La dignità dell’uomo

02 Gennaio 1998 | di

Violare i diritti umani significa svilire i princìpi supremi dell'ordinamento internazionale e ostacolare la costruzione di una società  planetaria fondata sulla legalità  e sulla giustizia.

Chi sono i Premi Nobel per la pace? Sono le loro opere, ciò che essi fanno e testimoniano con la loro vita: sono le opere di misericordia di madre Teresa di Calcutta, la difesa dei diritti umani, il carcere e le torture patite da Adolfo Perez Esquivel in Argentina, ancora la difesa dei diritti umani e il carcere sopportato dalla signora Aung San Suu Kyi in Birmania. Il Premio Nobel è una laurea di universalità  conferita a talune persone che compiono, in maniera esemplare, azioni quotidiane dirette a promuovere la dignità  della persona e della comunità  umana.

Fonti etiche e giuridiche

Insieme con la Carta delle Nazioni Unite del 1945, la Dichiarazione universale è tra le principali fonti etiche e giuridiche del nuovo ordine mondiale proclamato all'indomani della seconda guerra mondiale, un ordine basato, dunque, su principi e norme di giustizia.

Oggi un dato importante è costituito dalla presenza di una moltitudine di soggetti, fra loro molto diversificati, che operano direttamente nel sistema delle relazioni internazionali, al positivo e al negativo. Sono i governi, le diplomazie, le imprese, le banche, le bande criminali, le associazioni di volontariato e cooperazione, le chiese, i capi delle grandi religioni, i comuni, le regioni. Ci sono i soggetti che pilotano in direzione verticistica la mondializzazione dell'economia, e ci sono i soggetti che operano per il dialogo, la cooperazione, la condivisione e che hanno occasione anche di esprimersi coralmente: per esempio, quando le Organizzazioni non governative (Ong) partecipano a migliaia alle Conferenze mondiali delle Nazioni Unite, o quando i capi religiosi si riuniscono nelle grandi assemblee ecumeniche e interconfessionali.

La costruzione dell'ordine mondiale non è più un affare riservato ai vertici governativi e alle diplomazie degli stati. Tanti altri soggetti rivendicano un proprio ruolo diretto in questa costruzione, avvalendosi di una carta di identità  inoppugnabile: il loro impegno solidaristicamente profuso in ogni parte del mondo. E qui sta un altro aspetto, sorprendente e paradossale, del nuovo scenario che si è dischiuso. I soggetti non statuali della solidarietà  si appellano a quei valori e principi di etica universale, che gli stessi stati hanno recepito all'interno di norme internazionali giuridicamente vincolanti: mi riferisco agli accordi giuridici che formano il diritto internazionale dei diritti umani, o diritto della comunità  umana, e che sono il naturale sviluppo della Dichiarazione universale del 1948: dalle due grandi Convenzioni giuridiche del 1966, rispettivamente sui Diritti civili e politici e sui Diritti economici, sociali e culturali, all'ultima Convenzione entrata in vigore nel 1990, quella sui diritti dei bambini e dei minori. Il paradosso sta nel fatto che proprio molti dei soggetti istituzionali che hanno scritto e ratificato questo nuovo diritto internazionale dimostrano di non volerne accettare la portata innovativa e le conseguenze trasformatrici, anzi in taluni casi lo violano ripetutamente e in modo esteso.

Diritti umani e bisogni innati

I diritti umani, oltre che sostanza - nel senso che sono innati alla persona e sono pertanto inviolabili e inalienabili - sono anche linguaggio di transcultura, cioè strumento necessario per dialogare su scala mondiale, in particolare per passare dalla fase della multiculturalità  a quella della interculturalità .

Tutelare il diritto alla vita e all'integrità  fisica e psichica, significa soddisfare il bisogno di vivere nel rispetto delle esigenze di integralità  della persona umana. Tutelare la libertà  di pensiero, di coscienza, di religione e di associazione significa soddisfare il bisogno di pensare, di scegliere, di credere e di associarsi liberamente. Tutelare il diritto all'alimentazione significa soddisfare il bisogno di nutrirsi adeguatamente. Tutelare il diritto al lavoro significa soddisfare il bisogno di lavorare e di guadagnarsi un salario congruo alle esigenze personali e della propria famiglia. Tutelare il diritto alla pace significa soddisfare il bisogno di vivere senza guerre, senza violenza e nel rispetto dei principi di giustizia. Si è titolari di diritti umani non perché si ha la cultura che mette in grado di esserne consapevoli, ma perché si è portatori di bisogni vitali.

