Inchiesta. La famiglia italiana nel mondo (5) / Stati Uniti. La nuova middle class

07 Dicembre 1998 | di

Dall'esperienza familiare alla pastorale sociale. Uno scorcio d'America in questa testimonianza di un padre scalabriniano da dieci anni direttore del Centro culturale italiano di Chicago.

Chicago
Penso che la mia stessa famiglia, per tante cose sia una tipica «famiglia italiana negli Stati Uniti». I miei genitori emigrarono in America, dal Trentino, negli anni Venti. Si erano conosciuti fin da giovani nel paesetto di Cloz, nella Val di Non, e si sposarono qui in America. Mio papà  morì negli anni Settanta. Mia mamma ha quasi 97 anni, e si trova in questo Paese da 74 anni. In questo lasso di tempo la famiglia, che ora è arrivata alla quarta generazione, è cresciuta a dismisura, e fra qualche mese conterà  100 persone. I miei genitori ebbero 10 figli, tutti sposati, eccetto due figli sacerdoti scalabriniani. Mia madre ha 25 nipoti e 37 pronipoti. Nella loro estesa famiglia ci sono ora medici, avvocati, professori, scienziati, infermiere, sacerdoti, e tante mamme e papà  sparsi in molti stati di questo vasto Paese.

Le famiglie italiane negli Stati Uniti hanno contribuito notevolmente alla crescita di questo Paese in vari settori: politica, scienza, musica, cucina, cinema, cultura, religione. Economicamente la famiglia italiana sta bene. Gli italiani sono sempre stati lavoratori infaticabili. Per loro il lavoro è una cosa sacra. Gli emigrati vennero in America appunto per trovare lavoro e per garantire alla propria famiglia la dignità  e l'agiatezza che l'Italia non aveva dato loro. Molti sono diventati imprenditori e commercianti. Ma non è stato facile: parecchi hanno sofferto i disagi della povertà  e dell'emarginazione, però hanno incoraggiato i loro figli a istruirsi, così oggi i loro discendenti hanno raggiunto elevate posizioni sociali e molti, adesso, appartengono definitivamente alla middle class americana.

Un altro esempio viene dall'ambito ecclesiastico: la Conferenza nazionale dei vescovi cattolici degli Stati Uniti conta quasi 500 vescovi. Negli ultimi vent'anni i presidenti della Conferenza episcopale sono stati tre vescovi italoamericani: il Cardinale Joseph Bernardin di Chicago, l'arcivescovo Anthony Pilla di Cleveland (uscente), ed ora il vescovo Joseph Fiorenza di Houston, appena eletto.

La religione della famiglia

Negli Stati Uniti, gli italiani e i loro discendenti sono circa 25 milioni. Il grande contributo degli italiani agli Stati Uniti è appunto il loro amore per la famiglia, la casa, i figli... Per gli italiani d'America, la famiglia è una religione: tutto è incentrato sulla famiglia. Qualche decennio fa, il Cardinale Samuel Stritch di Chicago raccomandava ai Padri Scalabriniani: «Nel vostro apostolato in mezzo agli italiani cercate di mantenere sempre vivo l'amore per la famiglia. L'amore per la famiglia è il grande contributo del popolo italiano agli Stati Uniti». Difatti quando gli americani si mettono a caratterizzare gli italiani, la prima cosa che viene loro in mente è la parola «famiglia».

A questo proposito, qualcuno ha osservato che l'Italia è in crisi perché ha la più bassa natalità  del mondo assieme alla Svizzera e alla Spagna, mentre una volta era il Paese di grandi e numerose famiglie. E la famiglia italiana in Italia potrebbe forse imparare qualcosa dalla famiglia italiana in America o dalle famiglie italiane all'estero che forse hanno mantenuto ideali e tradizioni familiari tipicamente italiani, di cui una volta gli italiani in patria erano i depositari. Purtroppo è anche vero che gli italiani d'America, specialmente le nuove generazioni, sono creature del loro ambiente, hanno i medesimi problemi, e divorziano più o meno come gli altri nella società  americana.

