Il primo di una serie di giorni

Alcune riflessioni che ci aiutano a dare un colpo d’ala a un avvenimento straordinario insidiato da mille banalità.
06 Aprile 1997 | di

Sappiamo che in Italia ben il 90 per cento delle famiglie che si dichiarano cattoliche, e sono l'80 per cento della totalità , chiedono la prima comunione per i propri bambini. Una cifra davvero sbalorditiva, se si considera che la pratica tocca appena il 25 per cento della popolazione. A che cosa attribuire una domanda così generalizzata, che non corrisponde a una scelta di fede se è vero, come sostengono i vescovi nel documento Evangelizzazione e sacramenti, che 'pochi di quanti richiedono battesimo, comunione, cresima, matrimonio in chiesa sono consapevoli degli impegni di vita cristiana che questi riti presuppongono e coinvolgono'?

Probabilmente, l' 'appuntamento' alla prima comunione rappresenta ancora, per l'immaginario collettivo, una scadenza fissa nel calendario delle famiglie: come a una certa età  si va a scuola, così a una certa età  si accede ai sacramenti. E prima lo si fa, meglio è: adempimento assolto, problema superato.

Certamente, poi, per una fascia di famiglie non credenti o non praticanti, il rischio di instaurare una 'singolarità ' se non proprio una 'diversità ' tra il proprio figlio che non si comunica e il resto dei compagni di classe che lo fa, con le conseguenze che la cosa può trascinarsi dietro, induce ad adeguarsi al comportamento dei più.

Ma non si può neppure negare che, in qualche misura, vada facendosi strada, nella coscienza comune (il concilio ha pure insegnato!), l'intuizione che i sacramenti non sono soltanto un rito colmo di rimandi e di suggestioni o una 'tappa' sociale obbligata, ma possono rappresentare qualcosa di diverso la cui portata, non priva di fascino, ancora sfugge. Accesso a un realtà  che sta oltre, tanto per cominciare; occasione per scelte serie e impegnative strettamente correlate con la vita; pietre miliari di un cammino senza soluzione di continuità  che, iniziato con la nascita sul piano naturale e con il battesimo sul piano del mistero, sfocia nell'eternità : incontro con Qualcuno per il cui amore tu, uomo, diventi più che uomo.

Si tratta, evidentemente, di un itinerario affascinante, anche se non ancora disvelato, non solo per il bambino ma per l'intera famiglia. Itinerario che dall'indefinito di una religiosità  di tradizione passa al determinato di una persona, dalle ipotesi alla certezza, dalla penombra alla luce, dal presagio dell'amore al possesso dell'amore. Entri così in un mondo nuovo dove gli orizzonti si allargano a dismisura: la tua natura umana, innestata sul divino, assume il respiro e il destino di Dio; il tuo giudizio sul mondo, sugli uomini, sulla storia, acquista i parametri della misericordia e della provvidenza; giorno dopo giorno si compie la tua liberazione.

Nella prima comunione, come in ogni comunione, Dio vuole incontrarsi con la creatura umana, fare casa con lei, farla diventare se stesso. È, il suo, un appuntamento d'amore preventivato da tutta l'eternità . Ma questo evento non può risolversi o esaurirsi in una dimensione intimistica. Il Signore non lo si incontra né lo si adora da soli, per sé, in un luogo inaccessibile, ma nella vita. La vita magari faticosa, magari controversa, magari conflittuale della famiglia, della scuola, del rione, della fabbrica, della parrocchia, della cultura, della politica, della condivisione. 'Là  dove si manifesta, o va manifestata, la sua bontà  e il suo amore per gli uomini'. Là  dove, se non c'è, bisogna che ce lo portiamo. 'Dio, nessuno l'ha mai visto. Però se ci amiamo gli uni gli altri, egli è presente in noi (e manifesto) e il suo amore è veramente perfetto in noi'.

