La famiglia Cyber

Nel numero precedente abbiamo visto le inquietudini e i problemi che il secolo trascorso ci lasciava in eredità. Ora diamo uno sguardo in avanti e, sulla base di previsioni possibili, vediamo che cosa il futuro ci riserverà, osservando una famiglia tipo.
05 Gennaio 2000 | di

Flavia, 60. Avendo cominciato il «trattamento genetico» da quando è diventato operativo, hanno «acquistato» una speranza di vita di circa 90 anni. I figli, Adelio, 30 anni, e Alice, 25, vivono con loro: non hanno fretta di sposarsi perché, cresciuti con il «trattamento genetico», hanno una prospettiva di vita che si prolunga sin verso i 100 anni. E per le nuove generazioni si parla di superare tranquillamente questa soglia.
La giornata comincia con ritmi distesi, con esercizi di ginnastica o una passeggiata intorno a casa, perché non c'è premura: padre e madre sono in pensione, i figli lavorano a orari scelti, ripartiti su diverse ore della giornata, per lo più senza muoversi da casa. Alice, la più giovane, si è specializzata nel commercio di «arti primitive», molto richieste, e quindi deve collegarsi, al computer o per telefono, con gli «aborigeni» di varie zone del mondo, dalla Papuasia all'Amazzonia, con sbalzi di fusi orari: discute con loro dei prezzi e delle disponibilità  di oggetti, valutandoli di volta in volta in video-conferenza con la borsa di Parigi specializzata, appunto, in «arti primitive». Sostiene, però, Alice che nulla può sostituire i contatti diretti, quindi viaggia molto, per andare a trovare di persona «i suoi primitivi».
Il fratello Adelio fa un «telelavoro», scelto secondo la rubrica di Internet delle offerte e proposte. In questo momento dell'anno sbriga pratiche per conto di una società  localizzata in Sud Africa, con cui ha un contratto della durata di tre mesi. Non teme di restare disoccupato, perché le proposte di «telelavoro» hanno una base mondiale, e ci perde tempo per selezionarle: un'ora ogni giorno.
Adelio ama lavorare al computer nella sua stanza luminosa, con una vetrata che dà  sul giardino: se vuole distrarsi, esce a piedi, raggiunge il più vicino parco, si siede su una panchina, estrae dalla tasca il «telefonino» e prosegue lì il lavoro interrotto. È, infatti, un cellulare 3G, della terza generazione, in interconnessione con Internet. Adelio ha acquistato azioni di diverse società , in varie parti del mondo, e partecipa alle videoassemblee generali dove si presentano i piani d'impresa. Si collega in rete col dirigente pubblico incaricato di dialogare con gli azionisti, fra i quali sono gli stessi lavoratori. Ogni quattro anni, col «televoto», contribuisce alla scelta degli amministratori. È un sistema che alcuni chiamano di «azienda partecipata», altri di «cogestione».
Fuori dal lavoro, e dalle passeggiate in bicicletta che entrambi fanno sovente, o dalle visite ad amici e amiche, Alice e Adelio si ritrovano assieme per «interagire» su Internet al programma «Idee in comune»: proposte e progetti su specifici temi, sui quali si può aggiungere o togliere qualcosa, partendo dal raggio di quartiere, per risalire a quello regionale, per finire a quello mondiale. Alice e Adelio amano discutere fra di loro, prima di digitare, polemizzare, anche bisticciare... E poi ci sono le innumerevoli amicizie intrattenute on line, accanto a quelle locali.

