La diffusione della droga si combatte con la politica

Una grande e difficile opera di risanamento morale: ecco la ricetta per contrastare l'uso degli stupefacenti per sentirsi sempre all'"altezza". Fondamentale agire a livello politico.
21 Novembre 2005 | di

Quando qualche personaggio eccellente arriva in prima pagina a causa della sua dipendenza dalla cocaina, si scatena nell'opinione pubblica, in parte orientata dai commentatori più influenti, quello cui abbiamo assistito negli ultimi mesi.
Cominciamo con un aspetto positivo, anche se non ne vedo molti altri: il consumo crescente di droga, non solo di cocaina, viene riportato alla nostra attenzione. Per alcuni giorni diremo la nostra opinione, ci indigneremo, assurgeremo a fustigatori dei costumi oppure a indulgenti comprensivi delle umane debolezze. Poi, di nuovo calerà  il silenzio su una realtà  che non è fatta soltanto di vip dell'industria, dello sport, dello spettacolo, della politica, ma soprattutto di sconosciute vittime dell'illusione di potere reagire con prontezza, abilità  e velocità  all'esasperata competitività  di un mondo che distingue manicheisticamente tra vincenti e perdenti. Calerà  il silenzio sulle tante altre droghe, legali e illegali, che servono allo stesso scopo di alzare artificialmente il livello delle prestazioni individuali per stare al passo con un ambiente che altrimenti ci taglierebbe fuori. Calerà  il silenzio sulle panzane delle droghe per ricchi o per poveri. La cocaina, a seconda delle «politiche promozionali» dei produttori e dei grandi spacciatori, si può trovare a prezzi accessibili o comunque confezionata in modo tale da essere venduta a prezzi di favore. Calerà  il silenzio sul fatto che chi non se la può procurare per mancanza di soldi, ripiegherà  su surrogati o riuscirà  a ottenerla spacciando o attraverso collaborazioni nella microcriminalità . E ci dimenticheremo delle sciocchezze che abbiamo sentito in questi giorni: «La droga la prendono più o meno tutti», «la coca crea dipendenza soltanto in soggetti deboli», «sono peggiori altre droghe, la coca ti stimola a vivere, ad agire», e via dicendo.
Se coloro che, avendo avuto successo e disponendo di abbondanza di risorse materiali, avvertono la necessità  di ricorrere al kick (al calcio) della coca per essere sempre più pimpanti e competitivi, non solo per lavorare di più, ma anche per ricavare il massimo dal sesso e dai momenti di divertimento, non dobbiamo meravigliarci se a questi modelli si ispirano giovani che credono, in questo modo, di divenire «vincenti».
È, quindi, una gigantesca e difficile opera di risanamento morale che deve vederci impegnati per contrastare questa spinta a diventare «performanti» anche a costo di distruggerci fisicamente e psicologicamente, a proiettarci verso l'apparire a scapito dell'attenzione alla nostra interiorità , alla riflessione, alla cura di noi stessi e delle nostre relazioni.
Si potrebbe obiettare, forse a ragione, che se attendiamo la nostra rinascita morale non basterà  la nostra breve vita per vedere qualche risultato. Vale comunque la pena di cominciare e di passare il testimone ai nostri figli. Nel frattempo, però, ci sono alcune scelte difficili e coraggiose da prendere subito, scelte che finora sono state accuratamente evitate. Parlo della lotta alla microcriminalità  e alla criminalità  organizzata e della lotta contro la diffusione delle droghe.
La via più semplice, e ingiusta, è quella che si concentra sulla criminalizzazione del tossicodipendente. Ben poco si ottiene, perseguendo il piccolo spacciatore o, di tanto in tanto, sequestrando qualche carico di droga. I produttori mettono in conto questi «incidenti» e non ne sono disturbati più di tanto.
La via più impegnativa, ma  più efficace, è puntare ai grandi distributori e raffinatori presenti nel territorio nazionale e, soprattutto, prendendo una posizione dura e chiara nei confronti delle organizzazioni criminali nazionali e internazionali e dei Paesi che li proteggono. Ma per questo occorrono scelte che implicano un grande sforzo delle forze dell'ordine e una politica estera ben diversa da quella attuale, che finge di non vedere quello che è sotto gli occhi di tutti: esistono Paesi, con i quali abbiamo buoni rapporti diplomatici, che vivono della produzione di droga e/o colludono con i produttori locali di droga. In poche parole, occorre essere intransigenti nei confronti dei produttori e dei grandi intermediari nazionali e internazionali, prendendo una decisa posizione anche in politica estera e andando fino in fondo nel perseguire chi, in Italia, si arricchisce con la droga, magari chiudendo uno o entrambi gli occhi. Finora non ho letto nulla del genere nei programmi per le prossime elezioni.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017