Italian Pride nel Midwest
Nella mia recente visita alla comunità italiana di Chicago, ho incontrato il console generale d";Italia, Enrico Granara. Un lungo incontro che mi ha fatto conoscere la variegata presenza italiana nella vasta circoscrizione consolare. Ecco alcune delle molte domande rivolte al console durante il nostro colloquio.
Msa. Che rilievo ha il consolato di Chicago nella rete diplomatica italiana in Usa?
Granara. Negli Stati Uniti, quando parliamo del Midwest, ci riferiamo a una regione centrale, tra le due coste. Il consolato generale di Chicago occupa nel Midwest una circoscrizione estesa come il Messico e comprende undici stati tra i quali il Colorado, grande come l";Italia senza le isole, o stati dove c'è una notevole concentrazione di italiani come il Wisconsin o il Missouri, nella cui capitale, St. Louis, c'è ancora un quartiere italiano sviluppatosi attorno alla parrocchia di St. Ambrose on the Hill, con un migliaio d";italiani con passaporto. La presenza, però, degli italoamericani in quella parte del Missouri supera le centomila unità .
Quali attività promuove il consolato a favore della comunità italiana, e quali iniziative per far conoscere l";Italia agli americani?
Da tre anni il consolato ha riscoperto la vocazione fondamentale di promuovere la lingua e la cultura italiana come chiave per il recupero o l";aggiornamento di un";identità culturale a favore degli italoamericani che da più di una generazione hanno perso questo strumento di comunicazione e di collegamento con la patria d";origine.
Siamo facilitati dal fatto di godere di una simpatia spontanea per l";Italia e dalla constatazione che, secondo i dati di un gruppo di studio britannico su fonti americane, la lingua italiana è la quarta lingua studiata negli Stati Uniti, e che solo il 40% di chi la studia ha origini italiane. Dobbiamo tenere presenti questi dati. È significativo il fatto che, dopo l";indirizzo politico-culturale approvato dal governo italiano nel 1996, sia aumentata la disponibilità di corsi d";italiano collegati ai programmi scolastici dei Paesi ospitanti. Ci troviamo, quindi, a gestire risorse poco ingenti ma significative per avviare dei progetti pilota mirati a un nuovo concetto di studio dell";italiano fuori dalle scuole pomeridiane o dai corsi per figli d";emigrati, che rispondono a criteri ormai superati.
La nuova impostazione vuole andare incontro a comunità completamente assimilate. Da una fase iniziale che comprendeva un migliaio di allievi, ora abbiamo già duemila alunni, soprattutto giovanissimi, sui quali insistiamo perché è l";età in cui si crea la migliore pronuncia e il migliore interesse verso la nostra lingua. Operiamo in dodici scuole dove risiedono le comunità occidentali di Chicago, ma abbiamo gettato le basi per espandere questa nostra presenza.
Dopo essere stato presentato da alcuni deputati d";origine italiana, ho potuto recentemente parlare all";Assemblea legislativa, in sessione congiunta, dello Stato dell";Illinois. Di fronte ai 170 deputati ho perorato la causa del finanziamento di una legge di spesa che vada incontro allo sforzo del governo italiano. Rispetto ai 130 mila dollari devoluti ogni anno dal governo italiano, ho chiesto all";Assemblea di raddoppiare la loro parte, permettendo così l";espansione dei nostri programmi anche fuori Chicago, tra le comunità in cui esiste una domanda d";italiano. Da un sondaggio fatto attraverso le strutture scolastiche americane, abbiamo scoperto che ogniqualvolta si chiede nelle scuole che lingua si vorrebbe studiare, l";italiano è indicato dal 60% degli alunni. Quindi la simpatia spontanea esiste, e a questa si deve rispondere nel modo più articolato, trovando le alleanze e i collegamenti più adatti.
Chicago è inserita in uno dei quadranti più altamente industrializzati degli Usa. In questo contesto economico e sociale, com'è andata evolvendosi la presenza dei nostri connazionali?