 I reattori della linea Rubbia

Intanto, nella casa, la vita va avanti seguendo tecniche ben collaudate.
Una centralina fotovoltaica potenziata fornisce l'energia necessaria a tutti gli usi domestici, compreso il riciclaggio dei rifiuti. Le grandi imprese, invece, si servono di energia atomica non pericolosa, dove i reattori al torio della «linea Rubbia» competono con quelli a fusione nucleare controllata. Quasi aboliti i carburanti tra
dizionali che producevano l'«effetto serra». Flavia ha a sua disposizione una serie di «elettrodomestici robotici» che sostituiscono gran parte del lavoro domestico personale, dalle pulizie al cucinare: le ditte costruttrici hanno fatto di tutto per attribuirgli un aspetto umano, colorando le telecamere delle pupille, rivestendo i circuiti. Sono robot interattivi, ai quali Flavia può trasmettere impulsi e riceverne reazioni: ma Flavia si dispiace che non possano avere sentimenti, che rimangano soltanto meccanismi, sia pure quasi perfetti...
Giovanni ama coltivare l'orticello della sua casa unifamiliare, facendo crescere insalata, cavoli e pomodori secondo i metodi del buon tempo antico. Infatti, nei supermercati si trovano verdure e frutti «transgenici», trattati con le biotecnologie: pere rettangolari, mele quadrate, pomodori che maturano lentamente: il tutto per «comodità » di conservazione. La plastica viene da piante-fabbrica che hanno «imparato» a produrla, e quindi è diventata degradabile. I vari membri della famiglia fanno la spesa digitando il «telefonino»: a ogni numero di codice corrisponde un prodotto (che verrà  recapitato e addebitato sul conto). Giovanni, però, preferisce di gran lunga i «suoi prodotti» biologici, coltivati tradizionalmente, con le sue mani, che si trovano anche nei supermercati, ma a prezzi dieci volte superiori ai loro corrispondenti «bio-tecnologici».
Nei supermercati - che esistono solo come luogo di distrazione e di esposizione, perché le spese si fanno col telefonino, senza necessità  di spostarsi da casa - si allineano anche gli «alimenti funzionali», vegetali che incorporano medicine col solito trattamento «transgenico».
I due coniugi hanno una passione in comune: il collezionismo d'arte (forse trasmesso alla figlia Alice, che l'ha professionalizzato). Possiedono entrambi delle vaste «collezioni virtuali»: quadri creati al computer, di cui hanno acquisito, pagando, il diritto di accesso. Costi d'amatore raggiungono le chiavi elettroniche per poter contemplare alcuni «capolavori catodici». Giovanni ama più i «virtuali tradizionali», Flavia i «virtuali d'avanguardia». Flavia partecipa anche alla «biblioteca labirintica»: opere letterarie in rete in continuo divenire e trasformazione, alle quali chi riceve può aggiungere, secondo la propria interpretazione, ritrasmettendo perché altri continuino il processo dell'«opera aperta»... Quando vogliono, Flavia e Giovanni si dedicano a piccoli lavori d'artigianato di cui si sta perdendo la capacità , molto ben pagati.

La sera dell'«agorà  elettronico»

Il venerdì sera la famiglia si riunisce nella stessa stanza perché è la sera dell'«agorà  elettronico»: il collegamento con i propri rappresentanti per decidere sui principali problemi di governo. Due o più rappresentanti presentano le diverse opzioni, poi si vota, pigiando il tasto del voto elettronico. Immediatamente, un «cervellone» centrale dà  il risultato e una delle proposte viene adottata. Così per i problemi di quartiere, della città , della sfera regionale, del governo mondiale, risalendo per gradi... In qualsiasi momento della giornata si può, però, interagire con il proprio rappresentante, via rete, chiedendo spiegazioni sui temi in ballottaggio, aggiungendo le proprie osservazioni e proposte: così la democrazia rappresentativa si trasforma in democrazia partecipata. Anche le forme di governo salgono dal quartiere a livello mondiale, dove si decidono solo le questioni più fondamentali, come la pace e la guerra. La guerra, in pratica, non è cruenta, perché si combatte attraverso la disgregazione delle reti telematiche del nemico, che in tal modo viene ridotto all impotenza. E più che guerra è azione di polizia contro chi si rende colpevole di aggressione, decretata dal governo mondiale... Poi c'è la lotta contro i «banditi elettronici», gli hackers, chi immette virus per scompaginare i file, o chi si introduce in rete con fini subdoli. Contro tutti questi, opera una speciale polizia, cui è consentito reclutare anche fra gli incursori telematici pentiti, e simulare intrusioni, per meglio mimetizzarsi. Talvolta Giovanni mugugna contro il potere collettivo del web, e allora Adelio digita una citazione da un vecchio manuale di elettronica di Umberto Eco, dove si invita «a prendere in giro la macchina e confonderla».
La sera, la famiglia si collega in video-contatto con l'assemblea religiosa della comunità . È la «video-preghiera», che non esclude il dialogo telematico sui temi più impegnativi perseguito soprattutto da Alice, in altri momenti della giornata. La Chiesa cattolica insiste, però, sul valore unico della presenza diretta, durante la messa della domenica. La domenica alcuni della famiglia vanno a far visita ai propri anziani, che vivono in case-alloggio dove preferiscono ai domestici-robot, che pure svolgono le mansioni più precise o meno gratificanti, assistenti-persone dotate di sentimenti. O i propri familiari. Molte malattie sono state affrontate ma, come per il cancro o certe malattie cardiovascolari, con interventi genetici che per gli anziani sono arrivati troppo tardi. L'Aids è stato vinto, ma altre infezioni di tipo nuovo, molte virali, molte allergie, si sono diffuse, e devono essere fronteggiate. C'è chi dice che siano causate dalle nuove tecnologie e dalle nuove forme di vita...
È notte, e la famiglia dorme. Tutti, eccetto Adelio, impegnato al suo computer ad analizzare le frequenze che arrivano dallo spazio e potrebbero appartenere a extra-terrestri. Come lui, molti altri, sinora senza risultati probanti. Ma la ricerca di segnali provenienti da intelligenze nel cosmo continua... E domani sarà  un altro giorno, nel «cybervillaggio». Nell'era noolitica, cioè della mente.

