La Chiesa che sorride

Paolo del Vaglio, firma storica del «Messaggero di sant’Antonio», festeggia quest’anno il venticinquesimo di collaborazione con la nostra testata.
25 Novembre 2009 | di

«L’umorismo non è uno stato dello spirito, ma una visione del mondo», ha scritto una volta il grande filosofo Ludwig Wittgenstein. Ed è facile dargli ragione, se dobbiamo giudicare dai nostri mezzi di comunicazione. Infatti non esiste quotidiano al quale non collaborino uno o più vignettisti, abilissimi nel commentare i fatti di ogni giorno attraverso l’umorismo; e a esso ricorrono parecchie trasmissioni televisive, che a volte lo adottano addirittura come asse portante. Ma andando ad analizzare il tenore di questi atteggiamenti umoristici e confrontandoli con la definizione di Wittgenstein, si potrebbe rimanere perplessi. Viene da chiedersi quale sia la visione del mondo emergente da una vignettistica che esibisce disegni e battute al vetriolo, o dal sapore graffiante, aggressivo, o sguaiato.
È un peccato dal quale è immune Paolo del Vaglio, umorista... di lungo corso. Il quale, fra l’altro, ci tiene a precisare di sé che «è abbastanza “avanti” in età, ma si sente ancora creativo: una volta andava lui in cerca delle idee, ora sono le idee che vanno a cercare lui». Idee che ben si conoscono al «Messaggero di sant’Antonio», perché del Vaglio vi collabora ormai da un quarto di secolo. E quindi si sa bene che, nella sua arte, rilevabile attraverso la «striscia» Frate Angelico, egli ha assunto come parametro espressivo non la risata o, peggio, il ghigno, ma soltanto il garbo e l’amabilità, vale a dire la discrezione del sorriso.


È la verità senza pudori che emerge discreta dai libri di Paolo del Vaglio. Fra i quali si potrebbe scegliere un po’ a caso, per esempio, quello dall’indovinato titolo Jubilemus! (uscito in occasione del grande evento ecumenico dell’ultimo Anno Santo). In una vignetta di questo libro, se un angioletto allude al Bambinello con la speranzosa battuta «quest’anno ha voluto nascere negro», l’altro non gli concede illusioni, commentando «così lo metteranno in croce due volte». Oppure: di fronte alle proteste per certi problemi terreni legati al Giubileo, ecco il parere del solito angioletto: «Per la riuscita di un Giubileo, / occorrono tre grandi organizzatori / il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo»: che riconduce la faccenda alla sua essenza squisitamente spirituale. Ma del Vaglio non perde di vista neppure pungenti allusioni alla quotidianità, quando – guardando alla povera capanna del presepe – commenta: «Dio è amore / Non è potere / Per questo non abita nel “palazzo”».

