Il vescovo della pace

Da anni si batte in difesa della identità culturale, etnica e religiosa della gente di Timor Est, negata con dure repressioni dal regime di Giacarta. Di passaggio a Padova, lo abbiamo intervistato.
08 Ottobre 1997 | di

Lo scorso giugno monsignor Carlos Filipe Ximenes Belo, vescovo di Dili nell'isola di Timor Est (Indonesia), è venuto a rendere omaggio a sant'Antonio, uomo dei diritti umani e della pace. A quanti, autorità  e cittadini, hanno gremito la basilica per ascoltare la sua parola e la sua testimonianza, il Nobel per la pace 1996 ha ricordato il dramma della sua gente e chiesto per essa la solidarietà  del popolo italiano. Timor Est, la parte dell'isola già  colonia portoghese, nel 1975 con un'occupazione militare è stata annessa all'Indonesia: un colpo di mano dichiarato illegittimo dalle Nazioni Unite e contro il quale la popolazione ha messo in atto una vivace resistenza, subito duramente repressa. Secondo Amnesty International in vent'anni il regime di Giacarta ha fatto poco meno di 200 mila vittime.

Quando può, monsignor Belo gira il mondo a difendere l'identità  culturale, etnica e religiosa dei timoresi, pronto come pastore a morire per il suo gregge. Di recente dopo essere stato a Padova, monsignor Belo ha incontrato negli Usa il presidente Bill Clinton e anche a lui ha chiesto di far pressione sul governo indonesiano perché a Timor Est vengano rispettati i diritti umani. Un incontro definito 'veramente cordiale', organizzato dai vescovi americani, che il Nobel per la pace ha poi incontrato, riuniti a Kansas City, e ringraziato per l'aiuto dato al suo popolo.

Durante la permanenza a Padova, abbiamo scambiato alcune battute con il Nobel per la pace, che proponiamo, sia pure a distanza di tempo, per mantenere desta l'attenzione e l'interesse per gli amici di Timor Est, ai quali, tramite la Caritas antoniana ci unisce un forte legame di solidarietà .

Msa. Le ultime elezioni hanno aperto spiragli di luce e di speranza per il futuro del suo popolo, oppure hanno lasciato altri segnali negativi?

Belo. Credo che queste elezioni, volute dalle autorità  indonesiane, non abbiano contribuito a risolvere il problema di Timor. Sono state uno strumento utilizzato dall'Indonesia per legittimare l'annessione di Timor Est, forzando le coscienze per sostenere l'integrazione. Perciò posso dire che queste elezioni non hanno portato alcun segno di speranza.

Recentemente lei ha incontrato il nuovo segretario dell'Onu, il presidente dell'Irlanda, il ministro agli Affari esteri della Gran Bretagna, il presidente del Portogallo e altre personalità  del mondo politico internazionale. Da questi incontri è emersa una nuova attenzione verso la situazione e i problemi tuttora aperti di Timor e del suo popolo?

Sì, il premio Nobel per la pace e queste mie visite alle autorità , hanno acuito la sensibilità  verso il problema di Timor Est. Il nuovo segretario generale delle Nazioni Unite è ottimista e intende portare avanti il dialogo tra i timoresi. Proseguiranno inoltre gli incontri tra i due ministri per gli Affari esteri del Portogallo e dell'Indonesia, per trovare una soluzione internazionalmente accettata al problema di Timor. Il presidente dell'Irlanda, la signora Robinson, appoggia senza riserve l'aspirazione del popolo di Timor Est. Il nuovo segretario del Foreign Office britannico si è impegnato personalmente per la difesa del rispetto dei diritti umani a Timor Est, e ha promesso che si adopererà  per proibire la vendita delle armi ai paesi che le utilizzano contro le popolazioni civili e contro le democrazie.

Monsignor Belo, molto spesso le grandi potenze si muovono sotto la spinta di interessi economici, basti pensare al Kuwait. Questo atteggiamento si è ripetuto anche nei confronti del suo paese?