Per gli uomini e le donne di buona volontà , per i popoli delle Nazioni Unite, la costruzione di un ordine mondiale pacifico, equo e giusto non è questione di negoziato di pace, né una questione di diplomazia. È una questione che attiene alla sfera del rispetto della legge internazionale che ha preso corpo a partire dal 1945; è questione di far funzionare, efficacemente e democraticamente, con gli opportuni aggiornamenti e riforme, le Nazioni Unite e il loro sistema di agenzie specializzate.

Dire che costruire un nuovo ordine mondiale, oggi, significa lottare per l'affermazione della legalità  nei rapporti fra stati e fra popoli, significa ribadire il concetto che il modello di questo nuovo ordine c'è già  e che non ci sono più alibi per rinviarne la messa in opera. A questo modello continua a fare riferimento anche papa Giovanni Paolo II, sulla traccia della antesignana enciclica 'Pacem in Terris' di Giovanni XXIII. Questo stesso modello è stato evocato dalla tanto provvidenziale quanto drammatica meteora di Michail Gorbaciov. Ad esso ha fatto riferimento, con esemplare e tenace coerenza fino al termine del suo mandato di segretario delle Nazioni Unite, Boutros Boutros-Ghali.

Le regole per un nuovo ordine mondiale

Per costruire la pace nella giustizia, cioè la pace positiva, occorrono essenzialmente quattro cose: 1) essere consapevoli delle ingiustizie, quindi conoscere la realtà  negativa e denunciarla, ma allo stesso tempo essere consapevoli delle aperture, degli interstizi positivi, delle potenzialità  buone che la complessiva realtà  del nostro tempo offre; 2) informare ed educare; 3) trasformare e far crescere istituzioni di governo, dalla comunità  locale fino all'Onu, capaci di agire col sapere etico e giuridico dei diritti umani; 4) sviluppare il dialogo e la cooperazione direttamente fra comunità  sociali appartenenti a stati e regioni diverse.

Per accelerare il corso della costruzione dell'ordine mondiale fondato sui principi della Carta delle Nazioni Unite e sulle convenzioni giuridiche internazionali dei diritti umani, occorre perseguire con determinazione obiettivi strategici quali: 1) il monitoraggio permanente sul comportamento degli stati, esercitato dagli organismi internazionali; 2) l'orientamento sociale dell'economia mondiale, anche questo da esercitare in sede di organismi internazionali; 3) il controllo della produzione di armi e non soltanto del loro commercio; 4) il conferimento di parte degli eserciti nazionali alla forza permanente di polizia militare internazionale sotto il comando delle Nazioni Unite; 5) la creazione della Corte penale internazionale permanente per la punizione dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità ; 6) l'istituzione del servizio civile internazionale; 7) la democratizzazione delle istituzioni internazionali e un più robusto riconoscimento del ruolo delle organizzazioni non governative.

Per perseguire efficacemente questi obiettivi, ci sono già  leggi e istituzioni internazionali, ci sono già  schiere di soggetti pubblici e privati che capiscono la questione della via pacifica alla pace. Dunque è un programma realistico. Cosa gli manca perché abbia finalmente corso? Due cose, essenzialmente: un più efficace coordinamento delle formazioni sociali - organizzate e non - della solidarietà  transnazionale, e una leadership politica internazionale fatta di donne e uomini di governo coraggiosi, disposti a mettere a repentaglio la propria 'reputazione' interna per la causa dei diritti umani, della pace e della solidarietà  internazionale.

I Premi Nobel per la pace, da madre Teresa di Calcutta a monsignor Belo, danno un esempio. Piuttosto siamo frastornati e immiseriti da altri, troppo numerosi esempi, manipolati e venduti dal mercato dell'immagine. I Premi Nobel per la Pace sono l'esempio cui possono ispirarsi la donna e l'uomo planetari, in grado di cogliere i segni del tempo dell'interdipendenza, e di tradurli in comportamenti di servizio e di condivisione.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017