Sono pochissimi esempi, ma capaci di alludere allo spirito che informa tutta l’opera del nostro umorista, dalla quale emerge sempre un candore senza condizioni. Vale a dire qualcosa di affatto controcorrente in campo umoristico, dove oggi si trova spesso, dicevamo, tanta volgarità, quando l’umorista, pur di strappare un sorriso, ricorre a concetti ed espressioni di qualità davvero plebea. In del Vaglio troviamo invece una levità serena e gradevole, che ci riporta, appunto, al candore evangelico della più solare trasparenza. Ed è un candore sostenuto da tutto il contesto, perfino dallo stile grafico, visto che le immagini, pur essendo quanto mai espressive, sono tuttavia di una sconcertante semplicità... Veicoli lievi di un contenuto assai serio, si propongono come piccole schegge di un Vangelo vivo.
È proprio questa intima assimilazione dello spirito evangelico a fare di del Vaglio uno dei pochi esponenti dell’umorismo cattolico. Un concetto, peraltro, non così rigido o definito, tanto che lui stesso ne dà la sua personale prospettiva di interpretazione. «“Cattolico” – egli afferma – non è un’etichetta, un atteggiamento esteriore di chi, battezzato, praticante, opera in questo settore specifico della grafica attenendosi a dei principi etici. Io, semmai, parlerei di “cattolico umorista”, la cui religiosità informa l’attività pratica e, in modo precipuo, la sua opera artistica. In tal caso, l’Umorismo è un’espressione del suo senso religioso, che si realizza in modo coerente alle proprie convinzioni e in forme particolari. L’artista cattolico segue quindi un percorso proprio, spesso in contrasto con le mode correnti, sia nell’umorismo esistenziale – che dibatte i grandi temi della realtà – sia in quello satirico, più attento al costume e ai fatti del giorno. Nell’umorismo esistenziale l’angoscia trova nel cristianesimo una luce di speranza e di liberazione».
Come si vede, un discorso quanto mai serio. Ma ciò non impedisce che esso possa essere fatto in termini di estrema semplicità, capaci di rendere comprensibile a chiunque anche concetti nient’affatto epidermici, e magari riportandoli con un granello di genio a un’inattesa attualità, come per esempio: «Ho visto la Maddalena e le altre donne / che seguivano Gesù in corteo / …ma niente slogan e niente cartelli»; oppure: «In fondo la politica dei marxisti non è molto difforme: in Russia c’è la Chiesa del silenzio / e in Italia vorrebbero / il silenzio della Chiesa»; o ancora, vagando fra le pagine: «Gli uomini muoiono perché devono andare in paradiso / e noi perché non moriamo? / …Non sapremmo dove andare». A parlare, in quest’ultima striscia, come del resto in quasi tutta la produzione di del Vaglio, è uno dei suoi tipici angioletti, il principale dei quali è Pigy, quello affacciatosi per primo alla sua fantasia. In un «quando» e un «come» che suscitano a loro volta il sorriso. «... Era una notte buia e tempestosa del 1966 – racconta l’autore – e io non riuscivo a dormire, anche perché mi urgeva qualcosa dentro. Mi alzai e disegnai “ovali” e “triangoli”, finché non mi venne fuori un angioletto. Lo chiamai “Pigy”: non perché significasse qualcosa, ma perché è un nome breve e di dolce suono, che calzava a meraviglia. Andò perfezionandosi graficamente e, nel 1969, prese le sembianze più o meno definitive, uscendo sul quotidiano “Avvenire”. Diventò così l’angelo sospeso fra cielo e terra, che partecipava, con la sua bonaria ironia, ai fatti quotidiani. Ché poi – continua l’umorista – da Pigy a frate Angelico il passo è breve: un angelo frate di sapore antoniano, accolto venticinque anni fa dall’allora direttore del “Messaggero di sant’Antonio”, Giacomo Panteghini, e poi dai suoi successori, Luciano Bertazzo e Ugo Sartorio».

Risulta evidente la coerenza degli atteggiamenti di del Vaglio. Il quale si inserisce oggi al fianco di altri – pochi – umoristi «cattolici», come Guido Clericetti, Gianni Chiostri, Ernesto Cattoni, suor Rosa Guerrini (soprattutto visualizzatrice di concetti religiosi). Un manipolo minuscolo, ma determinante e consapevole della propria missione. In quanto costituisce addirittura un filone religioso in cui il sorriso non è determinato dal piccolo mondo della sagrestia, del convento o della parrocchia, popolato da frati, suore o preti, ma dall’interpretazione sorridente di una realtà trascendente e che aderisce nello stesso tempo all’uomo. Da loro, la vita, la morte, il dolore, sono trattati alla luce del Vangelo e indicano nell’umorismo la strada più accattivante per giungere al cuore dei lettori. I grandi problemi morali del divorzio, dell’aborto, della bioetica trovano naturalmente un riscontro particolare, una risposta controcorrente rispetto alle mode, perché vissuta autonomamente dalla coscienza religiosa dell’umorista. Appunto «una visione del mondo», come si diceva all’inizio.

 

la scheda

 

Paolo del Vaglio è nato (5 luglio 1928) e vive a Napoli, ha moglie e tre figli. Insegnante di italiano e storia alle superiori, si è reso conto, ricorrendo spesso al linguaggio delle immagini, di quanto l’umorismo sia un ottimo mezzo comunicativo e ne ha fatto una seconda professione. Inventando l’angioletto Pigy, ha vinto, nel 1974, il premio Dattero d’oro a Bordighera. La sua attività si è poi accentuata, meritandogli anche la targa inglese «Thomas More» per un umorista cristiano e il premio Consiglio d’Europa di Strasburgo. Ha collaborato fra l’altro con il quotidiano «Avvenire» e col settimanale «Famiglia Cristiana». Ha all’attivo vari libri di vignette (Nel ½ del cammin, Diavolo d’un Angelo, Jubilemus!, Dev’essere nato Qualcuno, L’Ultimo Evangelio, «Ti trovo bene!» e altri), per lo più con personaggi evangelici visti come interpreti della realtà umana in una sorridente ottica religiosa.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017