Innanzitutto, la fede
Tutto poggia sulla fede: è ciò che ha ricordato esplicitamente il Papa ai ventidue nuovi cardinali creati nel concistoro di sabato 18 febbraio scorso. La logica della fede è il puro servizio, né più né meno, per cui l’autorità non è qualcosa che innalza sugli altri, ma orienta piuttosto a servire fino a dare la vita. Anche gli apostoli, che avevano inseguito «sogni di gloria accanto a Gesù», hanno dovuto ricredersi, e ogni volta che i cristiani non mettono bene a fuoco questo «capovolgimento evangelico», per cui il potere è dato per il servizio, sono a rischio di controtestimonianza se non di scandalo. Questo mese di aprile Benedetto XVI compie 85 anni ed entra nel suo ottavo anno di pontificato, per cui è il Papa più anziano che la Chiesa abbia avuto negli ultimi cent’anni, seppur ancora in buona salute. Sempre più la sua figura prende quota, sia per la nitidezza dei pronunciamenti sia per la mite determinazione con la quale accompagna la Chiesa nel suo cammino di conformazione a Cristo. Se i media amplificano gli scandali e ne intravedono ogni dove, il Papa si augura che a essere vista sia anche la grande fede dei cristiani: non esibizionismo religioso, ma costante atteggiamento di fiducia in una salvezza che viene dall’alto anche quando si esprime nelle azioni e negli interventi umani.
Abbiamo la fortuna di avere un Papa lungimirante, che guarda lontano e vede nella Chiesa non tanto un’organizzazione burocratica di gestione del sacro, ma un corpo vivo che comunica la vita di Gesù attraverso la Parola e i Sacramenti, attraverso la carità che è naturale espressione della fede. Anche se, d’altra parte, Benedetto XVI non ha mai chiuso gli occhi sugli scandali della Chiesa, anzi li ha spalancati e ha reagito con prontezza, domandando a intere comunità (come alla Chiesa irlandese) di fare giustizia e di emendarsi attraverso un serio cammino penitenziale. «In questo tempo segnato dagli scandali – afferma il Papa intervistato da Peter Seewald in Luce del mondo –, abbiamo fatto esperienza di quanto misera sia la Chiesa e di quanto falliscano i suoi membri nella sequela di Gesù Cristo. Di questo dobbiamo fare esperienza. Per la nostra mortificazione, per la nostra autentica umiltà. D’altro canto, Egli, nonostante questo, non abbandona la Chiesa». Ancora una volta, chi vorrebbe trascinare la Chiesa verso il basso inchiodandola agli scandali che alcuni suoi membri hanno causato, non vuol vedere il grande sforzo in atto per contrastare ogni abuso e deviazione. E se poi alcuni media vedono in altrettante fughe di notizie dalle stanze vaticane una lotta all’ultimo sangue per la successione al soglio pontificio, significa che certa informazione preferisce flirtare con la fantapolitica.
Ma torniamo alla fede. Sempre più Benedetto XVI invita i cattolici di tutto il mondo a rivedere e rifondare la vita personale e collettiva sul principio di una fede vivace e attiva, che non si riduce quindi al blando dormiveglia di un cattolicesimo abitudinario e intermittente. Il problema dell’Occidente sta proprio qui: «Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa – ha detto il Papa nell’ultimo incontro con la Curia romana – è la crisi della fede. Se a essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione e una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci». Non basta il cristianesimo del fare, dell’attivismo, delle opere pur meritevoli, se dietro a tutto non c’è una fede fondata, attraente, robusta, che è insieme adesione personale a Cristo e riferimento ai contenuti del dogma cristiano. Sì, perché il rischio della nostra epoca è di credere ognuno a modo proprio, in maniera individualistica e quindi parziale e a bassa tensione. Ma questo, appunto, non basta, ci ricorda da alcuni anni, da buon padre e maestro, Benedetto XVI.