Insieme contro le grandi sfide

Centodiciassette progetti finanziati per un totale di 4 miliardi e trecento milioni di lire, un miliardo in più rispetto al bilancio del 2000. La campagna di giugno contro l’Aids in Africa e in Brasile, la più difficile sinora mai realizzata dalla Caritas
06 Febbraio 2002 | di

 Centodiciassette progetti in 32 paesi del mondo per un totale di 2.220.650 euro (4 miliardi e trecento milioni di lire). Sono i numeri del bilancio della Caritas antoniana per il 2001. Un record dei record rispetto al bilancio già  eccezionale del 2000 che annoverava 103 progetti per 3 miliardi e trecento milioni di lire circa. Ciò significa che lo scorso anno il contributo di migliaia di lettori e associati al «Messaggero di sant`€™Antonio» `€“ giunto alla Caritas antoniana attraverso la rivista `€“ è cresciuto di un miliardo, permettendoci di raggiungere traguardi impensabili solo qualche anno fa. A noi la gioia di godere del vostro appoggio e della vostra fiducia, ma a voi, cari lettori, va il merito di rendere possibile la solidarietà  antoniana e di farla diventare fonte di speranza per migliaia di persone nel mondo. Come responsabile della Caritas antoniana, vi ringrazio di cuore non solo a nome dei frati ma di tutte le persone che state aiutando.

Aids, l`€™ultima sfida

Il bilancio di quest`€™anno è eccezionale anche per un altro motivo: accanto ai progetti classici di aiuto ai bambini, alle donne e alle famiglie, abbiamo potenziato gli interventi in un ambito precedentemente fuori dalla nostra portata, a causa dei costi e della complessità  della materia: la lotta all`€™Aids nel terzo mondo. Già  da tempo ruotavamo intorno al problema cercando di aiutare gli ospedali tribali soprattutto in Africa con acquisto di medicine, costruzione di pozzi per l`€™acqua, preparazione e stipendi del personale. Nel tempo cresceva in noi il disagio di avere armi spuntate contro un nemico sempre più potente, che oggi ha messo in ginocchio l`€™Africa e minaccia pesantemente l`€™Asia, l`€™America Latina e l`€™Europa dell`€™Est.

Secondo stime dell`€™Unaids (agenzia di lotta all`€™Aids delle Nazioni Unite), 40 milioni di persone nel mondo hanno la malattia o sono state infettate, più di 28 milioni di queste, cioè quasi tre quarti vivono nell`€™Africa Subsahariana. In quest`€™area gli infetti, in maggioranza appartenenti alla fascia d`€™età  15-49 anni, sono destinati a morire entro 10 anni se non riceveranno cure adeguate. Moriranno dunque un alto numero di genitori, nonni, zii, lasciandosi alle spalle milioni di orfani, molti dei quali già  malati. Mai il mondo ha dovuto affrontare un`€™epidemia così grave, che sta falcidiando soprattutto i Paesi poveri, ipotecando il loro futuro.

Dai missionari ci giungevano lettere sempre più accorate. Parlavano di bambini orfani a pochi giorni di vita, madri che morivano lentamente portando a termine l`€™ultima gravidanza, nonni rimasti soli con venti bambini da sfamare, piccoli malati abbandonati a se stessi. E ricordo il grido di suor Sabina, missionaria in Zambia: «Smettete di guardare le statistiche, non raccontano il dolore, la solitudine`€¦ questi non sono numeri, sono esseri umani! Non perdete tempo».

Ce l`€™aveva con il mondo suor Sabina e come darle torto. Il tormento per noi della Caritas antoniana diventava sempre più grande. Non era facile trovare il modo di agire efficacemente, senza farsi strumentalizzare e senza perdere tempo. Ma soprattutto qual era il modo migliore per evitare interventi puramente assistenziali e concentrarsi sulle soluzioni?

Una strada difficile

Il panorama era sconfortante: i Paesi dell`€™Africa Subsahariana, dove avevamo deciso di concentrare più risorse, non avevano un sistema sanitario né personale specializzato. L`€™Aids stava stroncando anche i pochi professionisti che c`€™erano. Mancavano le medicine più elementari. Come avremmo potuto curare l`€™Aids in Paesi in cui i bambini morivano di morbillo, malattia evitabilissima con un vaccino di appena 300 lire? Figuriamoci se potevamo contare sulla possibilità  di procurarci la triterapia usata dai paesi ricchi!

C`€™era un`€™ulteriore complicazione: per lanciare campagne più vaste di informazione e cura sull`€™Aids bisognava lavorare con i governi e avere dunque gli agganci giusti. Non solo, bisognava evitare le molte speculazioni in agguato. Inoltre solo i governi possono pattuire con le case farmaceutiche prezzi stracciati su alcuni medicinali.