Eppure attualmente, insieme al rischio dell'intimismo - che è di ieri ma che perdura e di cui in qualche misura sono espressione gli stessi movimenti ecclesiali e, in forma distorta, le sètte - e dello scollamento tra fede e vita, ne esiste un altro: quello di una diffusa mentalità  consumistica che, in presenza di una cultura secolarizzata e illuminista, mortifica il senso della trascendenza e del mistero. Ce ne parla il teologo Giannino Piana. Due le considerazioni preliminari: 'Il superamento di una concezione 'sacrale' della vita, che pure era doveroso, si è tradotto ai giorni nostri in un appiattimento dei comportamenti umani e persino in una razionalizzazione delle forme religiose, nelle quali è talora del tutto assente l'afflato mistico e la percezione dell'assoluto e dell'imprevedibile. Ancora: il rigore intellettuale e lo sforzo per proporre modelli etici per la vita quotidiana, addirittura nella catechesi non si accompagnano sempre alla preoccupazione di far percepire e vivere un'esperienza di contatto reale con le dimensioni più profonde del mondo del divino'.

Se è così, che cosa fare? Da parte di chi? Prosegue il teologo Piana: 'L'acquisizione del senso del mistero è fatta dallo sviluppo di mille piccoli atteggiamenti che abilitano la persona ad aprirsi al mondo dell'altro e della natura, con attenzione a non violarne il segreto. Ed è soprattutto lo stile di vita dei genitori, la loro testimonianza, a creare tale condizione. È acquisito, infatti, che l'educazione religiosa si costruisce su precise basi antropologiche che affondano le loro radici nella visione complessiva del mondo e della vita. Come è un fatto che l'odierna lettura positivistica della realtà  imprigiona l'uomo nelle sue relazioni storico-mondane e gli impedisce di vivere la relazione fondamentale che lo unisce a Dio. Questo equivale a dire che nel processo educativo la sollecitazione alla ricerca religiosa che il ragazzo deve compiere, occorre che si accompagni alla coltivazione della dimensione dell'accoglimento e dell'attesa, della capacità  di lasciarsi sorprendere dalle 'cose', di coglierne l'al di dentro, che rimanda all'al di là . La fede cristiana ha la sua sorgente nell'ascolto e nella disponibilità  a lasciarsi fare da Dio. Il cristianesimo non consiste nello sforzo dell'uomo di andare incontro a Dio, ma nel creare le disposizioni per accoglierlo; non è perciò l'ascesi del dare del fare, ma del ricevere, che ha come sbocco la mistica dell'incontro e della comunione con il Signore.

'L eucaristia è il momento più alto di questo incontro e di questa comunione. In essa Gesù fa dono di se stesso, della propria vita all'uomo assetato di verità  e di amore. Ma la possibilità  di percepire a livello esistenziale la pienezza del significato - senza peraltro oltrepassare la soglia invalicabile del mistero - è legata alla capacità  di vivere la comunicazione umana nella prospettiva del dono di sé. L'esperienza di una autentica comunione, centrata sulla tensione alla perdita di sé per amore, costituisce la preparazione più adeguata alla celebrazione del gesto supremo dell'amore mediante il quale siamo stati salvati'.

La messa di prima comunione (quella di oggi come quella di domani) diventa, in ogni caso, per l'intera famiglia un'occasione per ripensare all'autenticità  della propria fede e alla fedeltà  della propria vita alla logica del Vangelo. l

 

I catechisti sono i genitori
A misura di bambino

Molti parroci tentano di percorrere vie inconsuete, rispetto ad abitudini più radicate, per risvegliare negli adulti la consapevolezza della loro fede, soprattutto in occasione dei battesimi o dell'iniziazione ai sacramenti.

'Sono convinto che gli adulti, nella famiglia, sono responsabili della formazione religiosa dei bambini e ragazzi. Pertanto - spiega don Felice Terreni, parroco di Seggiano, nell'hinterland milanese - non chiamo i bambini alla catechesi, ma invito i genitori a farsi educatori e catechisti in casa'.

