Il ritorno di Altemir

Il ministro brasiliano della Pesca e dell'acquacoltura ha fatto visita al paese dei propri avi. Oggi il Brasile è una potenza, dice, grazie anche agli italiani.
15 Maggio 2009 | di

Vicenza
Può accadere come nella trama di un libro, che un giorno qualcuno bussi alla porta e dica di essere un lontano parente giunto dal Brasile. Può altresì accadere, poi, che uno si presenti dicendoti di essere un ministro brasiliano, venuto a cercare le proprie radici familiari. Potrebbe accadere, ed è accaduto, a Montegaldella, in provincia di Vicenza, quando un anno fa, il giovane Cleomenes Gregolin, brasiliano di Cascavel, nel Paranà, ma con ascendenti italiani, decide di ritornare in Italia per conseguire la doppia cittadinanza. La sua storia lo rimandava al piccolo paese vicentino dove ancora oggi risiede lo storico ceppo dei Gregolin.
Da qui, nel lontano 1890, partì per Veranopolis nel Rio Grande do Sul, il bisnonno Felice con la moglie Natalina. In Brasile nacquero i figli. Tra questi, Raffaele Gregolin, padre di Eugenio, che oggi ha 67 anni e continua a fare l’agricoltore in Rondonia, divenuto padre di Altemir, ministro in carica del Governo Lula. Due date: 12 ottobre 1890 e 1° marzo 2009. Un secolo dopo, la famiglia vicentina dei Gregolin si ricongiunge e fa festa. Il ricordo di quel lontano bisnonno è ancora vivo nella memoria di Altemir, 45 anni, dal 2007 ministro della Pesca e acquacoltura del Brasile, che nutriva il profondo desiderio di vedere i luoghi da cui sono partiti i suoi avi. La conferma di aver trovato l’antica casa del 1507 di Montegaldella, gli è arrivata proprio dal cugino Cleomenes che oggi risiede nel veronese. Un anno dopo, il ministro Gregolin parte dal Brasile per l’Italia. Lascia il suo Paese, grande 24 volte l’Italia con 180 milioni di abitanti, di cui ben 31 d’origine italiana, per giungere nel paesino vicentino che non supera i 1.800 abitanti; una quarantina di questi fanno Gregolin di cognome. Qui la sorpresa per entrambi: per il ministro di poter incontrare i parenti. Per i Gregolin di sapere di avere come parente nientemeno che un ministro brasiliano. L’incontro è stata una festa. Per tre giorni, dal 27 febbraio al 1° marzo, la comunità di Montegaldella ha condiviso questa «scoperta». Incontri familiari, cene, cerimonie, visite ai luoghi storici e produttivi hanno riempito le giornate vicentine del ministro brasiliano. «Una gioia che è andata ben oltre le aspettative – ha poi detto Altemir Gregolin al suo rientro – tanto che l’accoglienza riservatami ha confermato come lo spirito che unisce l’Italia al Brasile vada ben oltre l’oceano che ci divide. Lo stesso spirito dei Gregolin brasiliani, è identico a quello dei parenti vicentini. Eppure, nessuno di loro si è visto prima. A Montegaldella non si immaginava nemmeno che solo i Gregolin brasiliani, uniti da parentela, oggi fossero più di 500. Nell’occasione abbiamo intervistato il ministro brasiliano.
Gregolin. Ministro, anche per lei vale questa unione di mente e cuore tra Italia e Brasile?
Gregolin
. Sì, ma non è un’eccezione. Potremmo definire il Brasile come una lontana «provincia italiana». Ecco perché non appena ho messo piede a Montegaldella, da dove partì il mio bisnonno Felice Gregolin, si sono cancellati immediatamente 8 mila chilometri di distanza. Storia, famiglia e polenta continuano a rinsaldare i rispettivi legami.
Come vedono dunque i brasiliani l’Italia?
Molti di quelli che hanno origini italiane, provengono da famiglie del Nord Italia, e più precisamente dalla terra veneta. All’idea più classica che si ha dell’Italia in Brasile, cioè pizza, moda e arte, si devono aggiungere l’imprenditoria, la qualità e la capacità di lavorare e insegnare a produrre, accompagnata dalla costanza. Tutte cose che vedo ben radicate anche qui, nonostante la crisi.
Appunto, la crisi…
Anche il Brasile sta soffrendo sul piano economico. In crisi sono in particolar modo le esportazioni di materie prime. L’industria, e nello specifico quella aerea, sta combattendo per mantenere i posti di lavoro. Sul nostro Paese grava anche il peso della nuova politica di Obama con l’embargo delle merci verso gli Stati Uniti, per ora solo annunciato. Ma a questo ci stiamo preparando da anni.
E come?
Siamo il Paese con il Pil tra i migliori del mondo. Siamo consci di essere nel BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), cioè tra i Paesi che avranno una forte crescita nel prossimo ventennio. Così se il XX secolo è stato il tempo dell’Europa e degli Stati Uniti, il XXI sarà quello di questi grandi Paesi emergenti.
Una nuova potenza?
Il Brasile è ricco di risorse naturali e umane: naturali perché abbiamo legno, acqua, combustibile, minerali, ecc. Umano perché vi è una concentrazione e integrazione di razze che valorizziamo anche con lo sviluppo economico degli ultimi anni.
