Intervista all’ambasciatore italiano a Berna. Fornara: fare leva sulla cultura

04 Aprile 1999 | di

Le nuove sfide dell";integrazione in Svizzera. La promozione dell";identità  italiana nella scuola e nella società . Stagionali e sicurezza sociale tra le questioni ancora aperte.

 Berna
L";osservatorio è sicuramente privilegiato. Dal suo studio di Berna, l";ambasciatore Arduino Fornara segue da anni l";evoluzione dei rapporti fra il nostro Paese e quella verde terra che qualcuno, negli anni Sessanta, ha definito «l";America alle porte di casa». Da sempre méta tradizionale di consistenti flussi migratori provenienti dall";Italia, la Svizzera ospita oggi una collettività  italiana di antico radicamento, caratterizzata da un notevole livello di integrazione nel tessuto sociale e produttivo locale.

Msa. Nel dicembre scorso, a Vienna, è stato raggiunto uno storico accordo fra l";Unione Europea e la Svizzera che segna un sostanziale avvicinamento di questo Paese allo spirito comunitario. Come può l";Italia sostenere e accompagnare questo cammino?
Fornara.

Premesso che le relazioni tra Italia e Confederazione Elvetica possono essere definite eccellenti, va detto che è nostra profonda convinzione che la Svizzera dovrà  far parte dell";Unione Europea e che dovrà  aderirvi pienamente. Vediamo che sempre più anche gli svizzeri sono convinti di questo, e per quanto ci riguarda noi faremo di tutto per raggiungere questo obiettivo. In sede comunitaria, noi abbiamo fatto uno sforzo consistente per venire incontro a quelle che erano le esigenze della Confederazione Elvetica in merito alla questione dei trasporti. L";altra questione che seguiamo con cura, e che interessa particolarmente la collettività  italiana residente in Svizzera, è quella della libera circolazione delle persone in ambito comunitario. In questo settore sono stati raggiunti degli accordi che ci consentono di mettere a punto delle soluzioni al problema degli stagionali e della sicurezza sociale.

Dei sette protocolli per i quali è stato raggiunto un accordo, quello che forse interessa maggiormente la nostra collettività  in Svizzera riguarda proprio la libera circolazione delle persone in ambito comunitario. A quando una Svizzera senza confini per noi italiani?

Vi è un cosiddetto periodo transitorio, che durerà  alcuni anni, nel corso del quale la libera circolazione subirà  ancora delle limitazioni che, però, non dovrebbero concernere le collettività  dei Paesi già  membri dell";Unione Europea, come quella italiana, quella spagnola e quella portoghese. Sono queste, infatti, collettività  fortemente integrate nel tessuto elvetico, in particolare quella italiana.

Secondo dati del ministero degli Esteri, gli italiani attualmente iscritti all";anagrafe consolare in Svizzera sono 461.400. Una presenza ancora molto forte, in controtendenza rispetto ad altri Paesi tradizionalmente méta della nostra emigrazione...

Sì, tenga inoltre presente che in relazione agli anni passati, la collettività  italiana è leggermente in discesa a causa del rientro di coloro che ormai hanno terminato di lavorare e vogliono trascorrere gli ultimi anni nel Paese d";origine. Dunque, noi abbiamo una collettività  fortemente integrata e solo lentamente in discesa. In determinati settori, come quello della sicurezza sociale o quello dei frontalieri, abbiamo raggiunto dei risultati, forse non del tutto sufficienti, ma che già  presentano delle soluzioni. Il numero al quale lei ha fatto riferimento è inoltre un numero che dovrebbe includere gli italiani con doppia cittadinanza, che hanno conservato quella italiana e hanno acquisito quella svizzera. È evidente che per costoro i problemi sono leggermente differenziati, perché essendo anche cittadini svizzeri possono aver già  trovato nella doppia cittadinanza la soluzione naturale a determinati problemi.

È in corso un vivace dibattito sulla valorizzazione all";estero del nostro ricco patrimonio culturale. Cosa si sta facendo e cosa si farà  prossimamente in Svizzera?