Quando parliamo dei nostri connazionali, nella circoscrizione di Chicago, ci riferiamo a un numero di 23mila 500 persone, molte delle quali appartengono all";ultima ondata migratoria risalente agli anni Cinquanta-Sessanta. Un";emigrazione prevalentemente dal Sud d";Italia: dalla Calabria, specie dalla provincia di Cosenza, e dalla Puglia, soprattutto da Mola di Bari. È stata un";ondata migratoria di manodopera, di piccole attività artigianali e commerciali. Ma a quarant'anni di distanza, si è creata un";altra presenza italiana fatta di trasferimenti individuali, spesso per borse di studio, che hanno portato in Usa tanti laureati italiani in materie scientifiche per ricerche e specializzazioni. Si è venuto a creare così un ceto di medici e scienziati di una certa importanza, tanto che oggi ci sono centinaia di italiani laureati, inseriti nei migliori centri ospedalieri dell";Illinois, a cominciare dalla North West University di Chicago, con nomi di punta nella ricerca oncologica, neurologica e cardiologica. Tra i grandi ricercatori, mi piace ricordare il professor Michele Carbone, oncologo alla Loyola University.
Rilevante è anche la presenza di banche italiane, dato che nel territorio di Chicago e del Wisconsin c";è il maggiore investimento industriale italiano in America. Emerge la presenza del Gruppo Fiat, attraverso il sottogruppo New Holland, acquistato anni fa dalla Ford. Ora il gruppo sta attuando un processo di razionalizzazione dei costi e di rafforzamento delle sinergie con un investimento generale di undici miliardi di dollari per eguagliare la più immediata concorrente mondiale, la John Deere. Ciò non porta ad avere una presenza di maestranze italiane ma solo di dirigenti inseriti in questo gruppo denominato «CNH Global», con sede a Lake Forest. Oltre alla Fiat, nel vicino stato dello Iowa, opera l";impianto della Barilla. L";Italia è, inoltre, il primo partner degli Stati Uniti nel «Fermi Lab», il laboratorio sull";accelerazione delle particelle nucleari, presso il centro di Battaglia, con un centinaio di fisici e ingegneri nucleari italiani provenienti dall";Istituto di fisica nucleare dell";Università di Pisa. Parlando di presenze italiane nel Midwest, non posso non ricordare il professor Rudolph Vecoli, da trent";anni responsabile del «The Immigration History Research Center» di Minneapolis, il maggiore centro di ricerca sulla storia dell";arrivo degli italiani in America. Il Centro richiede ora nuove risorse umane e un";attenzione particolare del nostro ministero agli Affari Esteri e delle istituzioni italiane per la sua continuità .
Qual è l";identità dei giovani italoamericani che vivono a Chicago?
Quello dell";identità è un discorso molto complesso. In Usa, e a Chicago in modo particolare, convivono italoamericani di diverse generazioni. Se dialoghiamo con i figli dell";ultima ondata, venuta nel secondo dopoguerra, vediamo che non sono differenti dai figli della terza o quarta generazione. La questione deve allora essere posta in termini diversi. Dobbiamo, cioè, fornire strumenti di avvicinamento a un";offerta culturale, partendo dalla lingua italiana, supportata da programmi culturali, come l";iniziativa dell";Istituto italiano di cultura, diretto da Lidia Ramogida, che tra l";altro ha presentato una serie di film di Valerio Zurlini, Germi, Totò e di altri autori con sottotitoli in inglese. Nei giovani italoamericani è stata tramandata da tre generazioni un";idea dell";Italia che non corrisponde più alla realtà . Mi ha fatto specie apprendere, un giorno, come una giovane insegnante italoamericana presentava, ai giovani di un college, l";Italia come un Paese senza fognature e acqua corrente, ancora arretrato nella concessione di alcuni diritti civili: quasi a giustificare la fuga di tanti emigranti. Il nostro dovere è di dare un";idea moderna dell";Italia, nel bene e nel male.
Cultura e made in Italy sono i nostri primi lasciapassare per gli Stati Uniti. Che cosa domandano di più all";Italia gli italoamericani e gli americani non di origine italiana?
Se facciamo riferimento all";attività instancabile dei due lettori inviati dal nostro ministero agli Affari esteri per la Loyola e la Washington University di St. Louis e per l";Università di Chicago, la domanda è sterminata. È però un impegno rivolto a un ambiente selezionato che ha scelto volontariamente di studiare la nostra lingua e cultura. La massa non ci chiede molto: esiste un interesse spontaneo, una grande simpatia perché l";Italia viene avvertita attraverso i segni più evidenti del suo stile di vita, per la moda, il design, l";abbigliamento, la cucina. Percorrendo la Michigan Avenue, la maggioranza delle vetrine hanno nomi italiani: questo porta un";immagine positiva dell";Italia come il Paese della qualità , del buon vivere, del buon gusto. Facilita il nostro compito, anche se dobbiamo far comprendere che dietro a quest";immagine estetica esiste una concezione umanistica della vita, i valori dell";Umanesimo che abbiamo ereditato dal nostro Quattrocento e Cinquecento. Esistono, in questo ambito, degli interessi specifici, come quello della Newberry Library, che testimoniano come l";Umanesimo italiano sia riconosciuto quale una delle fonti della cultura anglosassone. E non a caso, nelle università americane, quando si parla di lingua e cultura italiana ci si concentra essenzialmente sul Rinascimento, da cui è nato quello francese e, nell";era elisabettiana, il Rinascimento inglese: uno degli anelli portanti della loro catena culturale.
