Nella foto di repertorio, persone in situazione di disagio economico cercano, tra gli avanzi del mercato settimanale, del cibo ancora commestibile. © Bernard Bisson/Sygma via Getty Images

Italia: povertà alimentare in aumento

Il Rapporto «Fragili equilibri» di ActionAid Italia, fotografa un aumento di quanti, in Italia, non possono più fare pasti regolari, oppure riducono quantità e varietà del cibo.
| Sabina Fadel Caporedattrice

Quando con lo stipendio o con la pensione si fatica ad arrivare a fine mese, il cibo è tra le prime cose sacrificabili. Accade anche nella nostra Italia, la patria della buona e sana alimentazione, dove il cibo ha un valore simbolico, oltre che nutrizionale, e serve, più che altrove, a creare comunità e relazioni. Eppure, se i soldi non bastano per la gestione della vita familiare, il cibo diventa spesso la prima voce su cui risparmiare, per poter pagare affitto, bollette, spese mediche necessarie.

Il fenomeno è puntualmente fotografato dal rapporto Fragili equilibri, realizzato dall’associazione internazionale indipendente, impegnata contro povertà e ingiustizie, ActionAid Italia, sui dati Istat, reso noto lo scorso 18 luglio, che «accende i riflettori su una realtà ampia, trasversale e in gran parte sommersa: in Italia, nel 2023, quasi sei milioni di persone hanno sperimentato almeno una forma di deprivazione alimentare materiale o sociale, con incidenze più elevate nel Mezzogiorno e tra famiglie con figli, lavoratori precari e persone di origine straniera» e «oltre 4 milioni di famiglie risultano a rischio povertà alimentare».

Chi si trova a non potersi permettere pasti regolari, a dover rinunciare alla qualità, a ridurre la varietà del cibo o le occasioni di convivialità (come una semplice pizza in compagnia) non sono solo «persone in condizioni di grave indigenza, ma chi, pur non rientrando nelle soglie ufficiali di povertà, vive situazioni di precarietà lavorativa, abitativa e sociale», si legge nel Rapporto. E «una parte consistente di queste persone – circa il 60% – non rientra nelle categorie ufficialmente considerate a rischio di povertà, segnalando una vulnerabilità diffusa anche tra i redditi intermedi».

Il fenomeno appare purtroppo in aumento: rispetto al 2022, le persone in povertà alimentare sono cresciute nel 2023 di circa 680mila unità, in gran parte a causa del rincaro dei prezzi alimentari che nel 2023 hanno registrato un +9,8%. E così, tagliare sul cibo diventa una scelta obbligata, che però, oltre ai danni, genera anche una forma nuova di esclusione che coinvolge «anche lavoratori e famiglie con redditi medi».

La povertà alimentare colpisce non solo il Sud tradizionalmente più povero, ma anche il Nord benestante: se la Campania conta 877mila persone in difficoltà (la Puglia 721mila, la Calabria 503mila e la Sicilia 540mila), la ricca Lombardia non pare passarsela meglio, con 714mila persone coinvolte (e il Veneto ne registra 396mila). Se, invece, si analizza la questione in termini percentuali, il Sud appare decisamente più penalizzato, con la Calabria che risulta avere l’incidenza più alta (31,7%), seguita da Puglia (21,3%) e Campania (18,4%); ma fanno capolino pure la Lombardia con l’8,3% e il Lazio con il 15,2%.

«Rispetto al 2019 – si legge ancora nel Rapporto –, si rilevano progressi in alcune regioni del Sud, come Basilicata (-14,4 punti) e Sicilia (-13,6), ma emergono segnali allarmanti in territori come la Calabria, che registra +14,8 punti, e la Sardegna con +4,9».

Significativa pure l’età delle persone coinvolte: i più esposti a povertà alimentare sembrano infatti essere quanti hanno tra i 35 e i 44 «una fascia in cui si concentrano responsabilità economiche e familiari, spesso senza una sufficiente stabilità» spiega ActionAid. E anche la condizione lavorativa è determinante: «I tassi più alti – si apprende ancora dal Rapporto – si registrano tra disoccupati, lavoratori precari e persone escluse dal mercato del lavoro». E «anche la composizione del nucleo familiare influisce: le famiglie numerose, monogenitoriali o unipersonali sono più colpite, perché un solo reddito deve coprire spese elevate o perché le entrate non sono adeguate rispetto al costo della vita». Ovviamente, in questo quadro di difficoltà i più penalizzati risultano essere ancora una volta i soggetti con background migratorio: «In particolare, le donne migranti che vivono nel Sud Italia risultano tra le più colpite dal momento che le disuguaglianze legate all’origine si sommano a quelle economiche, abitative e occupazionali, ampliando il divario nell’accesso a un’alimentazione dignitosa».

Ma che cosa si può fare di concreto per arginare la povertà alimentare?

«Non basta aumentare gli aiuti – conclude Roberto Sensi, Responsabile Programma povertà alimentare per ActionAid Italia –. Serve un sistema pubblico fondato su giustizia sociale, universalismo e partecipazione. Riconoscere il diritto a un’alimentazione adeguata significa uscire dalla logica dell’emergenza e affrontare le cause strutturali del problema. Solo così sarà possibile progettare politiche più eque, inclusive e capaci di restituire dignità e autonomia alimentare a tutte e tutti».

Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»! 

Data di aggiornamento: 24 Luglio 2025