Kolbe: un martirio da non dimenticare

08 Luglio 2001 | di

Probabilmente passerà  in sordina `€“ perché staremo celebrando i riti dell`€™esodo ferragostano `€“ la memoria del sacrificio di uno dei martiri più luminosi del ventesimo secolo. Sacrificio che si compiva proprio in questo periodo, sessant`€™anni fa. Parliamo di padre Massimiliano Kolbe, ora santo, francescano conventuale polacco, devotissimo della Madre di Dio, ammirata e venerata in una delle sue prerogative più luminose, Immacolata. Per lei, per diffondere il suo culto e l`€™ammirazione nel mondo (in definitiva per avvicinare più persone possibili a Gesù Cristo) aveva creato una "milizia" di coraggiosi cavalieri, pronti a sfidare l`€™indifferenza e l`€™ostilità  dei tempi, che si concretizzavano nelle astiose iniziative anticristiane della massoneria. Egli aveva messo in piedi anche delle "cittadelle", il cui cuore pulsante era, oltre alla chiesa per l`€™adorazione, una prodigiosa attività  editoriale per la quale le tipografie (ma anche la radio) ronzavano in continuazione. Vi si stampava un quotidiano e alcuni periodici, la cui tiratura raggiungeva numeri interessanti anche oggi.

Poi la vorace furia nazista cancellava la Polonia. Chiunque non si schierava con i nuovi padroni e la loro ideologia idolatra e razzista finiva assai male. Poiché padre Kolbe, come cristiano, come religioso e come polacco, non poteva assolutamente schierarsi, finì prima in prigione nel Pawiak di Varsavia e poi nel famigerato campo di sterminio di Auschwitz, creato per la "soluzione finale" del problema ebraico e per cancellare dalle pagine della storia il popolo polacco. Da quell`€™inferno solo pochissimi sono usciti vivi, segnati per sempre. Tutti gli altri sono finiti, dopo aver subito atrocità  inaudite, nelle camere a gas e poi nei forni crematori.

Padre Kolbe fu tra questi ultimi. Ma la sua fine ha avuto qualcosa di straordinario, esemplare, frutto di una scelta evangelica radicale. Gesù dice infatti, che nessuno ama più di chi dà  la vita per il prossimo. Padre Kolbe ha dato la vita per il prossimo, un prigioniero condannato assieme ad altri, per rappresaglia, a morire di fame: si è offerto di sostituirlo nel famigerato Blok smierci, il blocco della fame, della disperazione e della morte, che lui poi trasformò con la sua fede e il suo amore in un luogo di preghiera e di speranza.

Poiché il frate durò oltre il tempo previsto dagli aguzzini, un medico del campo lo finì con un`€™iniezione di acido fenico. Era il 14 agosto 1941, vigilia della festa dell`€™Assunta, della Madre di Dio che Kolbe tanto aveva amato e che idealmente aveva ispirato la sua vita e la sua attività . Le spoglie mortali del frate finivano in un forno crematorio e le ceneri sparse al vento.

Perché ricordarlo? Perché dolersi che non venga ricordato come dovrebbe? Perché padre Kolbe è un personaggio straordinario e non solo per il gesto di carità  estrema `€“ non unico in verità  nella agiografia cattolica `€“ ma per quanto fatto in tutta la sua vita: egli aveva intuito con perspicacia l`€™importanza per la diffusione del messaggio cristiano, dei moderni mezzi di comunicazione, che altri nel mondo ecclesiastico vedevano come strumenti del demonio. È stato anche per l`€™intelligente uso che lui ne ha fatto al servizio della parola di Dio, accompagnandoli con la sua inesausta passione missionaria tipicamente francescana, che Paolo VI ha potuto poi definirli "i nuovi pulpiti".

Giovanni Paolo II, quando si trattò di individuare un "patrono di questo difficile secolo" non ebbe dubbi, scelse il martire della carità  di Auschwitz, il testimone di una Chiesa perseguitata e martire, i cui figli continuano a morire per amore di Cristo e dei fratelli. Lo ha indicato come patrono, ma anche come esempio e proposta per i credenti. E come invito concreto a non dimenticare. Il rischio che ideologie, nere o rosse, basate sull`€™odio (razziale o di altro tipo) riprendano vigore con i loro riti di morte è tutt`€™altro che inesistente. Occorre ricordare e vigilare, aggrappandosi con forza, e diffondendolo con convinta testimonianza, al messaggio più autentico e vivo del Vangelo, che non può che essere Vangelo di pace, di fratellanza, di solidarietà  con tutti.

Che queste riflessioni accompagnino qualche momento delle vostre vacanze, che vi auguriamo felici e riposanti, ricche di frutti per voi e per gli altri.q

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017