Il puzzle dell’identità

La lingua e la cultura di un popolo non bastano a favorirne la coesione. Facendo leva sulla globalizzazione, cittadini e istituzioni possono ricomporre il mosaico della nostra civiltà.
04 Marzo 2001 | di

  Roma
Il carattere innovativo della Conferenza, che dall'11 al 15 dicembre scorso ha richiamato presso la sede della Fao, a Roma, più di 700 delegati dall'estero e molti rappresentanti di associazioni italiane, è emerso fin dalla sessione inaugurale dai contenuti dell'intervento del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Richiamando il discorso pronunciato in Parlamento all'assunzione del suo mandato, citato poco prima nell'appassionato intervento dell'onorevole Mirko Tremaglia , egli ha assicurato di essere attento alla voce degli italiani che vivono e operano nella Repubblica, ma anche di coloro che vivono nella più larga comunità  italiana diffusa nel mondo, impegnati nelle sfide di rinsaldare gli essenziali legami fra le due Italie, di raccordare il patrimonio economico, storico e culturale di cui sono portatori e di operare per la salvaguardia dell'identità  e della lingua italiana. La consapevolezza di far parte di un'unica comunità  diffusa nel mondo, portatrice di valori che hanno arricchito popoli e culture, deve essere unita all'impegno di vivere con nuova intensità  l'identità  italiana nei valori intellettuali, morali e nell'unica continuità  storica. «Chi è italiano, porta la propria origine con orgoglio anche a distanza di generazioni» - ha affermato il presidente, che ha auspicato l'approvazione, dopo la doppia modifica della Costituzione, della legge ordinaria per l'attuazione dell'esercizio del voto in loco dei connazionali all'estero, aggiungendo che: «la volontà  di mantenere vive le radici di un'appartenenza comune trova riscontro nelle significative indicazioni d'aumento della doppia cittadinanza». Un discorso, quello di Ciampi, che ha evidenziato i valori dell'identità  e le grandi doti di civiltà , di cultura e d'imprenditorialità  riconosciute agli italiani all'estero. Sui temi più dibattuti, quali il voto all'estero, si attende ora un conseguente impegno da parte del Governo e del Parlamento italiani.
Lamberto Dini, ministro degli Esteri e presidente della Conferenza, ha iniziato la sua relazione tracciando una linea di demarcazione tra passato e futuro, rispondendo alle esigenze degli italiani all'estero, più che in termini di assistenza, con prospettive di incremento delle collaborazioni economiche e di una presenza più efficace e continuativa del nostro patrimonio culturale e scientifico nel mondo. Rivolgendo lo sguardo alla storia degli italiani all'estero, con tutte le sue sofferenze e affermazioni, Dini ha detto che «questa storia, espressione della parte migliore dell'ingegno italiano, induce ad interrogarci su come sia possibile realizzare, in un mondo in cui la globalizzazione investe gli scambi commerciali, l'economia e la cultura, quella comunità  d'intenti che fa sentire gli italiani, ovunque risiedano nel mondo, partecipi d'un disegno unitario» e testimoni del peso crescente dell'economia italiana, diventata una delle sette maggiori del mondo. Egli ha sottolineato anche alcune emergenze: l'opportunità  di ristrutturare e riordinare le istituzioni italiane nel mondo, come le attività  consolari o le iniziative per la proiezione esterna del nostro patrimonio culturale e scientifico; la verifica dei dati dell'Aire e delle anagrafi consolari; la riforma dei Comites e il nuovo ruolo del Cgie, strumento di raccordo tra collettività  e madrepatria; la particolare attenzione per i corsi di lingua e cultura italiani a favore delle nuove generazioni e l'esigenza di un più completo flusso di notizie da e verso l'Italia, che renda consapevoli gli italiani residenti in Patria della storia e delle attività  delle nostre comunità  all'estero. Dini ha offerto un organico progetto pluriennale che potrà  realizzarsi solo con adeguati e duraturi investimenti, se l'assemblea attendeva una dichiarazione più esplicita in riferimento all'attuazione dell'esercizio del voto all'estero. Se questo Parlamento non approverà  nelle scadenze previste la legge ordinaria per il suo esercizio, renderà  ancora più motivata la delusione e la reazione di tanti cittadini italiani all'estero che da anni attendono il riconoscimento di un diritto che li renda pienamente partecipi alla vita politica italiana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

