il Re risponderà: “Ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”». Matteo, 25 (31-45).
È questo il passo evangelico che Giovanni Riccitelli ama citare nei suoi colloqui e nei suoi scritti. Esso riflette il suo modus vivendi quotidiano, praticato sin dall’adolescenza. Nato in Puglia, all’età di 7 anni Giovanni emigrò con la famiglia a Milano dove ebbe i primi contatti in ambito religioso, e dove cominciò a partecipare attivamente alla vita della chiesa. Oltre a una solida formazione cattolica e universitaria, militando nell’Azione Cattolica e nella Gioventù studentesca, Giovanni ebbe l’opportunità di conoscere importanti personalità nel campo religioso e politico, e di stringere amicizia con il cardinale Carlo Maria Martini, e con alcuni preti operai che influenzarono profondamente il pensiero e l’operato della sua vita. Era il periodo conciliare, e la sua visione della chiesa andò evolvendosi in modo sostanziale, ispirata alla non violenza, e all’interesse per i problemi legati alla pace nel mondo. Trasferitosi a Trento, Giovanni continuò la sua maturazione cristiana, entrando a far parte di vari movimenti, tra cui i Cristiani per il socialismo, Comunione e Liberazione e, a livello ecclesiale, Beati i costruttori di pace. Occuparsi di problemi politici e sociali, per Riccitelli era diventato un apostolato missionario. In veste di pacifista è anche apparso sulla copertina di varie riviste, tra le quali Sathyagraha, Azione Nonviolenta e il Messaggero di sant’Antonio. Alla fine degli anni Ottanta, sposatosi con una canadese d’origine italiana, emigrò definitivamente in Canada, a Toronto, dove svolse vari impieghi, prima come distributore regionale del quotidiano italiano Corriere Canadese, poi come presentatore di programmi radiofonici alla stazione CHIN. Infine, dopo varie altre esperienze nel settore assicurativo e commerciale, ritornò al Corriere Canadese come responsabile della promozione pubblicitaria. Da alcuni anni Riccitelli collabora con Chiesa 2000: un inserto settimanale del Corriere Canadese curato dalla Commissione Pastorale Italiana di Toronto.
Colantonio. Com’è arrivato alla presidenza dell’UCEMI?
Riccitelli. Mi sono sempre interessato di questioni religiose. A Milano ho studiato alla Facoltà biblica. Da circa quattro anni collaboro con Chiesa 2000, e su incoraggiamento del direttore della rivista, padre Amedeo, ho pensato che sarebbe stata un’ottima possibilità per aiutare la comunità.
Quali sono le finalità dell’UCEMI?
L’UCEMI è nata come un movimento mondiale laico per appoggiare e aiutare i sacerdoti missionari che venivano dall’Italia per svolgere un lavoro pastorale tra gli emigrati. Oltre all’assistenza, questi religiosi cercavano di far sopravvivere la propria cultura, e organizzavano corsi di lingua affinché i nuovi emigrati italiani non si sentissero emarginati, e non dovessero cambiare la propria identità per integrarsi totalmente nella nuova società. Il compito principale dell’UCEMI è quello di aiutare i sacerdoti nella pastorale, secondo le direttive della Commissione episcopale italiana e di Migrantes, dalle quali dipende. L’UCEMI è quindi un movimento storico che, da generazioni, cerca di adattarsi ai cambiamenti dei tempi, cercando sempre di collaborare con la chiesa locale. Le nostre attività non sono sempre imperniate sui ricordi nostalgici del paesino d’origine, quanto piuttosto sull’organizzazione di programmi di apertura alla società in cui viviamo. Un valido esempio sarà il prossimo inizio di un dialogo con la comunità islamica di Toronto, sapendo che in Canada ci sono molti musulmani d’origine marocchina o somala che parlano italiano. L’impegno sociale non è molto valutato nella comunità italiana, e nelle riunioni importanti questo aspetto cristiano non viene mai messo in risalto. È dunque compito nostro far capire meglio il significato della dottrina sociale della Chiesa, attraverso documenti importanti, validissimi, ma che non sono sempre alla portata di tutti.
Quali sono le difficoltà create dall’invecchiamento generazionale?
Purtroppo, col passare degli anni, gli anziani si aggrappano ai valori e alle tradizioni del passato. Si vorrebbero conservare, ma la Chiesa, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, ha cambiato le sue prospettive sociali e dottrinali adattandole alle realtà del tempo in cui viviamo. I giovani invece sono più ricettivi e più aperti alle innovazioni. Essi guardano con interesse a quelle persone che vivono una profonda spiritualità, e che si comportano in modo onesto e decoroso. Queste persone diventano modelli da imitare per i giovani, che non rifiutano di ricevere da costoro direttive e suggerimenti utili alla loro formazione e al loro futuro. A tal proposito, è già stata instaurata un’incoraggiante relazione con i giovani attraverso il simposio su «Padre Bressani, il primo sacerdote italiano in Canada», tenutosi di recente nella chiesa dell’Immacolata, a Woodbridge. Nell’anno sacerdotale che si è concluso a giugno, è stato importante valorizzare la figura di questo missionario che invita tutti noi a non cedere, ma ad essere persistenti nella fede. Egli fu brutalmente torturato, mutilato, picchiato e venduto come schiavo. Scampò miracolosamente al rogo, e riuscì a tornare in Europa. Ma rientrò in Canada un anno dopo per compiere altri cinque anni di lavoro missionario, perché amava i nativi.
Qual è il coinvolgimento dei giovani?
Sono rimasto positivamente impressionato dalla partecipazione dei gruppi giovanili della Federazione Laziale, di AGIC, GIC e Forza Giovani. Sono tutti molto attivi e impegnati. Molti sono studenti universitari, e con loro abbiamo già realizzato un breve filmato su padre Bressani con un premio considerevole, messo in palio dalla Federazione Laziale, che sarà attribuito al gruppo che avrà presentato il miglior filmato. È anche nostra intenzione preparare un’attività adatta a questi studenti di livello accademico superiore, per il 400° anniversario della nascita di padre Bressani. Questi programmi sono aperti a tutti i cattolici, e cercheremo anche di coinvolgere i sacerdoti. A volte i sacerdoti italiani pensano che la nostra sia un’Associazione nostalgica e che quindi devii i gruppi locali dall’integrazione. La nostra visione invece è propria quella di un’integrazione graduale e concreta, senza fare alcuna differenza di lingua o di cultura, ma impegnandoci con la chiesa locale, e valutando l’aspetto specifico dell’italianità.
E gli anziani?
Sono la ruota di trasmissione della fede e della cultura per le nuove generazioni. Hanno una grande importanza perchè sono loro che trasmettono i migliori valori umani, religiosi e culturali alle nuove generazioni, per cui è nostro compito aiutarli a salvaguardare e a trasmettere la loro lingua e la loro cultura. È nostro compito, inoltre, aiutare gli anziani a vivere come veri cristiani, e a raggiungere quella perfezione che, nella logica della fede, talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere se stessi al centro, ma nello scegliere di andare controcorrente, vivendo secondo i principi del Vangelo: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me». (Matteo, 25, 40)
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017