Il sole, energia del futuro
Nel marzo dello scorso anno abbiamo pubblicato un dossier sul clima (Questo pazzo pazzo tempo) che metteva in evidenza il sensibile cambiamento globale dei comportamenti atmosferici e le conseguenze sulla vita del nostro pianeta. A distanza di un anno, aggiorniamo la questione, non solo sempre più attuale, ma - è il caso di dire - aggravata da dodici mesi praticamente sprecati, senza far niente per invertire la tendenza.
Nel frattempo, tante cose sono accadute: nuove violenze del tempo si sono manifestate cancellando o minacciando la vita, la salute e l'economia di intere popolazioni. Non possiamo dire nel disinteresse, perché si sono tenuti vertici di scienziati e di politici (a Milano, nel dicembre scorso, ha avuto luogo il Cop 9). È mancato, invece, l'accordo, la volontà unitaria del mondo di affrontare il problema con provvedimenti forti e aventi il valore di legge.
Il cambiamento climatico è dovuto in gran parte all'effetto serra, ossia al riscaldamento dell'aria che avvolge la Terra a causa di eccessive emissioni di anidride carbonica, metano e di altri gas derivanti dalla combustione dei fossili (petrolio, carbone, legna) e dall'allevamento di grandi mandrie di bestiame. In pratica, consumando energia e nutrendoci di carne per promuovere lo sviluppo e per soddisfare i bisogni alimentari di una parte della popolazione mondiale, abbiamo sì migliorato la qualità e la durata della vita rispetto al passato (non per tutti, tanto è vero che il divario tra il ricco Nord e il povero Sud del mondo, anziché diminuire, aumenta) al prezzo, però, di due macroscopici effetti collaterali divenuti sempre meno trascurabili con il passare dei decenni: l'inquinamento e, appunto, l'effetto serra. Il cambiamento del clima non si manifesta solo con l'aumento medio, anno dopo anno, della temperatura dell'aria, ma anche con il progressivo innalzamento dei livelli degli oceani (per la fusione di una parte dei ghiacci e per la dilatazione dell'acqua dovuta al suo riscaldamento) nonché con l'esasperazione dei fenomeni atmosferici: piogge sempre più violente che provocano morte e distruzione.
Una serie di fatti nuovi
Dal marzo 2003 sono accadute molte cose e di portata tale da finire spesso sulle prime pagine dei quotidiani e nei telegiornali di tutto il mondo. In un articolo pubblicato su Science, una delle più conosciute e autorevoli pubblicazioni del settore, Sir David King , il consigliere scientifico di Tony Blair, ha affermato che il cambiamento climatico che l'umanità sta affrontando è un problema più serio della minaccia del terrorismo.
L'estate scorsa è decollata con sensibile anticipo (tra la fine di aprile e i primi di maggio) e con una virulenza prolungata e sconosciuta almeno dal 1500 in poi, come hanno affermato i ricercatori dell'Università di Berna. Le temperature, per diversi mesi mantenutesi di cinque gradi al di sopra dei valori normali, hanno contribuito a provocare, insieme alla mancanza di sensibilità sociale e di strutture organizzate, la morte di oltre ventimila anziani e cardiopatici in Europa.
Inoltre, Spagna, Portogallo e diversi altri Paesi dell'Europa centrale e orientale, hanno subito incendi estesi e devastanti, appiccati sì da criminali o provocati da incoscienti, ma favoriti da condizioni di prolungata secchezza della vegetazione e da venti forti. Sulle Alpi è stata registrata una riduzione dei ghiacci equivalente a tre metri d'acqua, quasi due volte rispetto al record del 1998.
