La cultura è la nostra vena d'oro

Il made in Italy nel mondo ha bisogno di marketing, visibilità e capacità di distribuzione dei prodotti. Ma occorre innanzitutto investire nel settore del turismo verso il nostro Paese.
21 Novembre 2005 | di

PESCARA

«La Spagna ha contattato migliaia di brasiliani d";origine spagnola, ha pagato loro il viaggio e l";ospitalità  nella terra degli avi conquistando il loro cuore. Noi abbiamo migliaia di italoamericani che conoscono a malapena le loro origini attraverso racconti frammentari tramandati dalla famiglia. I tour operator del Brasile non promuovono l";Italia, con effetti chiaramente desolanti sul turismo di ritorno».
È un";analisi sferzante quella proposta da Edoardo Pollastri nella Convention mondiale delle Camere di Commercio italiane all";estero, svoltasi a Pescara. E arriva dal presidente dell";Assocamerestero. Edoardo Pollastri ha ben presente il polso dell";Italia nel mondo, e conosce le gravi lacune che la «casa madre Italia» regala nella sua spesso disorganizzata azione di promozione nei confronti del mercato internazionale.
«Siamo le antenne dell";Italia nel mondo, e nessuno più di noi, radicati nei territori, conosce le potenzialità  e le occasioni che si celano in aree abitate dalle nuove generazioni di figli, nipoti e pronipoti di italiani all";estero orgogliosi delle proprie origini. Queste antenne spesso rimangono inascoltate, sono sottostimate e sottoutilizzate. A danno di un made in Italy che fatica sempre più a reggere il confronto con le agguerrite concorrenze».
Condivisa in pieno dai 600 e più ospiti intervenuti all";appuntamento mondiale degli operatori commerciali italiani nel mondo, l";analisi non è stata scalfita dall";ottimismo profuso da Adolfo Urso, viceministro per le Attività  Produttive o dai dati presentati da Giuseppe Drago , sottosegretario agli Affari Esteri. Per gli attenti presidenti delle 72 camere di commercio sparse nel mondo, la situazione non è cupa, ma sta assumendo colori foschi.
«Chiediamo all";Italia di fare squadra "; ha affermato Luciano Paganelli , coordinatore dell";area ACCA (Ande, Caraibi, America Centrale) ";: esiste una difficoltà  oggettiva a penetrare i nostri mercati da parte di aziende italiane per lo più piccole e medie; e un grande limite ai loro movimenti è dato dall";assenza del sistema bancario. L";America non presenta quasi più banche italiane, sostituite soprattutto da quelle spagnole. Forse è una perdita di credibilità  o piuttosto si tratta di una scelta strategica. È probabile che alla base, pesi un fattore di rischio, considerando gli inconvenienti rappresentati dalle crisi economiche e finanziarie che si sono verificate in Brasile e in Argentina. Certo è che gli operatori italiani che investono in America Latina patiscono questa scarsa presenza bancaria».
Grandi strategie, obiettivi mirati, creazione di una comune cabina di regia. È un agile network slegato dalle tante pastoie burocratiche, quello che, unanimemente, chiedono gli esperti del commercio, attenti a non farsi abbagliare dai discreti risultati conseguiti dall";export negli ultimi mesi, e riassunti in una ricerca condotta in 34 Paesi su rappresentanti di istituzioni locali, associazioni imprenditoriali, fiere, stampa e media. Rispondendo al tema della convention dal titolo Il sistema Italia al bivio: come vincere la sfida dell";economia globale , i rappresentanti delle Camere di Commercio Italiane all";Estero hanno proposto la loro ricetta che, attraversando tutti i settori, porta alla ricerca di efficienza.
«Il made in Italy fa da traino per molti settori, non solo per quelli tradizionalmente conosciuti "; ha commentato Pollastri ";. L";Italia si fa infatti conoscere in altri segmenti, come quello dei macchinari, e in modo particolare in quello agroalimentare, ma è in grado di coinvolgere segmenti anche molto diversi. Ciò che fa la differenza nei prodotti italiani è la qualità , il design e il packaging, nonché la sensazione di avere a che fare con la culla del design e della creatività . Non si tratta di un";immagine legata al passato; al contrario, è una conquista abbastanza recente. Sotto molti aspetti, il made in Italy si dimostra ancora vincente».
