La forbice dell'integrazione
Allo scopo di garantire al pensionato un reddito minimo ritenuto sufficiente per far fronte alle più elementari esigenze di vita, la normativa vigente fino al 1° ottobre 1983 stabiliva che l";importo della pensione non potesse essere inferiore ad una determinata somma, detta appunto trattamento minimo. Di conseguenza, quando l";importo di una pensione, in base al calcolo della contribuzione di cui era titolare l";interessato, risultava inferiore al minimo, l";Inps provvedeva "automaticamente" ad integrarla (integrazione al minimo) fino alla misura del minimo in vigore alla data di decorrenza della stessa pensione.
E di questa procedura hanno usufruito, in particolare, i nostri emigrati dato che, di frequente, in passato, raggiungevano l";età pensionabile, fissata dalla normativa italiana in epoca anteriore a quella fissata dal Paese d";emigrazione per cui ottenevano dall";Inps l";assegno, liquidato in base alla contribuzione italiana maturata (pro-rata), di solito molto modesta, ma in realtà si trovavano in pagamento il trattamento minimo.
L";assegno stesso avrebbe poi subito un ricalcolo in diminuzione a seguito della diminuzione della pro-rata estera nella misura in cui la somma delle due pensioni sarebbe risultata pari al trattamento minimo al momento in vigore (art. 8 della Legge 153/1989).
L";automaticità dell";integrazione ebbe termine con il 1° ottobre 1983 in quanto, in base all";articolo 8 della Legge 638/83, l";integrazione venne da allora legata all";effettivo stato di bisogno del pensionato. Per il legislatore sussisteva questa condizione allorché l";interessato era titolare di redditi personali di importo non superiore a due volte il trattamento minimo, fissato dalla Legge all";inizio dell";anno della sua pensione. In tal caso l";integrazione spetta in misura intera o ridotta in modo cioè che, sommata alla pensione spettante in base ai contributi, non comportava il superamento del minimo stesso. I nostri emigrati si sono salvati da questa norma retributiva in quanto per i titolari di pensione residenti all";estero, il calcolo dei requisiti reddituali, al fine dell";integrazione al minimo, era stato escluso espressamente dal successivo articolo 9 bis della stessa Legge 638/83.
All";inizio degli anni Novanta, il problema dei conti pubblici, sempre più in rosso, da una parte, e la necessità di risanare il bilancio pubblico in attuazione degli impegni assunti in campo europeo, dall";altra, costrinsero il Parlamento italiano ad adottare provvedimenti di contenimento della spesa pubblica. Ovviamente il primo settore preso di mira fu quello della spesa previdenziale.
● Situazione reddituale del pensionato
Tra le situazioni di privilegio, o presunte tali, viene considerata anche la normativa pensionistica a favore degli emigrati, e la prima norma a cadere fu appunto il citato articolo 9 bis, abrogato con l";articolo 7 della Legge 407/90. Di conseguenza dal 1° febbraio 1991 anche i nostri emigrati, come i residenti in Italia, hanno dovuto denunciare i propri redditi all";Inps per ottenere, a seconda dell";ammontare degli stessi, l";integrazione totale o parziale della pensione.
● Anzianità contributiva
Con lo stesso articolo 7 è stato deciso che il primo requisito per ottenere l";integrazione al minimo per i pensionati residenti all";estero, è dato dalla presenza, nell";assicurazione italiana, di un";anzianità contributiva non inferiore ad un anno, per lavoro svolto in Italia. La totale o parziale corresponsione del trattamento minimo sarebbe poi dipesa dalla situazione reddituale dell";interessato.
A queste disposizioni, ne sono seguite altre negli anni successivi, tese a ridurre la possibilità , per i nostri emigrati, di ottenere il trattamento minimo. Infatti il requisito di un anno di anzianità contributiva in Italia venne portato a cinque anni dalla Legge 438/92, e a dieci anni dalla successiva Legge 724/94.
● Rilevanza dei redditi del coniuge
Contemporaneamente prendevano corpo le disposizioni che modificavano le modalità di calcolo di trattamento minimo per i pensionati, residenti in Italia o all";estero, in presenza di reddito personale cumulato con quello del coniuge non legalmente ed effettivamente separato.