Oltre il voto

Ma non c'è solo il problema del voto in loco. Se in passato la grandezza di un Paese era data dalle risorse naturali e dalla disponibilità  di capitali - ha detto Franco Narducci, segretario generale del Cgie - oggi, in tempi di globalizzazione e di new economy la società  dell'informazione ha rivalutato la risorsa umana, come la rete di presenza delle comunità  italiane nel mondo: un patrimonio in cui s'incontrano professionalità , sapere e competenze d'avanguardia riscontrabili nei giovani italiani all'estero. Narducci ha sottolineato il danno della perdita d'intelligenze e di creatività  motivato dalla fuga all'estero di tanti ricercatori, professionisti e lavoratori italiani; la non conoscenza della storia della nostra emigrazione, che dovrebbe invece divenire materia di studio nelle scuole italiane; la necessità  di un maggiore sostegno degli strumenti d'informazione per le nostre collettività  all'estero, efficaci strumenti di difesa della loro identità  e per la riscoperta delle radici culturali. Narducci è stato coraggioso nel denunciare i difetti delle trasmissioni radiotelevisive dirette dall'Italia all'estero; la dicotomia tra solenni affermazioni di principio da parte delle istituzioni e le mancate risposte alle attese dei nostri connazionali; l'attuale e insoddisfacente ruolo dei Comites e soprattutto del Cgie, che attende la riforma della legge istitutiva per «sfuggire al ruolo e all'immagine di mero organo consultivo». Il suo impegno e i suoi apporti non hanno infatti trovato riscontro nelle decisioni finali del Governo italiano.
  Sulla stessa linea si pongono le osservazioni sugli Istituti italiani di cultura e sulle cattedre di italianistica all'estero, troppo spesso gestiti a livello accademico e incapaci di coinvolgere le nostre comunità . Narducci si è soffermato anche sul problema dell'integrazione nelle comunità  di residenza e le forme di mantenimento dell'identità  culturale. «L'integrazione non deve divenire totale assimilazione, perché questa spegne la voce della comunità , cancellandone l'identità . Il nodo di fondo è che oggi si può appartenere contemporaneamente a più comunità : si può essere al tempo stesso italiani e francesi o italiani e canadesi. Il rispetto dei legami con il Paese di residenza non impedisce quindi la riscoperta della lingua dei padri e neanche il desiderio di riprendere la cittadinanza italiana, fenomeni questi che si registrano non soltanto in America latina ma anche negli Stati Uniti, e che testimoniano la riscoperta di quei valori di equilibrio e di moderazione che sono il portato di un'antica civiltà Â». Le giovani generazioni sono oggi portatrici di un'identità  molteplice e sono in grado di offrire contributi alle comunità  in cui sono inserite e anche all'Italia, coinvolta oggi dal fenomeno della multietnia e obbligata a tracciare nuove vie al rapporto interculturale.                                                                                                                                                                                                

Il documento finale

Unendo le istanze della Conferenza di Roma a quelle dei Laboratori sull'Informazione, l'Imprenditoria, la Scienza, la Cultura e la Solidarietà , svoltisi in diverse sedi, sono state tracciate alcune linee d'azione che ora dovranno impegnare il Governo, il Parlamento e le Regioni italiane. Nel campo dei diritti civili e politici, si precisa che con l'elezione dei parlamentari in rappresentanza degli italiani all'estero, dovranno essere ridefiniti i ruoli e i compiti del Cgie e dei Comites, eletti a suffragio universale e bisognosi di contributi più adeguati per il funzionamento dei loro ruoli. È codificata l'esigenza di una più ampia partecipazione delle donne ai momenti di rappresentanza politico-istituzionale delle comunità , garantita dall'istituzione di un Osservatorio permanente per lo studio e la creazione di reti di contatto fra le donne italiane nel mondo. Per i giovani discendenti d'italiani sono stati auspicati aggiornati spazi informativi (stage professionali, interscambi finalizzati al perfezionamento degli studi), e il riconoscimento in Italia dei titoli già  conseguiti all'estero. Riguardo alla cultura, si chiede una svolta all'attuale politica, con l'approvazione di una legge quadro che metta in atto un piano coordinato di investimenti e iniziative statali e regionali per incrementare o introdurre la lingua e la cultura italiane all'interno dei sistemi scolastici dei Paesi d'adozione. Si chiedono maggiori risorse umane e finanziarie a favore di Rai International e viene ribadito il ruolo degli altri mass media d'emigrazione, bisognosi di adeguati contributi. In materia di tutela e assistenza sociale viene riconosciuta la necessità  di proteggere le fasce più deboli, come tanti anziani all'estero, garantendone i diritti alla salute e alla previdenza. In tale ambito viene riconosciuto il ruolo insostituibile dei Patronati e la necessità  che sia approvata la legge che ne riforma l'assetto.
In quest'Anno Internazionale del Volontariato, il documento finale rivolge ai giovani l'invito ad aprirsi ad esperienze di solidarietà ; e al mondo dell'imprenditoria si propone che nell'era della globalizzazione sia affermata la necessità  che la risorsa strategica delle piccole e medie imprese italiane sia messa al centro della sfida che il nuovo mondo economico propone. Al fine di recuperare l'enorme «capitale umano all'estero» si auspica, infine, l'istituzione di un Comitato consultivo permanente degli scienziati italiani all'estero per la cooperazione e gli scambi fra Paesi, favorendo il rientro di tanti «cervelli» italiani anche attraverso la realizzazione di altri centri di ricerca che richiamino in Italia scienziati stranieri.