Un Paese perciò su cui investire?
Certo, e lo dimostra il nostro costante sviluppo. È giusto parlare del nostro «rinascimento» democratico, culturale e industriale. A sostenerlo sono i miliardi di dollari che si riversano con gli investimenti mondiali che giungono in Brasile, anche grazie ai veneti!
Ancora i veneti…
La loro storia in Brasile non è solo un ricordo del passato. Oggi fanno parte del presente con sempre maggiore importanza. I veneti sono riconosciuti come persone laboriose, creative e fidate, di cui mi sento parte.
Lei, prima di diventare ministro, era un agricoltore come lo è ancora suo padre?
Per fare bene un mestiere bisogna prima conoscerlo, immergendovisi. In me è radicato il patrimonio ereditato da mio padre Eugenio Gregolin (figlio di Raffaele che, a sua volta, era figlio di quel primo Felice Gregolin, ndr) che seguita a fare l’agricoltore in Rondonia nella parte nord-orientale del Paese. Ho lavorato nei campi fin da bambino. Crescendo, e studiando come coltivare, sono arrivato a insegnare all’Università degli Studi regionale di Chapecó, a Santa Catarina. Da qui, attraverso la mia militanza politica fin da quando avevo 17 anni, mi sono riconosciuto nelle idee del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, che due anni fa, alla seconda elezione, mi ha voluto al suo fianco come ministro della Pesca e acquacoltura che in Brasile sono una potenza tutta da impiegare. Nella nuova formula democratica che si sta radicando con il governo Lula, la tutela delle risorse e il loro «sfruttamento» vengono sempre più conciliati con la sostenibilità, culturale ed economica. Io sono stato tra i quattro ministri che hanno bocciato, ma non ottenuto, la sospensione degli OGM in tutto il Paese, perché sento l’ambiente come parte di me e dei miei valori.
Eppure l’Amazzonia è in pericolo?
I rischi esistono, ma è vero che non c’è mai stato, nella storia del Brasile, un periodo come questo dove la governabilità di tutte le risorse verte sulla sostenibilità. Di più, stiamo definendo, cosa mai avvenuta prima, le regole che serviranno a regolarizzare le proprietà. Ciò significa che tutte le risorse: dall’acqua alle miniere, alle foresta, alle campagne, saranno censite e definite nelle proprietà private o statali. Avremmo così il pieno controllo dello sviluppo e della conservazione. Questo vale ancora di più per la sterminata foresta amazzonica dove ambiente e uomini, gli indios, meritano assoluta attenzione e rispetto.
Anche nel settore della pesca, sta applicando questi metodi?
Certo. L’acqua è un bene prezioso quanto primario. Il mio Ministero gestisce un patrimonio immenso di coste con riserve d’acqua dolce che racchiudono il 13% delle riserve mondiali. Attraverso la ricerca, stiamo favorendo lo sviluppo e la sostenibilità di migliaia di progetti locali di pescicoltura. Un settore che ha molte potenzialità fino ad oggi non sfruttate. Colpa di politiche sbagliate, d’infrastrutture obsolete, di mezzi navali vecchi. Oggi siamo al 26° posto al mondo nella pesca in acqua di mare, e al 17° in quello per l’acqua dolce, ma puntiamo presto a risalire la classifica. Posizioni troppo modeste per la realtà che abbiamo. Ecco perché il mio Ministero è sostenuto energicamente dallo stesso Lula che l’ha voluto nel 2003, e che oggi lo considera tra i più significativi del suo nuovo corso. Questo favorirà sia l’economia dell’intera nazione, sia quelle sacche di povertà, e sono ancora molte, che richiedono sostentamento. Progetti ad esempio di pescicoltura, stanno sostenendo comunità indios in tutto il nord del Paese.
Torniamo alla sua visita a Montegaldella. Quali sono state le cose che l’hanno colpita emotivamente?
Vedere le facce di quei Gregolin di cui ho tanto sentito parlare. Scoprire con sorpresa che è il «Paese del Saluto» con tanto di monumento al «Ciao» quale segno principale d’integrazione. Un’idea che porterò in Brasile, pensando a un futuro gemellaggio. Entrare dentro la vecchia casa in via Fontanelle, dov’è vissuto il mio bisnonno Felice, e pensare che la mia stessa vita è iniziata da qui!
Immaginava di trovare ciò che ha trovato?
Se parliamo di accoglienza, posso dire che siamo andati ben oltre le aspettative. Conoscevo i Gregolin brasiliani come gente generosa e accogliente, ma ciò che ho condiviso a Montegaldella è stato un vero e proprio ritorno a casa, nonostante fossimo al nostro primo incontro tra parenti.
In Italia un ministro è comunque un’autorità che va celebrata.
È sostanzialmente differente il modo di considerare il rappresentante politico. Per noi, chi è ministro assolve a un compito sociale che prevede la scorta personale solo per il ministro della Giustizia. L’età media dei ministri del Governo brasiliano è di 45 anni, e tutti sono chiamati a percorrere, durante il loro mandato, migliaia di chilometri alla settimana per coprire le infinite distanze del Paese. Io stesso, in un mese, viaggio per 17 giorni con continui spostamenti aerei.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017