Senza dubbio. Sfortunatamente le grandi nazioni non hanno interessi economici o finanziari nei paesi del terzo mondo; solo il rispetto dei diritti fondamentali e delle aspirazioni alla libertà , e alla pace dei popoli piccoli della terra li può far muovere. Se noi avessimo avuto petrolio in abbondanza, come il Kuwait, forse non ci sarebbe stata l'invasione di Timor Est. Solo di recente si è scoperto che il mare di Timor è ricco di petrolio, e infatti l'Indonesia e l'Australia hanno firmato un trattato per la sua estrazione. Adesso non si può dire che Timor Est sia povero, anzi al contrario è ricco di minerali, caffè, petrolio. Però non vogliamo che l'aspetto economico sia la molla che spinge le grandi nazioni a interessarsi alla nostra situazione. Noi chiediamo un interesse per i diritti umani, per la pace, per la libertà .

Ci siamo avvicinando al giubileo del 2000, un grande evento che la chiesa universale vuole vivere nel segno della riconciliazione. Lei vede il giubileo come un possibile traguardo che segni la realizzazione della pace per i cattolici del suo popolo?

I timoresi celebreranno con gioia questo grande giubileo e pregheranno per la pace e la riconciliazione. Però, per arrivare a una soluzione di pace e di riconciliazione è necessario che sia fatta giustizia per il popolo di Timor orientale.

Il 'Messaggero di sant'Antonio' e la Caritas antoniana hanno contribuito con un finanziamento per la realizzazione di un poliambulatorio a Manatuto. Cosa possiamo fare ancora per il suo popolo?

Ringrazio, anche a nome del popolo di Timor per quanto il 'Messaggero di sant'Antonio' e la Caritas antoniana hanno fatto per noi. Al 'Messaggero', come rivista internazionale, chiedo di sensibilizzare le comunità  cattoliche sparse nel mondo al problema di Timor Est. Perché il problema di Timor deve essere conosciuto da tutti.

L'intervento della Caritas
antoniana a Timor Est

A Manatuto, nella parrocchia di Sant'Antonio, lo chiamano 'policlinico', in realtà  l'opera che sta per essere conclusa con l'aiuto della Caritas antoniana, è un modesto poliambulatorio di 15 metri per 20, diviso in 3 comparti: laboratorio di analisi, consultorio generale e maternità . L'opera era già  stata iniziata nel 1995, quando padre Egidio Canil e padre Mario Conte, due padri del 'Messaggero di sant'Antonio', erano in viaggio a Timor Est per portare le reliquie del Santo e si erano resi conto delle pessime condizioni sanitarie in cui versava la parte più povera della popolazione. A fine novembre 1996, tutti i fondi erano finiti e mancavano circa 30 milioni di lire per completare il 'policlinico'. Nei primi mesi del '97 la Caritas antoniana ha inviato la somma mancante. Non ci è ancora giunta notizia della fine dei lavori, ma quando sarà  a pieno regime il poliambulatorio assisterà  9500 persone all'anno, curando a basso costo i meno possibilitati e offrendo il servizio gratuitamente ai poveri.

L'ipocrita È come la iena

L'ipocrita, camuffato sotto la pelle di pecora, è come la iena, della quale si raccontano cose incredibili. La iena è un animale piccolo e selvatico, che di notte scava dove è sepolto qualcuno e si ciba dei corpi dei morti. Imita la voce dell'uomo, va dietro ai pastori nei loro recinti e, ascoltandoli a lungo e attentamente, ne impara i richiami e i nomi per poter poi esprimersi imitando la voce umana e infierire contro l'uomo, dopo averlo attirato con uno stratagemma...

Così anche l'ipocrita è un animale, perché vive bestialmente, si fa piccolo con la simulazione, è selvaggio a motivo della nefandezza della sua condotta, poiché nella notte va scavando nei sepolcri della simulazione. Come dice l'Apostolo, si introduce nelle case delle donne (cf. 2Tm 3,6), con parole melliflue e benedizioni seduce i semplici (cf. Rm 16,18) e così si ciba dei cadaveri dei peccatori. Imita la voce, cioè le lodi degli uomini; entra nei recinti dei pastori, cioè nei luoghi dove si predica e, ascoltando attentamente, impara anche lui a predicare: poi, col favore delle tenebre, inganna la gente che con la sua predicazione ha attirato a sé.

(da I Sermoni, Domenica VIII dopo Pentecoste, n. 4)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017