Italiani in Oceania: missionari e volontari
Il modo migliore per conoscere la geografia è quello di mettersi davanti a un mappamondo e farlo girare lentamente, osservando, ammirando, riflettendo. In quelle isolette, che sembrano granellini di sabbia in un azzurro infinito, vivono popoli con una storia millenaria. L’Oceania affascina proprio per questo: lì, il tutto è nel frammento e sembra che la creazione si sia fermata al primo giorno.
L’Oceania è un buon quarto della superficie terrestre. Include l’Australia e la Nuova Zelanda, ma in genere queste due nazioni non sono considerate «isole del Pacifico» poiché sono «europeizzate» e fanno parte del mondo occidentale. Oceania è l’insieme di Polinesia, Melanesia e Micronesia, regione vastissima con oltre venti nazioni indipendenti (monarchie o repubbliche) ognuna delle quali è formata da centinaia di isole. Qui le tribù locali hanno diritto di legislazione al pari dei parlamenti nazionali.
Esiste anche in Oceania una presenza «italiana»? Certamente sì, ed è dovuta a più fattori: le missioni cattoliche, le attività autonome nella ristorazione e nelle imprese edili, il turismo. Un ruolo importante, nel cerchio delle missioni cattoliche, lo ha il volontariato, soprattutto nelle Isole Salomone che confinano con Papua Nuova Guinea, Fiji, Vanuatu, Nuova Caledonia. Delle quasi mille isole che formano le Salomone, oltre trecento sono abitate e vi si parlano fino a cinquanta diverse lingue.
Il vescovo di Gizo, in queste isole, è monsignor Luciano Capelli, salesiano originario della Valtellina. È un vescovo dinamico e coraggioso, che ha deciso di prendere il brevetto di pilota, conseguito in Italia, per visitare con un aereo ultraleggero le parrocchie della sua diocesi. Le spedizioni dei volontari sono iniziate nel 2002, su richiesta di padre Capelli (nominato vescovo nel 2007), che hanno formato il gruppo «Orma» (l’impronta che indica il cammino verso il futuro). Ogni anno, per periodi di circa sei mesi i volontari sono stati impegnati a costruire l’Istituto Tecnico del Don Bosco Honiara-Henderson e l’ospedale di Tetere, e a ricostruire chiese danneggiate dallo tsunami. Ogni gruppo è formato da venti-trenta giovani: artigiani, ma anche medici, infermieri, ingegneri e giovani coppie. In «Orma 2012» su ventisei volontari, ventitré erano italiani. Monsignor Capelli è già al lavoro per preparare «Orma 2013».
Suor Anna Gervasoni, milanese, della congregazione delle suore di Maria Ausiliatrice, ha sempre avuto l’aspirazione di andare in missione. Quando ha detto ai suoi famigliari: «Parto per le Isole Salomone», le hanno risposto: «Ma sono alla fine del mondo». E lei: «È una terra come tante altre, dove c’è Dio. Quindi si va». Suor Anna si dedica soprattutto alle giovani. Afferma: «In queste isole del Pacifico la ragazza non sposata non vale nulla. Solo il 20 per cento delle donne è alfabetizzata. Il mio compito è dunque portare istruzione e formazione da cui derivano il riscatto della persona e la dignità. Porto solidarietà e una presenza allegra e costruttiva».
Anche nelle Samoa occidentali i padri salesiani sono presenti con il «Progetto Cagliero», che prende il nome dal primo vescovo salesiano Giovanni Cagliero (che aveva conosciuto don Bosco) e mira a portare aiuto ai Paesi del Sud del Mondo. Elissa Galante, 23 anni, ha trascorso sei mesi a Savai’i, una delle due isole di Samoa, come volontaria del Progetto Cagliero. Ha insegnato informatica e inglese nella Don Bosco High School di Salelologa, ed è stata anche attiva nella parrocchia, con il suo entusiasmo contagioso. Elissa è di Melbourne, suo padre è originario di Tocco a Casauria (Abruzzo) e sua madre di San Marco in Lamis (Puglia). La sua scelta di volontariato è maturata frequentando i campi estivi Don Bosco per giovani. Dopo l’esperienza di Samoa si è convinta ancor più che quella dell’insegnamento e dell’educazione dei giovani è la sua strada, la missione della sua vita.