La festa della Lingua

Quest’anno si celebrano i 750 anni dalla ricognizione del 1263 quando san Bonaventura da Bagnoregio trovò la Lingua del Santo incorrotta.
15 Gennaio 2013 | di
Quest’anno, con la festa della Lingua del Santo, che si celebrerà a Padova domenica 17 febbraio, inizieranno una serie di manifestazioni. Celebriamo infatti i 750 anni della traslazione della salma di sant’Antonio dalla chiesetta di Santa Maria Mater Domini, dov’era stato collocato dopo la sua morte nel 1231. Il fatto, che avvenne l’8 aprile 1263, non è noto tanto per il trasferimento dei resti del Santo in un altare della nuova Basilica adiacente alla vecchia chiesetta, ma per il rinvenimento della sua Lingua ancora incorrotta. Erano presenti molti vescovi, un notaio e dodici testimoni inviati dal Comune di Padova.

Presiedette la solenne celebrazione il generale dell’Ordine francescano, Bonaventura da Bagnoregio, che sarebbe stato in seguito proclamato santo (1482) e dottore della Chiesa (1588). Nel suo significato in rapporto alla vita di Antonio, lo straordinario rinvenimento si configura come preziosa conferma dell’umanità e santità del frate portoghese oltre che della persistenza dei valori del sacro in lui presenti. Sono quattordici le testimonianze offerte dalle prime biografie e dai sermoni del XIII-XIV secolo su quanto avvenne nella prima traslazione dei resti mortali del Santo. Sono documenti che – come sottolinea l’«Addizione di Lucerna» all’Assidua, prima biografia del Santo – mettono in evidenza come il ritrovamento della Lingua incorrotta «è posta come prova e conseguenza dei doni di capacità apostolica e pentecostale di cui fu dotata la Lingua del Santo».
 
Il ritrovamento suscitò commozione e stupore. Bonaventura da Bagnoregio, mostrando ai presenti quella che diverrà una delle reliquie più insigni del Santo, proclamò: «O lingua benedetta, che hai sempre benedetto il Signore, e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare chiaramente quanto grandi sono stati i tuoi meriti presso Dio». Il reperimento fu da tutti letto come prova della santità di Antonio, il quale aveva speso la vita nella proclamazione della Parola: la vita del Santo da quel momento in poi divenne criterio e ispirazione per le scelte del credente anche in ambito sociale. Frate Luca, teologo del convento, nel secondo sermone tenuto nel giorno del rinvenimento, sviluppò una profonda teologia delle reliquie. Esse acquistano – sottolineava – un significato sacro in quanto si riferiscono alla santità dei testimoni a cui si riferiscono, orientando la religiosità popolare alla visione della celeste Gerusalemme, alla certezza del paradiso.
Anche le reliquie di sant’Antonio sono elevate alla comune venerazione per la santità, i segni divini e le eroiche testimonianze della sua vita apostolica. Quella Lingua, trovata «rubicunda et pulchra» – come sottolineano i documenti –, dopo che il corpo del Santo era rimasto trentadue anni «sub terra», ha offerto alla Chiesa e ai fedeli una prova dell’esaltazione voluta da Dio per l’eroica testimonianza di Antonio.
 
La Basilica, non era ancora terminata. L’evento dell’8 aprile 1263 diede nuovo impulso al culto antoniano e motivò la ripresa dell’ampliamento del tempio, grazie anche all’intervento del Comune di Padova, il quale, dopo la liberazione della città nel 1256 dal dominio ghibellino di Ezzelino da Romano, aveva proclamato il Santo protettore della città: «defensor civitatis». L’ampliamento della Basilica, con cupole bizantine e minareti, ha donato al tempio una caratteristica architettonica in chiave ecumenica. È divenuta, come ha sottolineato papa Leone XIII, la Basilica del «Santo di tutto il mondo». 


Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017