   
   
UNO SCENARIO POSSIBILE            

Questa descritta qui a lato non è né fantascienza né utopia proiettata nel tempo: non sono uno scrittore capace di disegnare orizzonti immaginati, ma più semplicemente un giornalista che ha raccolto e messo in ordine dati ed elementi sin da oggi prevedibili o già  disponibili. Per l'80 per cento si tratta di un futuro che sta dietro l'angolo, che da qualche parte è anzi cominciato. A Blacksburg, una cittadina statunitense di 36 mila abitanti della Virginia, o più vicino e con la minore intensità  tecnologica del carattere italiano,       a Colletta di Albenga, un piccolo borgo appenninico che guarda il mar Ligure, dove le 65 casette sono state totalmente restaurate e dotate di tutti i sevizi telematici.
I robot interattivi vengono sperimentati in molte parti, e la casa giapponese Matsushita electric industrial ha annunciato, per il 2001, Tama , il robot-gatto capace di contribuiread assistere e giocare con le persone anziane. D'altra parte, già  nel 1996 il supercomputer Ibm Deep Blue aveva dato del filo da torcere al campione di scacchi Gerry Kasparov, che solo dopo 3 ore e 46 minuti era riuscito a infliggergli lo «scacco matto».
Sembra che la pecora Dolly, prodotta per clonazione a Edimburgo nel 1996, sia ancora viva, e l'ingegneria genetica può condurre abbastanza presto a risultati strabilianti nel rallentare l'invecchiamento e nel curare malattie considerate incurabili, come il cancro, mentre in altri campi, tipo la clonazione, la riproduzione di un organismo vivente partendo da una singola cellula, trova limiti fondamentali negli essenziali principi morali, senza, o contro i quali, non esiste una civiltà  umana. Già  da ora il «progetto Sfti» della Nasa, l'ente spaziale statunitense, distribuisce via Internet le frequenze che arrivano dallo spazio, captate dai suoi       radiotelescopi puntati verso il cielo in tutto il mondo, per quanti vogliano analizzarle alla ricerca di una vita intelligente nello spazio. E la ricerca di Dio, oltre che nella propria coscienza e nella propria chiesa, si affida anche al dialogo elettronico, se dal 1997 la rivista dei paolini «Jesus» pubblica la rubrica La fede in Internet affidata a padre Giorgio Banaudi, autore di La Bibbia del modem.
Quanto all'«agorà  elettronico», così definito dai pensatori francesi Roger Garaudy e André Gorz, la possibilità  di una «democrazia diretta» che si realizza con collegamenti video, telefono, computer, è già  tecnicamente possibile - noi italiani non abbiamo forse scelto una delle facce dell'Euro con un procedimento analogo, durante la Domenica in...  dell'8 febbraio 1998? -  La «democrazia elettronica» è da tempo oggetto di dibattito, con autorevoli pro e altrettanti autorevoli contro: contrari, pensatori come Karl Popper e James Tobin, che sostengono il valore della democrazia rappresentativa, dove i cittadini non decidono       direttamente delle soluzioni, ma le affidano a loro rappresentanti, ritenuti capaci di affrontare con maggiore competenza i complessi problemi del governo.
Ma pensiamo che il regime democratico non debba fossilizzarsi in una forma definita una volta per tutte, che debba  evolversi, e in questa prospettiva anche forme di democrazia diretta possono trovare il loro giusto spazio all'interno della democrazia  rappresentativa. Come ho cercato di indicare nel ritratto della famiglia telematica del venerdì sera. D'altra parte, già  ora la democrazia diretta ha fatto irruzione, con i referendum, i sondaggi, le inchieste demografiche, che sempre più tendono a orientare le scelte dei «professionisti della politica». Perché allora non dare più aperta e chiara espressione alla volontà  del cittadino-sovrano, visto che oggi siamo sempre meglio informati, quindi possiamo decidere con maggiore conoscenza, e abbiamo a disposizione gli strumenti che annullano le distanze di spazio e tempo?

 

Dalla rivoluzione elettronica
La «tassa Tobin»

Un granellino di sabbia per far rallentare la vorticosa ruota dei capitali speculativi, una modesta tassa che renderebbe il gettito sufficiente per sanare il debito estero di alcuni paesi: un'utopia?

