Il Santo nella Padova del Sud

Afragola ospita il più importante santuario antoniano della Campania, «Basilica minore» dal 2004. L’amore per il Santo si esprime nei modi appassionati e fantasiosi della migliore tradizione partenopea.
24 Maggio 2010 | di

È conosciuta come «la Padova del Sud». Non è un gemellaggio tra tifoserie calcistiche o tra amministrazioni comunali: ciò che lega Padova ad Afragola, 60 mila abitanti, pochi chilometri a nord di Napoli, è sant’Antonio. Infatti la cittadina campana è sede di un importante santuario, principale centro regionale – e non solo – per la devozione al frate portoghese. Il riconoscimento più recente per questa realtà è il decreto pontificio promulgato il 13 novembre 2004, col quale al santuario di Afragola è stato concesso il titolo di «Basilica pontificia minore». Basta entrare in chiesa – rifacimento di inizio ’900 su fondazioni secentesche – per capire che ci si trova in una casa del Santo. Infatti, in fondo alle tre luminose navate, dietro l’altare svetta la statua lignea a grandezza naturale di Antonio, sopra un trono. È vestito con saio, cotta e stola bianca; la mano sinistra alzata sorregge il giglio, la destra la Bibbia, punto d’appoggio per il Bambino Gesù, in piedi e regalmente coronato. Si può apprezzare la statua anche girandole intorno perché – proprio come nella Basilica di Padova – la chiesa è dotata di un ambulacro che circonda il presbiterio. Sul retro si può inoltre ammirare il busto-reliquiario che custodisce un frammento della massa corporis del Santo, dono dei frati di Padova nel 1995.


Nella notte del 20 giugno Antonio rientra in Basilica: è la «ritirata» del Santo, che torna sul trono, bardato di fastosi drappi gialli, rossi e oro, dopo aver fatto il pieno di petali di fiori, baci, preghiere, sguardi dei pellegrini assiepati lungo l’intero tragitto. Non a caso si parla di «sguardi», perché il rapporto visivo con l’effigie viene ritenuto decisivo. Lo spiega ancora il rettore: «I fedeli, osservando la statua, si fanno un’idea dell’umore del Santo: arrabbiato, triste o preoccupato. Non so come facciano, ma dipende da come percepiscono il colore dell’incarnato. Quanto sia importante per la gente vedere la statua l’ho capito qualche anno fa, in processione, quando notai un distinto signore che camminava col suo cane da pastore e al passaggio del Santo gli faceva mettere le zampe anteriori sopra le transenne perché guardasse dalla parte di Antonio. E, in maniera più toccante, l’ho sperimentato col signor Aspreno, il decano dei volontari della Basilica, che ogni giorno entra in chiesa per rivolgere lo sguardo al Santo. Rimessosi in salute dopo qualche serio problema che l’aveva portato ad affrontare anche un ricovero in ospedale, parlando di Antonio mi ha confidato: “Temevo di non vederlo più”. “Ma l’avresti contemplato in paradiso!” gli ho risposto. Non mi è sembrato convinto...».

Il rischio di idolatrare l’oggetto-scultura esiste, «ma i fedeli – precisa ancora padre Mario – al di là delle apparenze ne sono ben consapevoli. Ciò nonostante, con la statua non si scherza. L’ho toccato con mano con una bimba di pochi anni, che, vestita da fratino, camminava in processione con noi. Era stanca per il lungo sforzo, e iol’ho rincuorata dicendole: “Dai Martina, alla prossima sosta tolgo il Bambinello Gesù dalle braccia di Antonio e metto te al suo posto, così ti riposi”. Il mio voleva essere un segno affettuoso di attenzione nei suoi confronti, invece la piccola mi ha fatto un gesto di stizza, come a dire “ma guarda un po’ questo, che sacrilego!”».