La prima disposizione fu il Decreto legislativo 503/1992 che stabilì che, ai fini del calcolo dell";integrazione al minimo, con decorrenza 1° gennaio 1993, il reddito personale, sommato a quello del coniuge, non doveva essere superiore a tre volte l";ammontare annuo del trattamento minimo.
A seguito delle proteste delle parti sociali, l";applicazione di questa norma venne sospesa per un anno dalla successiva Legge finanziaria 537/93 che tuttavia ha previsto come, per le pensioni liquidate dopo il 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994, il trattamento minimo potesse essere erogato a condizione che il reddito cumulato con quello del coniuge non superasse l";importo pari a cinque volte la misura del trattamento minimo.
Con la Legge 335/95 di riforma delle pensioni per i soggetti coniugati, andati in pensione in data posteriore al 31 dicembre 1994, il trattamento minimo veniva concesso, sempre che il reddito cumulato con quello del coniuge non superasse l";importo pari a quattro volte la misura annua del trattamento minimo.
● Rateo mensile minimo
In considerazione del fatto che in questo contesto normativo e, soprattutto, per la sostanziosa anzianità contributiva richiesta per poter concedere l";integrazione, le pensioni per i nostri emigrati risultavano di importi sempre più modesti, la stessa Legge 335/95, con il comma 15 dell";articolo 3 veniva a garantire un importo minimo per le pensioni liquidate in regime internazionale, nel senso che la rata mensile non può essere inferiore per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia, ad un quarantesimo del trattamento minimo vigente alla data di decorrenza della pensione.
● Rilevanza dell";importo rateo estero
L";articolo 3 della Legge 335/95, se da una parte ha cercato di migliorare la situazione delle pensioni di importo ormai risibile, dall";altra ha apportato un";ulteriore modifica riduttiva dell";importo del trattamento minimo in pagamento per i pensionati residenti in Italia o all";estero, sia che usufruiscano della pro-rata estera che di quello italiano proporzionalmente integrato. Infatti il comma 14, che ha sostituito il testo dell";articolo 8 della Legge 153/1969, nel ribadire che l";importo dell";integrazione al minimo deve essere ridotto proporzionalmente o annullato a seguito della liquidazione della pro-rata estera, ha stabilito che dal 1° gennaio 1996 l";integrazione al minimo per le pensioni internazionali in pagamento, debba essere ricalcolato in funzione delle variazioni della prestazione estera della quale usufruisce il pensionato, variazioni intervenute al 1° gennaio di ciascun anno. Cioè, se ad inizio anno aumenta la pensione estera deve proporzionalmente diminuire l";integrazione, garantendo sempre e comunque al pensionato il minimo vitale. Questa disposizione risulta conforme ad un";altra analoga già da tempo esistente in ambito Cee (Decisione 105).
Di conseguenza i nostri connazionali che usufruiscono di una pensione pro-rata dell";Inps, debbono comunicare all";Istituto non solo se è stata liquidata una pensione estera e il relativo importo, ma anche se sulla stessa, già in pagamento, ci sono state variazioni d";importo. Queste notizie debbono essere contenute nel modulo, appositamente predisposto dall";Inps, che deve essere compilato e sottoscritto dall";interessato e inviato alla sede indicata sul modulo stesso.
Apprese queste notizie, l";Inps procede al ricalcolo della pensione a meno che, ritenendo inaffidabili i dati forniti, non voglia prima contattare le istituzioni estere competenti per le necessarie precisazioni e verifiche.
In questi trent";anni di applicazione dell";articolo 8 della Legge 153/1969 si sono verificati ritardi e difficoltà nella trasmissione delle comunicazioni concernenti la liquidazione della pro-rata estera, e l";Inps, nel momento in cui riusciva ad ottenere i dati necessari per la riliquidazione delle pensioni, ha elevato addebiti sui ratei mensili delle pensioni onde poter recuperare quanto in più era stato riscosso indebitamente, spesso con grande disagio dei pensionati.
