Il principe delle Neuroscienze
Vancouver
Il professor Vincent Di Lollo vive e lavora a Vancouver da una dozzina d’anni. L’ho incontrato grazie ad una sua allieva: la vicentina Paola Poiese, laureata in Psicologia all’Università di Padova e in forza all’Università di Trento, presso il Dipartimento di Scienze della cognizione e della formazione che ha sede a Rovereto. Da circa un anno, la giovane è pendolare tra il Nord Italia e Vancouver dove, alla Simon Fraser University di Burnaby, è allieva e collaboratrice pro-tempore del professor Di Lollo, ricercatore di fama mondiale nel campo della Neuroscienza e della Scienza della cognizione, con particolare riguardo per il fenomeno della Vision and Visual Attention. Nella frazione di secondo tra la visione di un oggetto e il processo di quanto gli occhi hanno visto, il cervello ha già fatto una straordinaria quantità di lavoro.
In effetti, l’informazione visuale ricevuta è stata varie volte codificata nei percorsi cerebrali. Di Lollo studia gli affascinanti processi che stanno alla base della nostra abilità di percepire le cose nel mondo fisico che ci circonda. È scienza pura, ma è facilmente intuibile come possa volgersi al servizio delle scienze applicate, specialmente nel campo della Neuroanatomia e della Neuropsicologia. Il professore preferisce essere chiamato Enzo (da Vincenzo, il suo originario nome «italiano», trasformato nell’inglese Vincent, e semplificato da collaboratori e allievi in un confidenziale Vince). Tra veneti, gli piace parlare il linguaggio della sua infanzia: il goriziano. Lo parla in modo fluente e solare, solare com’è la sua personalità, gioiosa e comunicativa. Non si direbbe che quest’uomo abbia avuto un passato difficile e tribolato. Traspira ottimismo, incoraggia ad una visione positiva della vita e degli eventi della storia. La sua è una vicenda esemplare: può insegnare molto e dare coraggio e speranza a tanti. Il suo itinerario: da ragazzo profugo a riconosciuto luminare della scienza mondiale. Un cammino in ascesa, fatto di tenacia e volontà, volto a conseguire realizzazioni proporzionali al dono di geniali talenti, fortemente alimentati nel tempo. I ricordi degli anni di vita italiana sono nitidi, e Di Lollo ne parla senza inutili rimpianti, sottolineando anzi con contagiosa allegria, lo spirito di avventura con cui ha vissuto alcuni episodi di quel tempo ormai lontano, alla scoperta di nuovi ambienti, nuovi mondi, nuovi personaggi. Due volte in fuga, prima da Gorizia città natale, poi dal paese del Veneto che aveva accolto la sua famiglia allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, sembra non aver vissuto (anche se li ha certamente patiti) gli orrori della persecuzione politica e le ristrettezze causate dalla perdita di ogni bene di sussistenza, non solo la casa di abitazione ma anche il lavoro paterno in territorio istriano. E il distacco più doloroso: quello dall’unica sorellina, sottratta troppo presto a genitori e fratelli da una malattia al tempo incurabile. La piccola riposa nel cimitero di Castello di Godego dove la famiglia Di Lollo aveva trovato rifugio nel 1943 prima di essere imbarcata tre anni dopo – Enzo, allora, era appena sedicenne – per l’Australia.
