La forza di un impegno

Padre Gaetano Parolin, vicario generale della Congregazione di San Carlo, racconta com’è cambiato l’impegno dei padri Scalabriniani a favore dei migranti sulle frontiere calde del mondo.
17 Dicembre 2003 | di

Nel 2004 la Congregazione dei Missionari di San Carlo celebra il centenario della visita del loro fondatore, il beato Giovanni Battista Scalabrini, alle missioni di Brasile e Argentina. Un";occasione per presentare, con un";intervista a padre Gaetano Parolin, vicario generale della Congregazione, l";attuale presenza dei padri scalabriniani nel mondo.
Msa. Padre Gaetano, lei ha visitato recentemente le missioni scalabriniane in diversi Paesi del mondo. Può presentarci la situazione delle Missioni della Congregazione partendo dai Paesi dell";America latina?
Padre Parolin
. Sono Paesi che stanno attraversando un momento critico dal punto di vista politico, sociale e culturale, e le nostre comunità  continuano a rivolgere in favore dei migranti un impegno globale, cercando cioè di rispondere ai loro bisogni sia dal punto di vista sociale che da quello pastorale. La nostra presenza è concentrata nelle città , soprattutto nei grossi agglomerati urbani in cui si rifugiano molti emigrati dai territori interni dei singoli Paesi e dalle nazioni confinanti, in un";angosciosa ricerca di lavoro e di una migliore sistemazione sociale per la loro famiglia. Pur continuando a rivolgere la nostra azione pastorale a beneficio delle comunità  italiane, oggi come conseguenza delle politiche precarie e molto labili di alcuni Paesi dell";America latina, essa si estende a tanti gruppi di nazionalità  diverse che in continuazione si spostano da uno Stato all";altro. Questi trasferimenti da un confine all";altro di boliviani, peruviani, colombiani, paraguaiani, ecc. si fanno più drammatiche a mano a mano che ci si avvicina alle «frontiere calde», come quelle che dividono il Guatemala dal Messico, oppure Haiti dalla Repubblica Dominicana. Di fronte a queste nuove frontiere, le nostre comunità  si sono caratterizzate per specifici impegni sociali e pastorali. Oltre a partecipare alle commissioni episcopali "; nazionali o regionali "; gli scalabriniani hanno aperto Case del Migrante, fondato organizzazioni non governative pianificando un lavoro d";insieme. È un impegno missionario «migrante» perché anche le frontiere si spostano. Mentre anni fa la frontiera calda era al nord del Messico, oggi è collocata al sud, nella «Valle della morte», ai confini con il Guatemala, dove i migranti si aggrappano al famoso treno per passare la frontiera, anche rischiando la vita. In Messico abbiamo aperto una Casa del Migrante e un Centro di Pastorale Migratoria a Ciudad Juarez, Chihuahua, e a Tijuana, nella Baja California. Per le gravi problematiche causate da questi forzati flussi migratori "; dal bisogno della casa, dalla ricerca di un lavoro, a tante altre situazioni di sofferenza "; le Case del Migrante si configurano innanzitutto come punti di riferimento, diventano cioè un segno.
Quali sono le missioni scalabriniane ancora legate alle comunità  italiane nei Paesi dell";America latina?
Sono quelle dell";Argentina e del Venezuela, dove esistono ancora comunità  italiane, emigrate nel secondo dopoguerra, che avevano acquisito una certa posizione sociale, ma che oggi sono altamente penalizzate dall";attuale crisi economica. I loro risparmi si sono volatilizzati e la vita è divenuta per tutti più difficile. Ad aggravare la situazione è uno stato d";insicurezza che si è trasformato, in molti casi, in minacce alle singole persone. Come segno positivo, le missioni cattoliche hanno ripreso il loro ruolo di luoghi d";aggregazione delle tante associazioni italiane, e di punti di riferimento per iniziative di solidarietà . Continua invece, con più serenità , il lavoro pastorale nelle comunità  italiane di Brasile, Cile e Uruguay.