L`€™ultimo dubbio riguardava voi sostenitori: sareste stati d`€™accordo di buttarvi con noi in questa impresa? Ve lo abbiamo chiesto lo scorso giugno presentandovi i tre progetti Aids che sono in realizzazione. La vostra risposta è stata commovente: mai una campagna Caritas antoniana è stata così accolta e così sostenuta. Ciò ci ha rinfrancati e siamo andati avanti e, come spesso accade, non da soli ma collaborando con altre associazioni o realtà  già  presenti in loco.

I tre progetti di giugno

Tra i tre progetti scelti allora, uno è un vero e proprio tentativo di trovare una via africana di lotta all`€™Aids. Ce lo ha proposto la Comunità  di Sant`€™Egidio di Roma in Mozambico, Paese con cui da anni intrattiene rapporti di amicizia e solidarietà . Il progetto si basa sulla constatazione che somministrando per un breve periodo le nuove medicine contro l`€™Aids alle donne incinta sieropositive si ottengono due risultati importanti: il bambino nasce sano e la madre può continuare a vivere per alcuni anni, assicurando al nuovo nato e agli altri figli maggiori possibilità  di sopravvivenza. In Africa, infatti, sono le madri a provvedere al sostentamento dei figli. Questo il fine del progetto. Il mezzo era ancora più interessante: ricreare in Mozambico, attraverso la ristrutturazione di tre grandi ospedali (uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud) e la preparazione del personale, un sistema sanitario di base che diventasse patrimonio dell`€™intero Paese non solo per la lotta all`€™Aids ma per la cura e la profilassi delle malattie più comuni. Il governo mozambicano s`€™impegnava a trattare con le case farmaceutiche per ottenere i nuovi farmaci a un prezzo sostenibile. Ovviamente non eravamo in grado di sostenere l`€™intero progetto, ma abbiamo accettato di ristrutturare l`€™ospedale di Anchilo (nel Nord, parte più povera) e di fornire profilassi e terapie per 335 coppie madre-bambino per un costo di 500 milioni di lire. Il nostro contributo ha fatto da volano per l`€™intero progetto che ora è sostenuto da molte altre agenzie e già  sta portando i primi frutti.

L`€™altro progetto è più assistenziale ma non ci siamo sentiti di rifiutarlo. È in via di realizzazione a Ndola, in Zambia e ci è stato proposto dalle suore francescane missionarie di Assisi che da anni si prendono cura degli orfani affetti dall`€™Aids. Si tratta della costruzione di case-famiglia per l`€™accoglienza di questi bambini, completamente abbandonati e ormai vittime della discriminazione, visto che l`€™Aids è vissuto come un`€™onta. L`€™amore, le cure, una nutrizione più adeguata permetterà  loro di sopravvivere per anni, magari fino all`€™arrivo di una terapia definitiva. L`€™intero progetto è costato 500 milioni di lire.

Il terzo progetto si trova a Santo Andrè, in Brasile, terra meno devastata dall`€™Aids rispetto all`€™Africa subsahariana. Lo abbiamo scelto perché ci siamo accorti che ci sono Paesi poveri in cui i nuovi farmaci vengono somministrati gratuitamente ma in una carenza estrema di strutture sanitarie e personale di appoggio. Il malato, lasciato a se stesso, muore comunque. Il progetto si propone come un modello da espandere. Si tratta dell`€™istituzione di una casa-famiglia, gestita da volontari e dalle suore francescane missionarie di Assisi, che accolga madri sieropositive con i loro bambini e aiuti non solo il loro recupero sanitario ma anche il loro recupero sociale e umano. L`€™amore, l`€™accoglienza e il calore funzionano meglio di qualsiasi medicina. In questo caso abbiamo donato i finanziamenti per l`€™acquisto e la ristrutturazione di un vecchio edificio, per un valore di 275 milioni di lire. Da notizie appena arrivatemi, la casa-famiglia è già  in funzione.

Le scelte del futuro

Mi sono qui limitato a descrivervi solo i nostri nuovi impegni perché, quando si inizia una strada e si è una comunità  come la nostra, è giusto spiegare ogni cosa e condividere preoccupazioni e gioie. Ciò non significa che abbandoneremo ciò che abbiamo fatto finora, soprattutto nella formazione professionale e umana dei giovani, nella lotta per il recupero della dignità  e del valore sociale della donna, nell`€™accoglienza dei bambini abbandonati o handicappati, nell`€™avviamento professionale degli adulti. Anche il bilancio che vi presento lo testimonia. Vi comunico, però, fin d`€™ora la nostra volontà  di continuare a crescere anche nella lotta all`€™Aids, per non rimanere con lo scrupolo di non aver fatto la nostra parte, di aver avuto paura delle difficoltà . Sant`€™Antonio e san Francesco prima di lui ci hanno invitato ad accettare le sfide, a credere nelle utopie. Lo dobbiamo ricordare, specie quando la strada è difficile.

Vi abbraccio con la fiducia e l`€™orgoglio di avere l`€™appoggio di una grande famiglia, unita nel nome di Antonio, apostolo della carità .

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017