Nel periodo della scuola media, frequentata puntualmente nonostante la bufera della guerra, il ragazzino aveva escogitato il modo di procacciare viveri alla famiglia dedicandosi, come molti altri, ad una specie di mercato nero. Anche il trenino della Valsugana era diventato un mezzo per contrabbandare farina. Da ragazzo della Resistenza – le sue scelte erano state ben chiare e precise fin dall’inizio della lotta – contestava il fascismo, i suoi alleati e i suoi metodi. Il carattere ottimista e visionario gli faceva sognare e sperare un futuro di libertà. Forza morale, tenacia della volontà e natura geniale avrebbero contribuito a costruirgliene uno specialissimo. Così ha riassunto, con semplicità, la sua biografia: «Sono nato a Gorizia, nella parte nord orientale d’Italia. Adolescente, sono stato spedito via mare nel Western Australia con i miei genitori, due fratelli e molti altri rifugiati della Seconda Guerra mondiale. Là ho lavorato come operaio in una fonderia d’acciaio, come assistente scalpellino, e come grizzly-man (uomo-miccia), scimmia glorificata dalla polvere, in una miniera d’oro. Nel frattempo ho imparato a parlare inglese, e ho vinto una borsa di studio. Una volta completato un Ph.D. all’Università del Western Australia, ho trascorso tre anni negli Stati Uniti come Fulbright Scholar: Indiana University, University of Michigan e Princeton University. Dopo un secondo turno di presenza all’Università del Western Australia, questa volta come docente, poi come senior-lecturer, e successivamente come professore incaricato, ho scoperto il Canada e non ho più guardato indietro!». L’ottimismo della realtà, l’entusiasmo del personaggio! Sappiamo tuttavia che, come parte della sua vita privata, egli mantiene con l’Australia importanti e solidi legami di famiglia e di amicizia.
Il curriculum canadese di Vincent Di Lollo comprende – dal 1975 ad oggi –, tre anni come professore di Psicologia all’Università del Manitoba, 18 anni all’Università dell’Alberta, altri 8 come Honorary Professor all’Università della British Columbia. Dal 2004 è Adjunct Professor alla Simon Fraser University («dove la vita è più piacevole», commenta). Alcuni si chiederanno il perchè di una carriera pressoché infinita, quando molti colleghi, alla sua età, sono da anni in pensione. Ma quando mai si mandano in pensione l’intelligenza, la ricerca, il genio? Fortunatamente c’è chi capisce, promuove e se ne fa carico. «La mia ricerca – fa sapere – è stata e continua ad essere generosamente sostenuta soprattutto dallo NSERC (*), e in parte da altre agenzie sovvenzionatrici. Alla SFU, i miei studenti ed io collaboriamo a tutto campo con diversi colleghi, in particolare John McDonald e Tom Spalek». Lavorano affiatati, senza sosta, se non per qualche informale fine settimana tra famiglie. Gli studenti del Dipartimento li ammirano e li amano, sia i canadesi che quelli, come Paola Poiese, arrivati da fuori per specializzarsi. Lui, maestro e guida, è esigente ma disponibile, severo quando occorre e paterno sempre. Alla dottoressa Poiese ho chiesto che cosa significhi lavorare con il professor Di Lollo e il suo team.
«L’esperienza alla Simon Fraser University – ha risposto – rappresenta un momento forte e importante nella mia formazione scientifica e personale. Quando incontrai Vince per la prima volta, ero intimorita all’idea di lavorare con una persona del suo calibro scientifico. Oggi il timore si è trasformato in enorme stima sia per l’eccellente qualità scientifica del suo lavoro e del suo insegnamento, sia per la grande attenzione alla persona che egli ha dimostrato nei confronti di una studentessa come me. Se dovessi riassumere in una frase direi: He has changed my life». E alla domanda: «È importante per i laureati (studiosi e ricercatori) italiani l’esperienza in università nordamericane, e quali benefici ne possono trarre?», Paola ha risposto: «Io sono estremamente grata al mio Dipartimento e ai miei professori per avermi offerto la possibilità di fare questa esperienza in una Università straniera. Penso che tutti gli studenti che si preparano a fare ricerca, dovrebbero potersi confrontare con modelli e sistemi diversi, dato che questo contribuisce in maniera significativa alla loro formazione scientifica». Ai molti riconoscimenti ricevuti dal professor Di Lollo nel corso della sua lunga e brillante carriera scientifica, si è aggiunto lo specialissimo «2007 Richard Tees Leadership Award» della Canadian Society for Brain, Behaviour and Cognitive Science. Complimenti, carissimo compatriota!
(*) Natural Sciences and Engineering Research Council of Canada: www.nserc-crsng.gc.ca.