Inchiesta. La famiglia italiana nel mondo (8) / Belgio. Una risorsa straordinaria
Il Belgio è sempre stato una terra di accoglienza per gli italiani: già alla fine del secolo scorso ma soprattutto tra le due guerre mondiali c' era stata un' immigrazione diversificata, costituita da anarchici, antifascisti, studenti, artigiani, venditori ambulanti, operai altamente qualificati (per la costruzione di dighe e centrali elettriche nella zona di Liegi). Oggi, secondo le ultime statistiche, gli italiani in Belgio sono 205.782 (113.765 uomini e 92.017 donne); questa cifra sale ad oltre 280 mila se si considerano i doppi cittadini, coloro cioè che mantengono la cittadinanza italiana pur avendo acquisito quella belga ma che le statistiche belghe ignorano come «italiani».
C' è comunque un dato di fatto: la consistenza numerica della comunità italiana del Belgio è in diminuzione costante, proprio per il fatto che la vecchia emigrazione sta estinguendosi mentre molti degli italiani di terza e quarta generazione sono automaticamente belgi alla nascita. La chiusura del capitolo dell' epopea delle miniere non significa aver messo nel dimenticatoio coloro che hanno pagato il tributo più pesante al rilancio dell' economia del nostro Paese e del Paese di accoglienza. Tutte le miniere sono ormai chiuse da parecchi anni ma rimangono ancora molti ex minatori con problemi di salute e le angustie legate all' esercizio dei diritti pensionistici. Questi anziani lavoratori hanno la stima, la considerazione e l' affetto delle nuove generazioni.
Non è facile, oggi, analizzare i vari aspetti della comunità italiana del Belgio sotto il profilo socio-economico-culturale perché si deve tener conto di tre realtà diverse, legate alla struttura stessa dello Stato federale belga: la realtà della parte francofona (Vallonia), dove vive la stragrande maggioranza dei nostri connazionali, quella della parte fiamminga (Fiandre e Limburgo), dove l' integrazione è stata più difficile a causa dell' ostacolo della lingua neerlandese, e quella della regione bilingue di Bruxelles-Capitale, dove c' è una collettività italiana molto variegata per la presenza di componenti di ogni strato sociale.
Gli italiani sono ormai inseriti professionalmente in ogni settore del tessuto sociale ed economico belga, la loro impronta si vede dappertutto: nello stile di vita, nella gastronomia, nella moda, nell' arte... e nelle pagine delle rubriche telefoniche fitte di cognomi italiani. Gli italiani sono attivi come imprenditori, commercianti, liberi professionisti (avvocati e medici), professori d' università , ricercatori, scrittori, dirigenti sindacali, artisti, cantanti, ecc. Sono, come si è soliti dire da un pò di tempo, una «risorsa straordinaria», quella risorsa che il ministro degli Esteri e il sottogretario all' Emigrazione, quando parlano delle comunità italiane all' estero, mettono in evidenza come fattore di penetrazione economica e culturale.
Molte piccole imprese che si sono affermate nel commercio, nella ristorazione, nell' edilizia, si mantengono e si sviluppano, nonostante la crisi, grazie alla solidarietà e all' operosità di tutti i componenti la famiglia: marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, si aiutano e si sostengono per fare di più e meglio. Insomma l' unità della cellula familiare funziona. La famiglia italiana si distingue da quella belga anche per la maggiore attenzione rivolta alle persone anziane. I vecchi, quando sono in età molto avanzata, rimangono in famiglia, non vengono «parcheggiati» in ospizi o case di riposo.