● Sospensione del pagamento minimo da parte dell";Inps
Successivamente, allo scopo di evitare il moltiplicarsi di queste situazioni debitorie, e in attesa delle informazioni sull";importo della pensione estera, l";Inps è giunta a sospendere il pagamento del minimo nei confronti di quei pensionati che, in base alla normativa vigente nel Paese d";emigrazione, avevano raggiunto l";età pensionabile.
A questo proposito, ricordiamo la sospensione cautelativa che due anni fa l";Inps ha adottato nei confronti di 850 connazionali residenti in Argentina. La questione si è poi parzialmente risolta a seguito di intese intervenute tra il locale Organismo previdenziale e l";Inps sotto le spinte delle forze sociali.
● Invio della documentazione all";Inps
Casi analoghi di ritardo e di difficoltà si sono verificati per quanto riguarda la restituzione, da parte degli interessati, del modello 335/AGO che l";Inps ha inviato ai propri pensionati per poter conoscere gli importi delle variazioni delle prestazioni estere. E così per la trasmissione di molta documentazione da parte dei nostri emigrati.
LEGGE 385 DEL 14 DICEMBRE 2000, ART. 1
A conclusione di questo lungo discorso, volto a sottolineare l";andamento costantemente negativo dell";ammontare di una maggiorazione sulla pensione, come il trattamento minimo, che avrebbe dovuto assicurare soprattutto ai nostri emigrati, lontani dalla madrepatria, la possibilità di sopravvivere dopo una lunga vita di fatiche e sacrifici, non possiamo non parlare dell";articolo 1 della Legge 385 del 14 dicembre 2000 che ha modificato, in favore di pensionati compresi in determinate fasce d";età , le disposizioni vigenti per quanto riguarda la rilevanza del reddito del coniuge ai fini della liquidazione del trattamento minimo.
In particolare: soggetti ai quali, al 31 dicembre 1992, mancavano non più di due anni al raggiungimento dell";età pensionabile. Si tratta in sostanza di donne di 55 o 60 anni, rispettivamente lavoratrici dipendenti o autonome; ovvero di uomini di 60 o 65 anni, rispettivamente lavoratori dipendenti o autonomi, ai quali il trattamento minimo è attribuito, a decorrere dal 1° gennaio 2000, nella seguente misura:
● 70% in presenza di reddito cumulato con quello del coniuge, di importo superiore a quattro volte e non eccedente cinque volte, l";ammontare annuo del trattamento minimo.
● 40% in presenza di reddito cumulato con quello del coniuge, di importo superiore non eccedente sei volte l";ammontare annuo del trattamento minimo.
Soggetti ai quali, alla data del 31 dicembre 1992, mancavano non più di tre anni al raggiungimento dell";età pensionabile, nati nel primo semestre dell";anno.
I soggetti interessati sono:
Lavoratori dipendenti. Uomini nati tra il 1° gennaio 1935 e il 30 giugno 1935; donne nate tra il 1° gennaio 1940 e il 30 giugno 1940.
Lavoratori autonomi. Uomini nati tra il 1° gennaio 1930 e il 30 giugno 1930; donne nate tra il 1° gennaio 1935 e il 30 giugno 1935. Agli stessi il trattamento minimo è attribuito a decorrere dal 1° gennaio 2001 nella seguente misura:
● 70% in presenza di reddito cumulato con quello del coniuge, di importo superiore a quattro volte e non eccedente cinque volte l";importo annuo del trattamento minimo;
● 40% in presenza di reddito cumulato, non eccedente sei volte l";ammontare annuo del trattamento minimo.
Soggetti ai quali, alla data del 31 dicembre 1992, mancavano non più di tre anni al raggiungimento dell";età pensionabile, nati nel secondo semestre dell";anno. Si tratta di lavoratori dipendenti nati tra il 1° luglio 1935 e il 31 dicembre 1935, e di donne nate tra il 1° luglio 1940 e il 31 dicembre 1940.
A decorrere dal 1° gennaio 2002 l";integrazione è attribuibile, con il medesimo meccanismo indicato nelle due precedenti fattispecie, prendendo ovviamente a riferimento i limiti reddituali in vigore nel 2002.