Direi che qualcosa si è già  fatto, ma siamo all";inizio di un nuovo percorso. A mio avviso, il modo in cui ci si è mossi nel passato non è quello che dovrebbe essere attuato. È chiaro che bisogna avere dei mezzi. È altrettanto chiaro che abbiamo a che fare con un Paese, la Svizzera, estremamente sensibile e ricettivo alla cultura italiana in senso lato. Lo si è visto in occasione della Settimana Culturale italiana dello scorso anno, che ha avuto un successo che è andato oltre le previsioni. Noi, pertanto, anche con l";aiuto degli svizzeri, dobbiamo cercare di incrementare la presenza culturale italiana. Abbiamo una cultura estremamente ricca, abbiamo degli svizzeri che sono estremamente sensibili ad essa: io penso che sia un";iniziativa, quella di incrementare la nostra presenza culturale, destinata ad avere certamente successo. Bisogna pertanto organizzarci in questo senso e aver qualche mezzo in più: è ciò per cui ci battiamo e sono relativamente ottimista.

Un altro tema particolarmente caro ai nostri connazionali è il futuro delle istituzioni scolastiche italiane operanti in Svizzera. Vogliamo fare il punto sulla questione?

Noi abbiamo, allo stato attuale, circa 1.400 corsi di lingua e cultura italiana seguiti da circa 16.000 studenti. Purtroppo, però, questi corsi non hanno ancora la valenza che dovrebbero avere presso le scuole svizzere. Io mi auguro che le conversazioni attualmente in corso con le competenti autorità  scolastiche elvetiche portino a dei risultati più soddisfacenti rispetto a quelli attuali. Cosa vuol dire questo? Vuol dire quella valenza differente, più massiccia che i corsi di lingua e cultura italiana debbono avere presso il sistema scolastico svizzero e che ancora non hanno. In particolare, a Zurigo è in funzione un Istituto scolastico italiano che raggruppa alunni della scuola materna, elementare e media.

Qual è la funzione che la nostra rappresentanza diplomatica assegna a questa e alle altre scuole italiane presenti in Svizzera, e come vede il loro futuro?

Sia per quanto riguarda Zurigo, sia per altre zone dove esistono scuole italiane, la presenza dell";ambasciata si manifesta sempre più massiccia. Io credo che il futuro della presenza scolastica italiana, a Zurigo come in altre città  svizzere, debba essere tale da consentire un maggiore peso che queste scuole possono e debbono avere nei riguardi del sistema scolastico globalmente considerato. Abbiamo ancora delle istituzioni che, per un verso o per l";altro, presentano ancora delle difficoltà  di percorso. Difficoltà  che possono andare dai fondi a disposizione, che magari non sono sufficienti per fare quello che l";istituzione scolastica vorrebbe fare, a problemi che hanno con le autorità  didattiche locali. Così come per i corsi di lingua e cultura, anche per le istituzioni scolastiche italiane presenti nella Confederazione Elvetica bisogna svolgere un";attività  che le potenzi, dia loro una valenza maggiore, un peso maggiore e pertanto un collocamento migliore nell";ambito del sistema scolastico svizzero.

Rispetto a venti o trenta anni fa, la nostra collettività  italiana in Svizzera è sicuramente molto più integrata. Concludendo, vogliamo tracciare un rapido bilancio di questo itinerario?

Lei ha detto una cosa molto esatta, parlando di una maggiore integrazione rispetto a venti o trenta anni fa. Quelli erano gli anni della nostra emigrazione forzata, alla ricerca di un lavoro. A quell";epoca i consolati dovevano dare massima assistenza ai nostri connazionali, con la priorità  all";inserimento nel mondo del lavoro. Oggi tutto questo, fortunatamente, non esiste più. L";integrazione dell";italiano nel tessuto sociale elvetico è in via di grande progressione, non soltanto nel mondo del lavoro, ma nell";intera società . Oggi l";italiano che risiede in questo Paese da tanti anni viene accettato come un cittadino della Confederazione Elvetica. È bello poter dire che queste sono le nostre caratteristiche: ci integriamo, ma dentro ci sentiamo, e continuiamo a sentirci, ancora italiani.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017