Bacchettate al bel Paese
Un' osservazione che non sfugge a chi va in mezzo ai nostri connazionali è che, nelle vecchie generazioni, i sentimenti di nostalgia e di attaccamento alla patria si mescolano spesso a sentimenti di indifferenza e di risentimento. Quest' ultimo nasce dalla sensazione di abbandono, dalla mancata soluzione di tanti problemi, dalla constatazione che molte richieste sono rimaste inascoltate e insoddisfatte: per esempio i ritardi nella liquidazione delle pensioni da parte di molte sedi dell' Inps nonostante l' impiego delle nuove tecnologie, la concessione di pensioni di importo insignificante, l' incertezza del diritto per i frequenti ricalcoli di pensioni assegnate molti anni fa, le difficoltà nel pagamento delle tasse sulla casa in Italia, il criptaggio dei programmi della Rai, ecc. Nel confronto che spesso si fa tra l' Italia e il Belgio sul livello dei servizi assistenziali, le cure sanitarie e i rapporti con gli uffici della pubblica amministrazione, l' Italia ne esce generalmente perdente.
In fondo, però, nonostante le insoddisfazioni, le delusioni e le amarezze, l' amore per la patria non viene mai meno. Lo si nota dal rammarico che molti hanno di non poter avere la doppia cittadinanza. Coloro che nel passato sono stati costretti ad acquisire la nazionalità belga per motivi di lavoro vorrebbero ora riavere quella italiana ma non possono farlo perché perderebbero quella belga ottenuta con la naturalizzazione volontaria.
La questione del voto all' estero non interessa per nulla ai giovani italiani nati in Belgio, ed è sempre più scarsamente sentita dagli emigrati della prima e seconda generazione perché le promesse fatte e mai mantenute hanno creato rassegnazione, indifferenza e diffidenza. Questo spiega anche, almeno in parte, la scarsa partecipazione alle elezioni dei Comites e alle elezioni del Parlamento europeo.
C' è sicuramente molto da fare per risvegliare l interesse alla vita politica in persone che per cinquant' anni sono state private del diritto di voto. È necessaria una paziente opera di rieducazione all' esercizio della democrazia: è quello che le Acli sono impegnate a fare, per sensibilizzare la gente ad acquistare coscienza dei diritti di cittadinanza che il Trattato sull' Unione europea attribuisce nel Paese di residenza, quindi per favorire la partecipazione alle elezioni europee del prossimo 13 giugno e a quelle comunali locali dell' ottobre del 2000.
L' italiano fa retromarcia
Un discorso a parte deve essere fatto per l' identità culturale italiana. Questa, purtroppo, è in perdita progressiva, è inutile nasconderlo. L' allarme è stato lanciato a più riprese sul mensile «Qui Italia», in particolare al momento della presentazione, all' inizio del 1998, del libro «L' Italia che conosco», in cui sono raccolte le testimonianze e le impressioni di ragazzi che frequentano i corsi di italiano. Essendo la lingua l' elemento che contribuisce più di ogni altro fattore all' aggregazione e alla coesione sociale e dà contenuto alla propria identità culturale, occorre fare di tutto per conservare e tramandare il patrimonio linguistico del Paese d' origine. Le nuove generazioni sentono il fascino dell'Italia ma il loro interesse si ferma generalmente allo sport e alla musica. Tifano per la Nazionale italiana di calcio, per Marco Pantani, per la Juve, la Lazio o il Milan, vanno in visibilio per Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Zucchero e Andrea Bocelli, ma parlano sempre meno l' italiano. L' Italia la vedono prima di tutto come il Paese delle vacanze, non pensano di andarci a vivere perché stanno bene qui.
Ma sarebbe esagerato concludere che il distacco dalla lingua e dalla cultura italiana ha varcato la frontiera del non ritorno. Il cordone ombelicale non è reciso, il recupero è possibile. I giovani sentono, forse inconsciamente, l' importanza del ricco patrimonio culturale della terra d' origine dei genitori, vorrebbero imparare l' italiano, ma aspettano che si dia loro questa opportunità , hanno bisogno di stimolo e di incoraggiamento. Si dovrebbero dunque moltiplicare le iniziative rivolte ai giovani, sviluppare corsi di lingua e cultura italiana, ampliare l' accordo di partenariato tra lo Stato italiano e la comunità francese del Belgio, concluso nel giugno 1997, per l' inserimento dei corsi d' italiano nell' ordinamento scolastico belga. Occorrerebbe insomma una vera e più dinamica politica scolastica e culturale a vasto raggio, sostenuta da mezzi adeguati sia umani che finanziari.