Invito alla solidarietà

01 Giugno 1996 | di

Non è certo buona l'aria che tira. Quella almeno che soffia sul fuoco dell'egoismo e della divisione. È certamente legittimo, da parte dei cittadini pretendere uno stato più efficiente, meno sprecone, meno accentratore, che consenta alle energie locali di esprimersi, di provvedere direttamente alla soluzione dei problemi, di progettare il futuro in sintonia con le proprie tradizioni e la propria cultura. Siamo, però, perplessi quando la giusta richiesta travalica in egoistica difesa dei propri interessi, in una separazione che neghi la solidarietà , cemento di ogni rapporto umano e irrinunciabile atteggiamento cristiano.
Non una solidarietà  cieca, ovviamente, che degeneri in mortificante assistenzialismo, ma una solidarietà  vigile, che promuova le persone, che ne rispetti la dignità  e le ponga nelle condizioni di superare i momenti di disagio e di sfortuna, con il proprio impegno. Nulla a che vedere, per rifarci a una prassi recente e ben nota, con gli aiuti «a pioggia», senza precisi progetti, che finiscono poi nelle tasche dei soliti furbi, intrallazzatori politici o malavitosi. Uno stile di solidarietà  che ha già  una miriade di efficaci realizzazioni nelle iniziative del volontariato. E al quale si ispirano i progetti che la Caritas antoniana propone alla generosità  dei lettori del «Messaggero».
Per i progetti di quest'anno tale finalità  è perseguita in modo ancor più dichiarato ed evidente. Ognuno di essi è preordinato perché, nei limiti del possibile, possa incidere nella radice del disagio che si intende limitare, dando alla gente le opportunità  e gli strumenti per venirne a capo, impegnando le proprie capacità  e le proprie forze. Solo così i «beneficati» recuperano anche dignità  e consapevolezza, acquisendo conoscenze e tecniche che sono la sola garanzia per una uscita sicura dal sottosviluppo.
I progetti sono quattro: uno per ogni continente (Australia esclusa), per simboleggiare l'universalità  della devozione a sant'Antonio. Alla vita e al pensiero del Santo di Padova, infatti, si ispira la nostra solidarietà , e i progetti saranno i monumenti più degni per ricordare un centenario (l'ottavo della nascita del Santo) la cui eco non s'è ancora spenta.
Con lo spirito che si diceva, nel Nicaragua, paese centroamericano, proponiamo il finanziamento di un centro di formazione per contadini, gestito dalla gente del posto. Lo scopo è di aiutarla a recuperare fiducia nelle proprie capacità , conoscenza dei propri diritti e delle tecniche di lavorazione adeguate a ricavare dalla terra e dalla pesca quanto serve a vivere, ma anche a porre le basi di uno sviluppo dagli esiti per ora solo sognati.
In Albania finanzieremo la costruzione di una strada, indispensabile per sottrarre alcuni paesi di montagna da un isolamento umano ed economico che potrebbe convincere molti a cercare in altre nazioni condizioni di vita accettabili. Una strada insomma, per evitare uno sradicamento innaturale e non privo di conseguenze.
Identiche intenzioni - vanificare cioè la tentazione dell'espatrio - ha il progetto nel Kerala, una regione dell'India. Esso prevede la costruzione di una scuola professionale per consentire ai giovani, poveri di mezzi economici ma culturalmente spesso ben preparati, di acquisire conoscenze tecniche per essere inseriti nella nascente industria elettronica e meccanica, e quindi rimanere nel proprio paese.
Più complessa, invece, l'iniziativa prevista per il Kenya, dove le persone da aiutare e da promuovere sono ragazze (con i loro bambini) cadute, per disavventura e bisogno, nelle maglie della prostituzione. Come troverete ben descritto nell'inserto che presenta i progetti, in queste ragazze è forte il desiderio di riscatto, di uscire da una situazione di umiliante e pericoloso degrado (l'Aids non è il solo rischio); ma hanno bisogno di altre opportunità  per sopravvivere, e bisogna crearle con l'istruzione, il lavoro, la solidarietà ...
Non saranno certo questi piccoli «atti di giustizia», che insieme compiremo quest'anno, a sconfiggere l'immane ingiustizia che irretisce nel sottosviluppo e nel degrado umano due terzi dell'umanità . Ma sarà  sempre meglio di niente. È pur sempre, comunque, una mano tesa, un ponte lanciato verso quei fratelli che stanno peggio di noi, nel segno della fratellanza universale, di quell'essere figli dello stesso Padre, con gli stessi diritti a una vita dignitosa, al quale Giovanni Paolo II fa sempre riferimento per spingere tutti, singoli e nazioni, a uscire dal bozzolo dell'egoismo entro il quale qualcuno vorrebbe ricacciarci, e che è uno dei mali peggiori del nostro tempo. Sant'Antonio, che fu in vita intrepido difensore dei poveri e del quale in questo mese ricorre la festa, ci ispiri e ci protegga.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017