Italia: sperimentazioni in corso

Sono una trentina le richieste di sperimentazione di manipolazioni genetiche su prodotti vegetali destinati al consumo presentate lo scorso anno; per quello in corso se ne prevedono molte di più: per ora si tratta di sperimentazione, però...
11 Luglio 2000 | di

Chissà  se i nostri pronipoti, andando - durante le vacanze - a visitare un qualche museo, si troveranno di fronte a una bacheca contenente un piatto di spaghetti e una costata alla fiorentina, e, parlando coi loro figlioletti, diranno: «Guarda un po' che razza di schifezze mangiavano i nostri antenati!»...
Sta di fatto che le abitudini alimentari stanno già  cambiando oggi in modo rivoluzionario: non tanto per via degli hamburger e della coca cola, divenuti simboli universali, quanto soprattutto per l' impatto che le biotecnologie stanno esercitando sulla tavola. E non c' è bisogno di andare in futuristici laboratori americani: sono una trentina le richieste di sperimentazione di manipolazioni genetiche su prodotti vegetali destinati al consumo umano, presentate in Italia solamente lo scorso anno; nel 2000 se ne prevedono molte di più.
Di queste richieste, ben ventiquattro hanno già  ricevuto il necessario assenso, anche se c' è da precisare che nessuna di esse riguarda l' autorizzazione all' immissione in commercio di un prodotto geneticamente modificato. Le sperimentazioni di bioingegneria attualmente in corso nel nostro paese riguardano le barbabietole da zucchero, il mais, i pomodori, le melanzane, il riso, la soia, i meloni e le angurie. Tutti prodotti che vengono coltivati in campi sperimentali, distribuiti un po' in tutte le regioni, per una superficie complessiva di circa 170 ettari.
Siamo dunque ancora ai piccoli numeri. Ma anche qui, come già  accade per la medicina, il
boom delle biotecnologie è destinato a esplodere in fretta, alimentando forti preoccupazioni nella pubblica opinione. Per capire la possibile portata del fenomeno, basterà  dire che oggi come oggi il 20 per cento del reddito delle famiglie europee è destinato all' acquisto di alimenti e bevande, per un consumo annuo complessivo di 500 miliardi di Ecu (lo scudo europeo, che al momento rimane l' unità  di conto nella Ue in attesa dell' introduzione dell' Euro; un Ecu vale poco meno di duemila lire). E gli occupati nel settore degli alimenti e bevande, sempre in Europa, sono quasi due milioni e mezzo, oltre a dieci milioni di persone occupate nel settore agricolo, per la maggior parte in piccole imprese.
È comprensibile dunque che il problema della sicurezza dei prodotti alimentari tenga ben desta l' opinione pubblica, allarmata dalle polemiche sui rischi legati all' impiego di organismi geneticamente modificati nella produzione di alimenti e medicinali, organismi che sono ormai migliaia. Si tratta di quell' ampio settore che va sotto il nome di «biotecnologie verdi», e che in tutto il mondo vede già  oltre 30 milioni di ettari, pari al 10 per cento della superficie agricola irrigabile mondiale.
Già  oggi, il 60 per cento dei prodotti alimentari consumati negli Stati Uniti contiene organismi manipolati geneticamente, o un loro prodotto; e negli Usa, dal 1993 a oggi sono stati rilasciati nell' ambiente più di 5 mila organismi geneticamente modificati. Gli esperti prevedono che tra qualche anno il modo di coltivare piante nei campi e di produrre cibo per l' uomo sarà  basato essenzialmente sull' ingegneria genetica.
Tutto questo spiega le forti reazioni che ci sono state a Seattle prima, a Davos e a Genova poi, in occasione di altrettanti incontri di governi o manifestazioni scientifiche sull' argomento. I consumatori temono di venire esposti a rischi pesanti, e chiedono provvedimenti a tutela della loro salute; i vari stati rispondono cercando di offrire servizi concreti non solo di informazione, ma anche di garanzia. Negli Usa, ad esempio, Clinton ha lanciato un iniziativa per la sicurezza alimentare (la Food safety initiative), per la quale sono stati finora stanziati circa 200 milioni di dollari; e l' Unione europea ha riorganizzato interamente i propri servizi nel settore.
Ma evidentemente non basta, anche perché la ricerca scientifica cammina più in fretta delle leggi e delle burocrazie. In mezzo a questa forbice stanno i consumatori. Ai quali, almeno per ora, rimane come difesa concreta il buon vecchio piatto di pastasciutta!

   
   

   

ROBOT SEMPRE PIà™ INTELLIGENTI      

I n guerra come in pace, in battaglia come al lavoro, saranno bravissimi. Anche perché si tratta di robot sempre più intelligenti e in grado di interagire con l' operatore umano pur se collocati in situazioni di rischio o comunque particolarmente difficili. Gli esperti in robotica       dell' università  inglese del Surrey li stanno mettendo a punto aumentando le informazioni e le immagini contenute nelle macchine con nuove tecniche di realtà  virtuale.
L' obiettivo è quello di mettere a punto robot che siano totalmente autonomi, e di dotarli dell' intelligenza necessaria per affrontare qualsiasi possibile scenario. Il concetto chiave che sta alla base della ricerca viene definito di «realtà  aumentata», vale a dire una fusione tra immagini colte dal mondo reale, e informazioni e dati aggiuntivi che possono aumentare e completare le informazioni derivate dalle stesse immagini. I robot sperimentali inglesi sono dotati di due videocamere montate su un collo meccanico, e i flussi di video-dati provenienti da esse si combinano in modo tale da creare un' immagine tridimensionale.

SU UNA MANO LA VITA DI UN       AUSTRALOPITECO      

L

a lettura della mano è una pratica diffusa per capire il carattere di una persona. Ma quando è quella di un nostro remoto antenato, la cosa è decisamente più interessante: per la prima volta, la mano e l' avambraccio completi di un australopiteco (appunto uno dei nostri più antichi progenitori), aiuteranno gli studiosi a far luce sul suo comportamento. La scoperta è avvenuta in Sudafrica grazie a un       paleontologo inglese,   Ron Clarke . I resti, che datano circa 3 milioni e mezzo di anni, sono stati portati alla luce in una grotta a una trentina di chilometri da Johannesburg. A quanto sembra, la vita di questo primo ominide doveva essere molto simile a quella delle scimmie. La mano presenta un pollice opponibile e delle falangi curve proporzionalmente allungate, simili a quelle che oggi permettono alle scimmie di aggrapparsi ai rami. Inoltre, l' articolazione del suo gomito somiglia a quella di un orango, specie nota proprio per la facilità  con cui si arrampica tra le       cime degli alberi. Il fatto è che a quei tempi era decisamente pericoloso passare la notte al suolo; dunque, per dormire questi ominidi dovevano       costruirsi rifugi aerei sugli alberi, e trascorrere lassù anche una parte della giornata alla ricerca di cibo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017