In genere la famiglia italiana in America è molto religiosa, e non è affatto anticlericale. Anzi, gli italiani insistono nel volere sempre il sacerdote alle loro feste, alle loro riunioni per dire la preghiera prima di incominciare i lavori o prima di mangiare. Vogliono la benedizione del sacerdote per gli anniversari di matrimonio, o in chiesa, o nelle sale pubbliche. Gli italiani che vengono dall'Italia a far visita alle nostre comunità  italiane ne rimangono un po' stupefatti.

Un'altra caratteristica della famiglia italiana è che sente il bisogno di trovarsi in compagnia di altri italiani, specialmente delle proprie regioni d origine. Per esempio, le organizzazioni italiane di Chicago non diminuiscono; anzi stanno aumentando, anche tra gli italoamericani. Durante i miei dieci anni qui al Centro culturale italiano ho visto una proliferazione di organizzazioni italiane e di feste patronali, con la santa messa e la processione per le strade della città  o dei paesetti dove si trovano gli italiani, a imitazione delle feste patronali nei loro paesi in Italia.

Una cosa interessante è che i giovani italoamericani si sentono attratti da queste feste dei loro genitori e dei loro nonni, e coltivano queste tradizioni. Gli italiani mantengono usanze religiose originali allo stato puro, come i loro compaesani le praticavano 50 o 100 anni fa in Italia. Usanze che forse sono cambiate o non esistono più nella penisola.

Nonno Leonardo e zio Verdi

Sono in molti a dire che tra le giovani generazioni degli italiani d'America c'è una rinascita di interesse per le «cose italiane»: la cultura, la storia, la lingua e le tradizioni. C'è un ritorno dello studio della lingua italiana anche nelle scuole pubbliche. Si dice che la lingua italiana non è la lingua del business, ma può diventare la lingua dell'arte e della cultura. Quando l'occasione si presenta, molti giovani universitari italoamericani cercano di compiere qualche anno di studio in Italia o di visitare i paesi dei loro antenati per ritrovare le proprie radici.

Qualche anno fa, dopo l'uscita del film Roots (Radici), tra gli americani si è diffusa la mania di cercare le proprie radici, e si è sviluppata una vera e propria «industria genealogica». Questo si può capire solo se uno vive in emigrazione. Forse per quelli che non sono mai emigrati, l'idea di cercare le proprie origini è una cosa ridicola, un'«americanata». Ma in un giovane Paese multietnico e multiculturale come gli Stati Uniti, si avverte il bisogno di sentirsi collegati al passato, agli antenati vissuti in altri Paesi e in altri tempi. Negli italiani nati in America, c'è una certa nostalgia del passato, l'orgoglio di sentirsi «discendenti dei romani» e compatrioti di Cristoforo Colombo, di Michelangelo e Raffaello, di Leonardo da Vinci e di Enrico Fermi, di san Francesco d'Assisi e di santa Caterina da Siena, di Vivaldi, Verdi, Manzoni e di molti altri grandi geni italiani.

Il giovane italoamericano è, e rimarrà  sempre, americano con l'orgoglio di esserlo. Benché sia di origine italiana, la sua mentalità  è americana, o, per così dire, anglosassone per quanto riguarda lingua, storia, leggi, gusti musicali, feste nazionali, sport e folklore. Nonostante questo, nei suoi cromosomi c'è sempre quell'italianità  che conferisce una connotazione ineguagliabile al suo modo di pensare, ai suoi valori etici e familiari, al suo modo di essere americano. E i non-italiani lo sentono. I giovani italoamericani sono cittadini di due mondi: vogliono bene al Paese dei loro antenati e amano la loro madre patria americana, però in modo diverso. Mi ricordo che quando studiavo a Roma, molti anni fa, i miei compagni italiani mi chiedevano se io, italoamericano, amavo di più l'Italia o l'America (come nella domanda che si fa al bambino: «ami di più la mamma o il papà ?»). E io rispondevo: «Amo tutte e due, ma in modo diverso: l'America è mia madre, l'Italia è mia nonna».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017