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I delegati dall'estero strigliano le istituzioni italiane

Le relazioni dei delegati dei cinque continenti hanno riportato all'attenzione dell'assemblea le istanze e le proposte emerse nelle pre-conferenze che hanno preceduto l'incontro di Roma.
Antonio Macrì, delegato dell'America latina, ha introdotto la sua relazione sottolineando che, dopo le recenti modifiche della Costituzione italiana, essere americano di origine italiana non potrà  più essere un dato statistico: lo sarà  chi, in qualche misura, vorrà  o sarà  indotto ad esserlo. Quanto mai precise le indicazioni della pre-conferenza di Montevideo riguardanti: la necessità  di una politica sociale italiana articolata e flessibile e l'istituzione dell'assegno sociale a favore dei nostri connazionali che ne abbiano diritto e bisogno, con chiari criteri per accedervi; l'attesa di un progetto politico-culturale effettivamente integrante della politica estera del nostro Paese, che dalla promozione della lingua s'allarghi all'imprenditoria, al turismo e ai rapporti interuniversitari. Dopo i difficili anni in cui si è riscontrata una perdita d'identità  dei nostri connazionali, in America latina c'è un processo di recupero da parte dei loro discendenti. Non si deve però dimenticare coloro che hanno lasciato innumerevoli tracce di italianità , costruendo ospedali, scuole, facoltà  e teatri; fondando mutue e associazioni. «Solo riconoscendo il passato si può costruire il futuro», ha concluso Macrì.
Marco Fedi, relatore per l'Oceania, ha iniziato la sua relazione affermando che il nostro Paese «spesso senza alcun merito e ancora più spesso senza esserne consapevole, ha nelle comunità  italiane nel mondo un grande patrimonio». Egli ha ricordato la significativa presenza di donne e di giovani che costituiva il 50% dei partecipanti alla pre-conferenza di Melbourne, presentando le loro richieste per la promozione linguistico-culturale e la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza. In Australia si è constatato che la dimensione multiculturale consente una maggiore integrazione degli italiani e la loro paritaria partecipazione alla vita politica, tanto da renderli capaci di modificare, con il retaggio trasmesso dai padri, la cultura dominante nel Paese. Fedi ha anche ricordato la domanda di coraggiose politiche di cooperazione internazionale nel campo dell'occupazione e dell'attività  formativa, auspicando l'istituzione di un Consiglio mondiale per le nuove generazioni d'origine italiana.
Gino Bucchino, relatore per l'America del Nord, non ha certo attenuato le puntualizzazioni e le severe critiche registrate nella pre-conferenza di Toronto. Pur differenti nelle caratteristiche storiche, le comunità  italiane residenti in Canada e Usa sono unite nella domanda di recupero di italianità . Una domanda che parte dall'amara constatazione che l'Italia ha fatto finora ben poco per i suoi connazionali all'estero. Egli ha ricordato il riconoscimento dato dalla pre-conferenza alle donne italiane per aver trasmesso alle giovani generazioni la lingua, la cultura e le tradizioni della terra d'origine. Ma ha anche ricordato le reazioni per la scandalosa diminuzione di finanziamenti per i corsi di lingua italiana e le gravi carenze nel campo dell'informazione, colmate solo dall'iniziativa e dalla genialità  dei singoli. Un altro riconoscimento è stato rivolto ai Patronati, per il loro prezioso e insostituibile impegno in aiuto delle persone bisognose.
L'intervento di Giovanni Farina ha bene espresso l'attuale problematica sociale, culturale e politica che l'Europa sta vivendo. A nome dei 4 milioni di emigrati italiani nei Paesi europei, egli ha lanciato un monito contro la xenofobia; contro i rischi di disoccupazione e di precarietà  che la frenetica società  della globalizzazione può produrre; contro il diniego dei permessi di soggiorno a quegli emigrati italiani che non hanno raggiunto la soglia reddituale richiesta. Per Farina, l'unione politica dell'Europa è un'utopia possibile; ma in questo momento di svolta storica, le nostre comunità  d'Europa giudicheranno il Governo e le istituzioni italiane se saranno capaci di definire una politica socio-culturale che offra un futuro ai nostri giovani e garantisca la Carta dei diritti civili, politici e sociali, fondamento della nuova cittadinanza europea.
Dopo la relazione di Franco Santellocco, delegato per l'Africa, si sono susseguiti gli interventi di Silvana Mangione (sulle esperienze e sui contributi dell'emigrazione al femminile emersi nelle pre-conferenze e nel convegno di Lecce) e di Maurizio Mariano sulle nuove generazioni, riportati in altre parti del Messaggero di questo mese.
Sono stati ascoltati con attenzione anche gli interventi del ministro Carlo Marsili, direttore generale per gli Italiani all'estero, e di Bruno Zoratto, presidente della Commissione «Informazione e comunicazione» del Cgie, che ha sostenuto l'insostituibile ruolo dei mass media d'emigrazione, soprattutto della stampa, denunciando l'incomprensibile ritardo del Parlamento ad approvare il disegno di legge sull'editoria che consenta un finanziamento più adeguato.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017