Inchiesta. La famiglia italiana nel mondo (6) / Brasile. Brasiliani che contano

06 Gennaio 1999 | di

Inizialmente isolati dalla politica del governo brasiliano, negli ultimi trent' anni gli oriundi italiani si sono riscattati facendo perno sui valori della famiglia tramandati dagli avi. E oggi sono ai vertici della società .

Alla fine del XIX secolo, il sogno del «paese della cuccagna» e di un spazio dove poter dare una prospettiva alla numerosa discendenza, indusse migliaia di famiglie italiane ad attraversare l' Oceano Atlantico e ad approdare in Brasile. La storia di queste famiglie, negli ultimi 130 anni di vita brasiliana, ha cambiato la faccia del Paese, dando un immenso contributo alla società  civile, all' economia e alla politica del gigante sudamericano.

Le modalità  di insediamento scelte dal governo brasiliano per le famiglie italiane arrivate in Brasile nel secolo scorso, ha provocato la formazione di isole etniche e culturali all' interno del Paese. Ed è appunto grazie a questo tipo di insediamento, chiamato Colonia, che l' identità  culturale della patria d' origine non solo si è conservata a lungo nelle famiglie, ma si tramanda addirittura da più di un secolo. Si deve perciò riconoscere che la conservazione delle tradizioni italiane, o tipicamente venete e trivenete, in vari stati brasiliani, non va intesa come un puro «amor di patria», ma, anzi come una conseguenza del tipo di insediamento proposto dal governo brasiliano che isolava quasi completamente le famiglie emigrate dai centri urbani esistenti, e separava le varie comunità  etniche importanti.

Tra l' inizio dell' insediamento e l' apertura dei mercati trascorre mezzo secolo. In questo periodo, e fino al 1950, la famiglia italiana non si preoccupa molto per l' istruzione dei propri figli. Le Colonie tedesche si sono sempre impegnate per avere un insegnante e una scuola. E nelle famiglie italiane, i figli sono considerati come elementi essenziali dell' economia familiare, specie nel lavoro dei campi. Fino al 1959, i figli frequentano le scuole, se ce ne sono, e solo quando piove. In questo nuovo mondo contadino sperduto tra le foreste brasiliane, il figlio dell' emigrato si analfabetizza e diventa più rozzo di quanto erano i genitori partiti dall' Italia.

Le cose cambiano con l' intervento della Chiesa, in particolare grazie a Cappuccini, Francescani, Scalabriniani, Salesiani e alle congregazioni laiche dei Fratelli Maristi e delle suore. A dire il vero, questi ordini religiosi cercarono vocazioni nelle colonie, ma in compenso impartivano una solida formazione morale e culturale ai giovani. Si diceva all' epoca che al giovane non restavano che due opzioni: «la zappa o andar via frate o marista». Le scuole statali cominciano a diffondersi soltanto nel decennio del 1950, e raggiungono l' interno delle Colonie solo negli anni Sessanta, quasi un secolo dopo l' insediamento delle famiglie italiane in Brasile.

Cultura di massa e modello italiano

Attualmente, gli italo-brasiliani compongono una comunità  di 23 milioni di persone, di cui 14 milioni sono originari delle tre Venezie. La maggioranza di queste famiglie appartengono alla quarta e alla quinta generazione, e quasi la metà  utilizza ancora una vecchia koiné veneto-portoghese nei rapporti familiari. Anche il modo patriarcale di gestire la vita familiare e l' indispensabile presenza della madre parona si sono mantenute intatte in questi centotrent' anni di presenza in Brasile.

L' altra metà  delle famiglie che ha perso l' uso dei dialetti per la necessità  di integrarsi nella società  brasiliana - principalmente quelle che si sono trasferite nelle grandi città  - continuano a passare in modo quasi inconsapevole, ma molto accentuato, ai propri discendenti, i valori che caratterizzano il loro gruppo etnico: lavoro, risparmio, religione. In questa comunità  che ha perso parte della propria identità  culturale per potersi integrare più rapidamente nella società  brasiliana, il grande gruppo dei giovani si urbanizza e si dedica oggi allo studio della lingua italiana (terza lingua straniera più studiata in Brasile!).