Al di fuori dell'Europa, un caldo anomalo ha soffocato anche regioni della Russia, della Cina, del Canada e degli Stati Uniti (compresa l'Alaska). In India, nel Pakistan e nel Bangladesh almeno 1500 persone hanno perduto la vita per le elevate temperature di maggio, di poco inferiori ai cinquanta gradi. Nell'emisfero sud, un'eccezionale ondata di freddo nel mese di luglio (inverno australe) ha invece fatto precipitare a meno venti gradi la temperatura sugli altopiani peruviani: duecento morti.
Alla fine dell'estate disastrosi incendi sono scoppiati nella Columbia Britannica (Canada), mentre in autunno il fuoco ha devastato con danni record il sud della California. Verso la fine dell'anno, forti siccità hanno interessato per il quarto o per il quinto anno consecutivo alcuni stati Usa. Le successive piogge nordamericane, dopo aver sanato siccità e incendi, hanno provocato alluvioni, che in Canada sono state le peggiori degli ultimi cent'anni.
In Asia migliaia di vittime
Il monsone asiatico, nel frattempo, aveva portato le acque del Gange e del Fiume Giallo a livelli da primato, causando la morte di circa 2 mila 500 persone. In Africa orientale, le piogge alluvionali alternate a periodi di grave siccità , hanno ulteriormente aggravato l'endemica situazione economica e sanitaria.
L'agenzia ambientale dell'Onu (Unep) ha rivelato che i danni causati dal cambiamento climatico nello scorso anno sono costati al mondo ben 47 miliardi di euro (più di 91 mila miliardi di lire). Se l'umanità superasse le divergenze sulle politiche economiche da adottare e trovasse l'accordo per contenere almeno l'effetto serra, una parte di questi soldi potrebbero essere spesi per contribuire alla sopravvivenza e al futuro sviluppo del Sud del mondo, per dovere morale e per togliere acqua al terrorismo.
Cosa potrebbe accaderci ora?
Tutti sanno quanto siano avventurose le prognosi a lungo termine. Non vi sono modelli matematici né provvisori tanto abili da consentire previsioni oltre una settimana. Tuttavia, esistono seri studi, condotti da altrettanto seri istituti di ricerca, che tentano di andare oltre le colonne d'Ercole della previsione meteorologica, compiendo indagini climatiche con potenti computer.
La nota rivista Nature ha pubblicato i calcoli dell'Istituto svizzero di tecnologia. Dal punto di vista statistico, un'estate così calda come quella del 2003 dovrebbe capitare una volta ogni 46 mila anni e, con una frequenza tanto bassa, un'estate simile non avrebbe dovuto capitarci. Eppure è accaduto, il che significa che il cambiamento climatico sta forzando sensibilmente i ritmi della natura, al punto tale che - dicono i ricercatori svizzeri - una ogni due delle prossime estati europee rischierà di essere calda come quella dell'anno scorso. Messaggio ricevuto.
La maggior parte dei 7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica emessa ogni anno dall'umanità è prodotta dai più ricchi Paesi industrializzati. Gli Stati Uniti e l'Australia affermano che vi è incertezza scientifica sul vero responsabile del cambiamento climatico; il programma di riduzione delle emissioni di gas serra proposto dal Protocollo di Kyoto (vedi box) rischia di essere costoso e inefficiente; anche se applicato, non garantirebbe la risoluzione del problema e metterebbe a rischio posti di lavoro.
La Russia non sa se l'adesione agli obiettivi di Kyoto è compatibile con il suo sviluppo economico. I Paesi in via di sviluppo (Asia e Sud America) aspettano che i più ricchi diano il buon esempio, ripromettendosi di aderire successivamente a Kyoto.
L'Unione europea aderisce, invece, al protocollo, ma rischia di fatto di fallire gli obiettivi. Un recente rapporto del Commissario europeo per l'ambiente, Margot Wallstrom, afferma che solo la Gran Bretagna e la Svezia si mantengono con le emissioni di gas serra entro i limiti loro consentiti, mentre gli altri, volenti o nolenti, non ci riescono.
Che cosa si deve fare?