Come si esprime, oggi, il carisma scalabriniano nei Paesi d";oltreoceano?
In questi Paesi abbiamo una lunga storia di assistenza alle comunità  italiane. Ma in risposta al fenomeno della mobilità  generalizzata, oggi la nostra presenza si è aperta ai migranti molto più bisognosi degli italiani, sia dal punto di vista sociale che pastorale. Attualizzando il carisma del beato Scalabrini, il nostro è un impegno pastorale d";animazione che si svolge nella Chiesa locale e nella società  civile in cui siamo inseriti. L";obiettivo è quello di promuovere, tra le istituzioni e i nuovi gruppi di emigrati, rapporti costruttivi e continuativi, per evitare separatezze e steccati. I confratelli del Brasile mi hanno informato sui risultati dell";indagine commissionata dalla Conferenza episcopale locale sull";influenza delle sette. Risulta che queste si sono sviluppate soprattutto nei contesti d";immigrazione e nei grossi agglomerati urbani, dove manca l";animazione e un";assistenza pastorale appropriata.
Vivete lo stesso carisma anche nei Paesi europei?
In Europa abbiamo diverse realtà  che operano per le comunità  italiane. Ma il continuo flusso di gruppi etnici, di cultura e tradizioni diverse, sta sempre più coinvolgendo anche le società  dei Paesi europei. La nostra presenza in nazioni, come la Svizzera o la Germania, non può non tener conto di questo fenomeno. A Ginevra, per esempio, i nostri sei padri assistono la comunità  italiana, quella portoghese e la comunità  formata da latinoamericani.
In Australia ci siete fin dal secondo dopoguerra. Come si caratterizza oggi la vostra presenza?
La storia scalabriniana nel Nuovissimo Continente è davvero interessante. È iniziata nel 1952 "; ne abbiamo celebrato, due anni fa, il 50° "; nelle periferie delle città  del Nord, dove si concentravano i tagliatori di canna provenienti dall";Italia. Poi siamo scesi nelle città  di Brisbane, Sydney, Melbourne, Adelaide, Perth e in altri centri del continente. Oggi la nostra assistenza pastorale per gli italiani continua con un";attenzione rivolta agli anziani italiani, per i quali sono stati fondati dieci villaggi. È la richiesta più importante delle nostre comunità . Le parrocchie in genere sono «territoriali», frequentate cioè da altre comunità  etniche; ma la cosa più interessante è che la nostra Provincia religiosa si sta sviluppando anche nei Paesi dell";Est asiatico. Abbiamo iniziato nelle Filippine dove siamo presenti già  da vent";anni; e poi ci siamo trasferiti in Indonesia dove c";è un gruppo forte di vocazioni, a Taiwan e, in prospettiva, in Giappone. Sono presenze e aperture pastorali che richiedono discernimento, risorse umane oltre che finanziarie, e soprattutto la capacità  di capire mentalità  e situazioni molto diverse da quelle occidentali.
Alla nostra redazione, sono pervenute lettere scritte da laici che si sono definiti «scalabriniani»`€¦
Il beato Scalabrini ha fondato oltre la Congregazione dei Missionari di San Carlo, anche la Società  di San Raffaele, per l";assistenza agli emigrati nei porti di partenza e d";arrivo. Ma oggi molti laici, impegnati soprattutto in servizi di carattere sociale e culturale, stanno scoprendo il carisma scalabriniano. Per il 2005, centenario della morte del fondatore, stiamo programmando anche un convegno internazionale per loro, in risposta alle loro richieste d";approfondimento della spiritualità  scalabriniana, e delle peculiari caratteristiche del loro impegno missionario. In preparazione al centenario della visita di monsignor Scalabrini in Brasile e in Argentina "; che celebriamo quest";anno ";, la statua del beato sta girando in tutte le case dei laici legati al carisma del beato, promuovendo momenti di riflessione e di preghiera per gli abitanti del territorio. Questa irradiazione del carisma scalabriniano presso i laici è certamente un novità  che dà  maggior respiro e nuove prospettive a tutta la Congregazione.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017