Spostiamo il nostro campo d'osservazione dalla rivoluzione elettronica all'economia, anzi al suo principale ambito contemporaneo, il «mercato globale». È una realtà  che corrisponde all'abbattimento delle barriere che dividevano il «vecchio mondo» (nazionali, razziali, tecnologiche, ideologiche) e a lanciare contro di esso solo anatemi sono rimasti ormai i conservatori di destra e di sinistra, i nostalgici dello stato nazionale più o meno autarchico. Ma accettare questa realtà  non significa inchinarsi, abdicando alla guida responsabile, di fronte a quelle che i nostri avi definivano le «leggi di bronzo dell'economia».
Il nome è leggiadro - E.v.a - come la nostra progenitrice, con il puntino della sigla intervallato, il contenuto più problematico. Significa, in inglese, «valore economico aggiunto», cioè che compito dell'imprenditore sarebbe produrre il maggior valore aggiunto possibile, inseguendo l'aumento di produttività  con tutti i mezzi, con la tecnologia prima di tutto, ma cercando anche le localizzazioni più favorevoli. Come premio, gli investimenti di un capitale internazionale diffuso, ma dominato dai grandi fondi, che mira a una rimunerazione rapida, pronto in ogni momento a spostarsi. Ogni giorno la finanza internazionale sposta più di 1.500 miliardi di dollari, cifra astronomica. È una massa di capitali indispensabili all'economia globale, ma troppo spesso soggetti al vento della speculazione più che all'impiego produttivo: col rischio di scatenare vere e proprie tempeste, di cui abbiamo già  avuto accenni, a più riprese. Come provvedere a regolare, a incanalare più razionalmente questo flusso enorme, necessario, ma rischioso se lasciato in balia dei soli appetiti immediati di vendita, senza lungimiranza?

 Da tempo (dal 1978) c'è la proposta della «tassa Tobin» (dal nome dell'economista statunitense James Tobin) riassumibile così: mettiamo un granellino di sabbia nella ruota vorticosa dei capitali speculativi, in modo da farla rallentare, una tassa bassa dallo 0,1 allo 0,25 per cento - sulle transazioni monetarie. Anche nella sua versione minimalista darebbe un gettito di 228 miliardi di dollari all'anno, più che sufficiente, ad esempio, a risanare i passivi di due grandi stati debitori sulla scena mondiale. Ma sulla «tassa Tobin» si è fatto un gran discutere, senza applicarla: solo il piccolo Cile ne ha tentato un'introduzione molto parziale.
C'è chi dice, come il commissario italiano dell'Unione europea, Mario Monti, che la «tassa Tobin» sarebbe inutile, perché colpirebbe gli effetti, mentre invece vanno colpite le cause. Da qui la prospettiva di trasferire a qualche organo sovranazionale le funzioni di regolazione una volta esercitate dallo stato nazionale.
L'ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, ha parlato di un «Consiglio di sicurezza economica» collegato all'Onu per intervenire nel caso di crisi economiche sulla scena del mercato globale.
Economia di mercato non significa poi solo capitalismo, o grande capitalismo. Già  oggi si affaccia un Terzo settore che non fa del profitto l obiettivo unico e ossessivo. I suoi indirizzi sono le attività  di utilità  sociale, un commercio «equo e solidale», un sistema bancario aperto verso i poveri e non verso chi già  ha. Anche la nostra rivista ha dedicato molti articoli alle iniziative di questo Terzo settore, alle varie Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità  sociale), alle banche etiche. Guardato con ironia dai «realisti», si sta invece diffondendo, lentamente ma creando una sua rete mondiale, che si muove entro l'economia globale con fini e metodi diversi, e forse anche alternativi.
Non dobbiamo poi dimenticare che la «riforma dell'impresa capitalistica» è stata un grande progetto non solo della socialdemocrazia, ma anche del movimento sociale cristiano che ha sostenuto una «terza via» fra capitalismo liberale e collettivismo marxista, basata sulla cooperazione e sulla cogestione. Mentre la democrazia avanza dovunque, nell'economia sembra, invece, rafforzarsi il principio monarchico od oligarchico nella conduzione delle imprese. Con un processo all'inverso di quello della diffusione della democrazia, a tutti i livelli. Ha detto Tony Blair: «Bisogna trasformare l impresa da una società  di azionisti in una società  di partecipanti, favorendo la concertazione su tutte le decisioni importanti». È vero che il Tony Blair, diventato capo del governo, non ricorda più alcuni dei progetti del Tony Blair capo dell'opposizione, ma l'indicazione rimane valida. Il secolo che si apre potrà  diventare il secolo dell'ulteriore espansione della democrazia solo se vedrà  anche la riforma sociale dell'impresa.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017