Tredici, numero antoniano

Il 13 giugno non è però l’unico momento antoniano rilevante ad Afragola. Proprio quest’anno si celebra il centenario della pratica devozionale detta «Tredici del mese»: infatti ogni mese, allo scoccare del giorno 13, la Basilica si riempie di fedeli che accorrono in pellegrinaggio. Delle cinque messe officiate nel corso della giornata, la più suggestiva è quella delle 10.30 dedicata ai bambini, terminata la quale il sacerdote benedice le mamme e i loro piccoli nati dal 13 del mese precedente, donando loro in ricordo una pergamena. Significativo anche quanto avviene il 13 maggio, con la festa dell’«innalzamento dei quadri». Afragola viene divisa in – l’avreste detto? – 13 quartieri, ciascuno dei quali presenta in Basilica un vessillo raffigurante Antonio. Dopo la benedizione, ogni vessillo viene issato in un luogo significativo del quartiere, dove rimane per tutta l’estate a vegliare sugli abitanti di quelle vie. E la festa della Madonna di Fatima, che si venera nello stesso giorno? «Certo viene celebrata anche questa ricorrenza – racconta il rettore – ma per gli afragolesi il 13 maggio ha un sapore diverso. Del resto ci sono altre due date in cui il ricordo di Antonio coincide e per certi versi oscura le feste mariane. Il 31 maggio la Basilica è zeppa di fedeli non per la conclusione del mese mariano, ma per l’inizio della tredicina. Idem per il 15 agosto, festa dell’Assunta, ma anche ricordo della nascita di Antonio». A questo punto non stupisce che gli afragolesi, terminata la festa del Santo a giugno, siano soliti dire che è passat nat’ann, scandendo lo scorrere del tempo con le ricorrenze antoniane. E se il 13 diventa così importante, quale sarà la messa più sentita? Quella del 13 giugno alle ore 13.00, immancabilmente, nella quale si prega per tutte le persone – qui sono davvero molte – che portano il nome del Santo, e che possono registrare le proprie generalità sul sito www.basilicasantantonio.org.

Dopo quest’immersione afragolese, per me è ormai tempo di prendere l’aereo per rientrare a casa. I sedili sono numerati ma i posti non sono assegnati: ogni passeggero può decidere dove sedersi. Io scelgo la zona vicino all’ala. È la fila numero 13. E pensare che in alcuni aerei addirittura si salta direttamente dal 12 al 14, per via della sfortuna.

Ma chi si è sognato di inventare che il 13 porta male?


Zoom. carità, cattedra e sofà

In nome di Antonio, ad Afragola si fa molto anche in campi diversi dalla liturgia. È viva la tradizione del «pane dei poveri», e negli ultimi anni ha preso piede pure una versione parrocchiale della «Caritas Antoniana», a sostegno degli abitanti del circondario in condizioni precarie. «Effervescente» è invece l’aggettivo usato da padre Mario Folliero per descrivere la locale fraternità dell’Ordine francescano secolare (Ofs), che conta 70 laici professi e altrettanti in formazione, ed è molto attiva anche in ambito socio-politico e culturale. «Vogliamo essere una realtà propositiva e costruttiva per tutto il territorio» spiega il ministro della fraternità, Carlo Caccavale, 36 anni. In piena sintonia con i frati della Basilica, i francescani laici (nella foto, alcuni rappresentanti) hanno lanciato ad esempio la Cattedra antoniana, nata sulla scia dei festeggiamenti per l’ottavo centenario della nascita di Antonio. Per coordinare e organizzare i diversi interventi, l’Ofs ha fondato la Commissione Jpv (Giustizia, pace e salvaguardia del creato), che cura pure, a metà maggio, un’annuale conferenza su temi di stretta attualità, come i media (2010), la crisi (2009), l’emergenza rifiuti (2008).

Dello stesso tenore, in collaborazione con i comuni limitrofi e l’Ofs regionale, è la Scuola di politica, che mira a riavvicinare la gente comune e i giovani all’interessamento per il bene comune.

Infine va segnalata l’attività della Biblioteca sant’Antonio, di proprietà dei frati ma gestita dall’Ofs, che ne cura l’apertura e gli «Incontri in biblioteca». «È questo – racconta Carlo Caccavale – l’appuntamento soprannominato “Il sofà di sant’Antonio”. Rompendo il classico schema della lezione dall’alto, facciamo sedere il relatore su un divano posto molto vicino e alla stessa altezza del pubblico, che dialoga direttamente con l’esperto. Anche l’economista Leonardo Becchetti (collaboratore del “Messaggero”, ndr) ne è rimasto molto contento».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017