Primo: insistere con la volontà di trovare accordi a livello mondiale, non semplici dichiarazioni di principio o buoni propositi ma vere e proprie norme che i governi devono rispettare per evitare di pagare pesanti sanzioni economiche.
Secondo: cambiare le scelte energetiche, con gradualità ma cominciando da adesso. Visto che le vecchie strade, prima quella del carbone e poi quella del petrolio, hanno dato progresso economico ma anche inquinamento ed effetto serra, bisogna sostituire un po' alla volta le ricette del passato con quelle nuove, capaci di offrire energia senza effetti collaterali: il sole, il vento e l'idrogeno.
Oltretutto, il petrolio, secondo fonti e stime attendibili, raggiungerà il massimo della disponibilità entro 10-20 anni, dopodiché inizierà la fase discendente e l'oro nero comincerà a diminuire e a costare sempre di più. Subito dopo il 2020 inizierà la fase discendente anche per il gas naturale, mentre le riserve di carbone di chi ne dispone in maggiore quantità , gli Stati Uniti, potranno bastare per non più di 65 anni. Tutto questo porterà probabilmente a crisi economiche, tensioni internazionali e guerre.
Il sole e il vento, al contrario, sono risorse di energia pulita (senza inquinamento e senza effetto serra) e dalla disponibilità praticamente illimitata. Esistono molte regioni del pianeta dove vi è per molti mesi dell'anno radiazione solare in abbondanza. I pannelli solari che la tecnologia mette a disposizione sono in grado di convertire il dono gratuito del sole in corrente elettrica. Il vento è energia che deriva da quella solare. Poiché la nostra stella illumina con intensità diversa la superficie terrestre, da un punto all'altro si registrano valori diversi di temperatura e, di conseguenza, si attivano flussi d'aria dai punti caldi a quelli freddi. Anche in questo caso si ottiene come prodotto finale corrente elettrica, cioè energia disponibile immediatamente. È da notare che, nelle ore soleggiate e ventose, oltre a mettere in rete l'energia prodotta, si possono con essa far funzionare delle pompe in grado di sollevare masse d'acqua, in modo tale da disporre, nelle ore senza sole e senza vento, di energia spendibile facendo cadere l'acqua dall'alto in basso (trasformazione di energia potenziale, come avviene nelle cascate).
L'idrogeno, risorsa del futuro
La vera rivoluzione energetica dovrebbe poi essere rappresentata dalle celle a combustibile idrogeno. Usando le energie rinnovabili, sole e vento, si può scindere l'acqua, con il processo chiamato elettrolisi, nei suoi elementi gassosi costituenti, l'ossigeno e l'idrogeno. L'idrogeno prodotto, compresso e immagazzinato in celle, può alimentare i motori delle nuove automobili o gli impianti fissi di energia degli edifici (per illuminarli, riscaldarli, attivare fabbriche, cucinare, fare docce, far girare i computer e quanto altro serve). Le celle possono essere trasportate dai luoghi di produzione di idrogeno ad altri luoghi dove non si dispone di acqua. Anzi, così come l'idrolisi produce dall'acqua e dall'elettricità ossigeno e idrogeno, nel processo inverso dalle celle si ottiene elettricità e acqua, dunque l'idrogeno è in grado di generare nello stesso tempo due risorse preziose.
Non mancano i problemi, soprattutto economici, per la fase progettuale giovane delle nuove fonti di energia. Ma la tecnologia è in grado di risolverne alcuni, mentre va ricordato che vale la pena investire per qualche decennio somme anche ingenti di denaro per ottenere poi per sempre delle sorgenti inesauribili, pulite e con il tempo sempre più economiche. L'altra alternativa ai combustibili fossili, l'energia nucleare, comporta attualmente i gravi problemi dell'immagazzinamento delle scorie radioattive e del sia pur piccolo - ma dalle conseguenze disastrose - rischio di incidente alle centrali.