La fede non ci estranea dalla vita
«I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio né per lingua o indumenti. Essi non abitano in città proprie (…); la vita che conducono non ha nulla di strano… Svolgono nel mondo la stessa funzione dell’anima nel corpo». Lo abbiamo quasi imparato a memoria questo passo dell’antico scritto A Diogneto, in cui si descrive la vita dei cristiani come quella di persone che abitano nella città di tutti. C’è quasi la sorpresa di constatare che essi non si appartavano in luoghi riservati ed esclusivi, come accadeva per molte esperienze religiose del tempo.I cristiani, da sempre, vivono nel mondo.
Mi piace molto questa espressione: vivere nel mondo! Mi fa venire in mente gli spazi aperti di una realtà da esplorare; persone diverse da incontrare e conoscere; tante esperienze possibili… È la vita, con la sua intensità, le sue bellezze e i suoi drammi, le sue fatiche e le sue speranze. Il mondo è uno spazio senza confini, in cui si vive l’universalità del nostro essere tutti fratelli, figli dello stesso Padre, chiamati allo stesso destino, coinvolti nella stessa responsabilità di far emergere, del mondo che Dio ci ha messo nelle mani, la ricchezza e la grandezza.
È ciò che viviamo quando ci troviamo in famiglia, al lavoro, nello studio; quando sperimentiamo l’amicizia e l’amore; la responsabilità e l’impegno; la fatica e il dolore…
Siamo cristiani dentro le esperienze di tutti. Mi piace questa fede che non ci rende dei diversi; che non ci estranea dalla vita; che fa più saldi i legami reciproci del nostro essere donne e uomini.
Quando penso questo, mi riecheggiano dentro le prime parole della Bibbia; nel racconto della creazione, si ripete come un ritornello: «… e Dio vide che era cosa buona». Come è facile smentire, con i nostri isolamenti dalla vita o con i nostri lamenti sulla realtà, la compiacenza di Dio sul mondo e sulle cose. Il mondo per Dio è talmente importante che ci ha mandato suo Figlio. Questi per trent’anni ha vissuto da sconosciuto, senza una parola pubblica, quasi a dire che il vivere con noi come uno di noi era talmente bello e grande che non c’era bisogno di parole. Per il Signore Gesù il fatto dello stare nel mondo, confuso tra le persone del suo tempo e della sua terra, era già abbastanza eloquente da non aver bisogno di spiegazioni.
Certo questo mondo porta i segni del male e del peccato: dopo quello delle origini, il peccato di tutti noi, segnati dall’orgoglio, dalla paura, dalla pretesa di essere dei piccoli dei. Per tornare alla bellezza iniziale, il mondo ha bisogno di amore: quello del Figlio di Dio, che ha fatto dono della sua vita sulla Croce perché tutti noi fossimo restituiti alla pienezza della vita. Dopo di lui, tocca a noi trasformare il mondo dal di dentro con l’amore dei nostri gesti quotidiani: restituendo il lavoro al suo valore di azione solidale per la vita di tutti; attivando un’educazione che sia di sostegno alla crescita originale delle nuove generazioni; vivendo l’amore umano in tutta la sua bellezza di dono all’altro; riprogettando la politica come azione che costruisce una città in cui è possibile la dignità di ogni persona.
Vivere nel mondo con la forza dell’amore equivale a farlo risorgere, e a risorgere noi con lui. Tutti coinvolti dentro il mistero della risurrezione del Signore Gesù. In questo modo i cristiani sono anima del mondo: con l’amore pasquale che trasforma tutto.
Dov’è possibile incontrare i cristiani? Nei luoghi dove tutti vivono: famiglia, scuola, ufficio, negozio, piazza, stadio… E se a qualcuno venisse in mente che il luogo in cui trovare i cristiani è la parrocchia, o il gruppo ecclesiale, risponderei che quella non è che la «riunione di famiglia»: lì si dicono le cose importanti per la famiglia, ma poi ci si disperde nel mondo, a condividere con gioia fraterna la bellezza e la fatica della comune umanità.
Paola Bignardi, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana fino a maggio 2005, è attualmente direttrice di «Scuola italiana moderna» e coordinatrice dell’associazione Retinopera. È stata relatrice al Convegno ecclesiale nazionale
di Verona 2006.