La necessità  di sfuggire al fenomeno della massificazione nelle grandi città , e di identificarsi con un gruppo culturale diverso da quello «tipico» brasiliano, che fosse più chic e sofisticato, ha fatto crescere questo interesse per l' italiano, collegandolo non con l' Italia (dialettale) dei nonni, ma con l' immagine moderna dell' Italia. E, mentre alcuni di questi giovani cercano e ritrovano l' Italia con la curiosità  di conoscere la Patria dei Nonni, arricchendosi interiormente, gran parte di essi lo fa, invece, con la falsa prospettiva di diventare parte dell' Italia attuale la quale, dopo essere passata attraverso il fascismo e, successivamente, attraverso «l' americanizzazione», è molto cambiata rispetto al mondo agreste da cui partirono i nostri ascendenti.

Questa dicotomia tra l' Italia moderna, ricca e prospera, ma lontana dall' Italia contadina e accogliente che popola l' immaginario collettivo della comunità  italo-brasiliana, genera equivoci nelle aspettative di migliaia di oriundi di ritornare a «casa». Questi, tentando di rientrare definitivamente in Italia, dopo 130 anni di «italianità  contadina» in Brasile, non riescono a sopravvivere in modo dignitoso nel competitivo e specializzato mercato italiano del lavoro.

Inoltre, la chiusura del sistema burocratico, lento, protocollare ed estremamente gerarchizzato della società  italiana moderna, fa andare in tilt qualsiasi proposito dell' oriundo di assimilarsi alla terra dei nonni. Manca, in questo disegno, un intervento serio dello Stato italiano e delle Regioni, a livello mondiale, per offrire a queste nuove generazioni una politica sicura di interscambio e di informazione su cos' è l' Italia moderna.

La generazione «ponte»

Negli ultimi trent' anni, la presenza italo-brasiliana nell' economia si è rivelata decisiva nella costruzione e nell' affermazione del Brasile come ottava potenza industriale. In tutte le ramificazioni del sistema produttivo ed economico, le famiglie italo-brasiliane - che sono il 15% della popolazione - realizzano il 30% del Prodotto interno lordo.

Gli Stati di Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paranà¡, colonizzati fondamentalmente da italiani e tedeschi, sono fra i più industrializzati del Brasile, e senz' altro quelli con il migliore tenore di vita. In politica c' è una situazione simile: il 14% dei membri del Parlamento nazionale sono italo-brasiliani. Negli Stati del sud, la percentuale di oriundi coinvolti nella politica cresce notevolmente. Nei parlamenti degli Stati di Santa Catarina il 58% dei membri sono italo-brasiliani, e nel Rio Grande do Sul sono il 49%.

La comunità  accademica brasiliana, dal 1970, e in contrasto con i primi cent' anni di presenza italiana, vede una crescente ascesa di italo-brasiliani che si consolidano come ricercatori, professori ed esperti nelle più diverse discipline. Il professor Flavio Fava, attuale rettore dell Università  di Sà¡o Paulo, il più tradizionale ateneo brasiliano, è italo-brasiliano. Così, anche il 19% dei rettori aderenti al Consiglio dei Rettori universitari del Brasile sono oriundi.

Come organizzazione sociale, la maggioranza delle famiglie di origine italiana partecipano alle attività  dei circoli veneti, trentini, friulani e, principalmente, italo-brasiliani. Sommando il numero di associazioni italo-brasiliane che operano a fini culturali, arriviamo a un dato impressionante: oltre 500 circoli!

Quello che oggi si tenta di fare in Brasile, attraverso l' Utrim, Unione dei triveneti nel mondo, ed altre associazioni collegate, è una politica che non perda la grandissima chance di poter contare su questi giovani come «ponte»; per costruire un collegamento concreto e proficuo fra le due Italie: quella contadina che vive in Brasile e quella moderna degli euro-italiani. Di non perdere, inoltre, l' occasione per creare una generazione cosmopolita, con i piedi nelle due aree geopolitiche dell' Unione europea e del Mercosur. Di far capire che prima del desiderio di essere parte dell' Italia moderna, ricca e prospera, viene la necessità  di rafforzare lo spazio comunitario «umanistico e latino» che ci è stato tramandato dai nostri bisnonni, uno spazio in cui la persona umana vale prima e più del capitale.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017