A Seggiano i genitori, una volta la settimana, si incontrano col parroco e con lui discutono i temi della fede che essi poi spiegheranno ai figli. 'Dapprima questo metodo ci è apparso piuttosto strano - spiega una mamma che ha accompagnato due figlioli ai sacramenti - e impegnativo per noi che, dopo il lavoro dovevamo preoccuparci anche di fare il catechismo ai figli. Ma il parroco ce l'ha posto come condizione per accogliere alla prima comunione i bambini. Ora dobbiamo continuare'.

Don Felice va nelle case per continuare il dialogo con tutta la famiglia, mentre i catechisti in parrocchia periodicamente accolgono i bambini per verificare quello che hanno imparato. 'Il percorso è un po' più lungo - continua il parroco - ma a misura della famiglia e dei suoi componenti, che hanno così modo di ripensare l'esperienza di fede e di prepararsi adeguatamente alla prima comunione del loro piccolo. Di solito le prime comunioni non si fanno in una sola volta, ma distribuite nell'anno, perché ciò che conta è che il tempo sia giusto per il bambino e per la sua famiglia. Nel percorso educativo cerco di far comprendere che il momento principale della festa è proprio la celebrazione eucaristica insieme a tutta la comunità , e non il pranzo al ristorante'.

Rosangela Vegetti

 

Provocazioni
Invece del pranzo

Non sarà  peccato, nel senso che lo si debba confessare a un prete, ma è certamente un peccato che una giornata così importante, così pregna di significati spirituali, come è la prima comunione, venga subito banalizzata o annullata dal gran pranzo al ristorante, dai tanti regali, spesso inutili e costosi, che diventano l'indomani motivo di spiacevoli confronti e di egoistico vanto con gli amici, per restare alla fine la sola cosa che si ricorda. Alla conclusione della cerimonia, la foto di rito, un frettoloso scambio di saluti e poi presto presto in macchina perchè il pranzo non può aspettare. Le famiglie sciamano, ognuna per proprio conto, lasciando nell'aria la sensazione di un'occasione perduta.

Sia chiaro: la prima comunione è un giorno di grande festa e deve essere vissuta nella gioia anche di un pasto assieme. Ma 'comunione' vuol dire comunicare con Dio e con gli altri nel dialogo, nello stare insieme, nella solidarietà , nel condividere. Quel fuggi fuggi a godersi, ognuno per sé, i regali, contorno di un banchetto dispensioso, non è proprio l'espressione più genuina dello stare insieme e del condividere. Un pranzo comunitario in parrocchia o altrove, dove è possibile, esprimerebbe meglio questi concetti; alcuni momenti di convivialità  tutti insieme, dove ognuno esprime in modo tangibile il condividere destinando qualcosa per altri in difficoltà  (le occasioni e la fantasia non mancano), renderebbero concreto ciò che la prima comunione significa. Il gesto forte potrebbe diventare per i ragazzi l'inizio di un cammino di solidarietà , aiutati dall'esempio dei genitori. Quel che si sarebbe speso per un pranzo in ristorante o per un regalo, destinarlo ai poveri: questa è, infine, davvero comunione! P. L.

 

Al posto di un regalo inutile

La comunione rappresenta il primo incontro con Gesù nell'eucaristia, ma questo avviene nella comunità  di credenti, con la quale i bambini sono chiamati a 'fare comunione' condividendo i valori del Vangelo. Quello della condivisione è un lungo cammino che si impara dalle parole e dagli esempi dei grandi.

Oggi non sono molti i mezzi di comunicazione interessati a educare i lettori in questo senso; di solito prevalgono altri interessi. Un dono speciale per un momento importante come le prime comunioni ve lo suggeriamo noi: è 'Ciao Amici', la neonata rivista del 'Messaggero di sant'Antonio' per i bambini della prima fascia di età  scolare, che rappresenta un aiuto validissimo nell'accompagnare i lettori alla scoperta di valori come la solidarietà , l'amicizia, la fede, la comunione in senso ampio con tutti.

Abbonarsi a 'Ciao Amici' è facile: basta inviare 30.000 lire al 'Messaggero di sant'Antonio' (anche tramite il conto corrente che trovate ogni mese allegato alla rivista per gli adulti) e specificare il nome del bambino.

S. F.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017