Che cosa comporta la riforma della rete consolare italiana negli Stati Uniti?
Il mio impegno è quello di offrire un livello accettabile di servizi nell";ambito della mia circoscrizione, con la preoccupazione che il nostro ministero degli Esteri mantenga gli attuali livelli di presenza dell";organico. Da un punto di vista generale, la chiusura di qualche sede era stata riconosciuta inevitabile dalle stesse organizzazioni italiane all";estero. I nostri connazionali all";estero devono, però, essere più diligenti nell";informare i consolati sui trasferimenti di residenza e nell";aggiornamento delle loro pratiche, evitando situazioni di disagio per se stessi e per i loro figli. Noi siamo dei servitori, ma essere cittadini italiani è una responsabilità quotidiana e se ne sono coscienti e responsabilizzati, facilitano enormemente il nostro lavoro.
Quali sono i compiti del suo consolato?
Il mio lavoro comporta la supervisione interna dell";Ufficio del consolato e dell";Istituto italiano di cultura. Curo il raccordo con altri uffici: con l";ICE, promotore delle esportazioni italiane, la Camera di Commercio, l";Enit. L";ufficio consolare è composto da quattordici persone, inclusa la direttrice didattica che coordina l";insegnamento dell";italiano nelle scuole americane e i corsi extrascolastici. C";è poi un";attività di rappresentanza e di rapporto con il mondo imprenditoriale americano che investe in Italia; di contatti con istituzioni culturali che hanno interesse per il nostro Paese ed esibiscono opere figurative o musicali italiane. L";Opera lirica a Chicago ha potuto contare per venticinque anni su un direttore artistico italiano: il maestro fiorentino Bruno Bartoletti che, se recentemente ha lasciato la città , ha assicurato almeno un";opera per ogni stagione. Inoltre, è importante tenere i contatti con i governatori dei vari Stati dove possono esserci interessi rilevanti da parte degli italiani.
Come si evolverà , nei prossimi anni, la presenza italiana e italofona negli Stati Uniti?
Se guardiamo agli anziani dell";ultima ondata migratoria, si ha la sensazione di una realtà che si sta spegnendo per ragioni anagrafiche. Ma se guardiamo ai loro figli e nipoti, subentra la preoccupazione di fare qualcosa per trasmettere un senso d";italianità che non deve essere solo estetico. Oggi si deve trasmettere un senso d";italianità che rifletta il meglio che il nostro Paese può offrire al mondo. E questo è uno sforzo che deve venire dall";Italia con le sue migliori manifestazioni e attraverso i canali più giusti, che non sono solo la tv, il cinema e le manifestazioni di moda o di una certa immagine che l";Italia produce.
La mia preoccupazione prioritaria è di dare ai giovani discendenti degli italiani assimilati negli Stati Uniti la possibilità di avvicinarsi all";Italia attraverso lo strumento della lingua e della cultura. Far capire che la loro immagine collettiva non è quella deteriore, trasmessa dagli sceneggiati che insistono sul familiarismo amorale del crimine organizzato, tanto sfruttato dall";industria cinematografica e televisiva, che produce ancora effetti negative pride, di orgoglio negativo, come se ancora oggi i giovani d";origine italiana trovassero nel machismo del picciotto il loro vero slancio vitale: è uno stereotipo folle che urta e disgusta molti giovani italoamericani con i quali ho avviato un dialogo. Questi giovani hanno formato l";associazione FIERI, nata a New York sotto l";impulso carismatico di Mario Cuomo, e che sta diffondendosi in Usa con lo scopo di promuovere la cultura italiana e l";immagine positiva degli italoamericani nei mass media, mantenendo vivaci contatti con l";Italia.
Guardando al futuro è importante che l";Italia "; con le sue istituzioni, il suo governo, le sue università "; faccia ogni sforzo per rafforzare i corsi di lingua e cultura italiana, nelle scuole pubbliche e private, offrendo una concreta prospettiva alla presenza in Usa dei valori della nostra storia e della nostra identità .