«Tra gennaio e agosto "; ha confermato Berardo Paradiso , presidente dell";area NAFTA "; le esportazioni verso gli Stati Uniti sono aumentate del 5,1%, e questo dato ci inorgoglisce, ma ci deve indurre ad ottimizzare le strategie, rafforzando i progetti di rete e invitando ad investire in quella grande macchina della distribuzione nella quale noi italiani latitiamo».
Il presidente della Camera di Commercio Italiana a New York ha posto più volte l";accento sull";opportunità  di sfruttare meglio l";enorme bacino di italianità  presente tra Stati Uniti e Canada.
«La nostra area rappresenta un terzo dell";intero Pil mondiale, ma solo 22 miliardi di dollari arrivano dal nostro sistema commerciale. Questo significa che dobbiamo cambiare la nostra strategia, stringere alleanze, inserirci nella grande distribuzione, e seguire le nuove tecnologie. Siamo qui da più di cento anni, conosciamo alla perfezione il mercato, e sappiamo quanto sia radicalmente cambiato nel giro di pochi anni, rendendo obsolete le nostre penetrazioni commerciali».
Per Paradiso, la soluzione sta anche nell";incremento delle relazioni tra aziende e università  americane, centri di ricerca e grandi industrie. «Alla Rice University di Houston abbiamo creato una relazione tra l";Italia e centri di ricerca d";eccellenza per favorire la nascita di borse di studio e scambi di studenti e scienziati per incrementare nuove branche di ricerca. Stessa cosa abbiamo fatto a Boston e a Montréal, nel campo del wireless. Ma questo non significa penalizzare i prodotti classici. La vecchia importazione è di grande rilievo per i circa 28 milioni di americani d";origine italiana. Potremmo salire molto di più se la nostra distribuzione migliorasse in qualità  e in comunicazione. I centri d";acquisto, le catene di negozi richiedono grandi quantitativi di merce, e il nostro sistema fatto di tante piccole e medie imprese si deve evolvere».
Per Manuel Ascer , rappresentante dell";area MERCOSUR, il fattore «italianità Â» è invece l";arma vincente per superare le grandi difficoltà  d";interscambio commerciale. «La forza dell";Euro è un fattore che ci penalizza a vantaggio delle company americane. Ma nonostante questo invitiamo ad investire in quest";area, con strategie moderne e senza sovrapposizioni burocratiche. Oggi solo lo 0,9% del nostro export si orienta verso questa area: decisamente poco tenendo presente il grandissimo serbatoio di italianità  presente in Uruguay (il 40% ha radici italiane) e in Argentina (il 25%). Un serbatoio che noi stiamo utilizzando con le nostre poche forze, stringendo accordi con università  italiane "; l";ultima delle quali Ca"; Foscari a Venezia "; per valorizzare i nostri giovani attraverso stage e borse di studio, e ritrovarci tra qualche anno con professionisti capaci di dialogare elettivamente con la madrepatria, conoscendone i meccanismi amministrativi e le opportunità Â».
Anche il tema Turismo, da prodotto a sistema di ospitalità  ha infiammato la convention. La cronica incapacità  di guardare all";enorme potenziale economico degli italiani nel mondo, richiede misure drastiche, come il ripristino del Ministero del Turismo.
«Abbiamo rinunciato al nostro petrolio, rappresentato dal turismo, permettendo all";Italia di scendere al 5° posto della graduatoria mondiale "; ha spiegato Pollastri ";, e in un Paese che detiene il 70% del patrimonio culturale mondiale tutelato dall";UNESCO, questo significa il fallimento di un sistema Italia che non ha saputo coordinarsi né ha saputo investire, anche poche risorse, nel marketing attraverso la straordinaria vivacità  delle sue Camere di Commercio all";estero e il suo serbatoio di italiani nel mondo».
«Iniziamo con l";ottimizzazione delle strategie "; ha suggerito Paolo Mirabella , rappresentante dell";area Oceania ";. Spesso le delegazioni che arrivano in Australia sono frutto di improvvisazione e portatrici di interessi localistici che non aiutano a pubblicizzare l";Italia. Qui gli italiani, tutti ben inseriti, chiedono cultura, e hanno una gran voglia di conoscere il Paese d";origine. Rafforziamo questo legame e intensifichiamo le collaborazioni tra aziende e università  per creare quell";humus che, di riflesso, aiuti a riscoprire seriamente l";Italia».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017