La giovane triste

07 Maggio 1998 | di

'Una presenza che non si vede, che è più facile dimenticare che ricordare': in tale modo una giovane definì `€“ tristemente `€“ lo Spirito Santo durante un recente incontro di preghiera presso il nostro monastero. In quella circostanza mi venne alla mente, come prima considerazione, l`€™episodio di Efeso e l`€™affermazione ivi riportata: 'Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo' (At 19,1-7). È ancora possibile, a distanza di secoli, condurre una vita cristiana staccata dallo Spirito, che pure ne è la radice? Certo, in genere si tende a conferire una maggiore importanza al Natale o alla Pasqua e forse la Pentecoste rimane un po`€™ dimenticata, ai margini della celebrazione; eppure essa è il compimento dei misteri del Signore: egli viene a noi, ci dà  la sua vita e nel dono dello Spirito viene 'in' noi. In questo senso Sergej Bulgakov ricupera la Pentecoste, accanto all`€™incarnazione e alla Pasqua, quan-do scrive nella sua opera Il paraclito: 'È vero che [...] la discesa [dello Spirito] si manifesta soltanto nei doni. Non si può né vederla, né adorarla, come i pastori e i magi avevano adorato il Logos disceso dal cielo, il Dio bambino adagiato nella mangiatoia. La sua presenza invisibile si manifesta soltanto in una particolare abbondanza di doni, che tuttavia non erano sconosciuti al di fuori della Pentecoste'.

La seconda considerazione che mi suscitò l`€™intervento della 'giovane triste' fu, invece, di carattere contestuale: il tema dell`€™incontro di preghiera era incentrato sulla comunità  ecclesiale, luogo di riconciliazione, perdono e comunione. Lo Spirito per il quale la chiesa vive è lo Spirito dell`€™amore, dell`€™unità  e questa può essere custodita o riacquistata solo mediante la comprensione, l`€™accoglienza e il perdono. È di questa presenza che ci si dimentica, è questo lo Spirito che si definisce il 'grande assente'? Eppure la comune esperienza non solo spirituale ma anche umana insegna che quanto più ci si ama e ci si perdona tanto più ci si apre all`€™azione dello Spirito di Dio.

L`€™apertura è un segno visibile della presenza dello Spirito perché è un segno d`€™amore. Dono e frutto dello Spirito, la vita della chiesa e quindi la nostra è continuamente chiamata a testimoniare di non essere ripiegata su di sé, bensì di voler vivere la fecondità  dell`€™attenzione materna e del rispetto verso tutto il creato e ogni creatura. Come non ricordare, a questo proposito, papa Giovanni XXIII; il quale, quando gli fu chiesto `€“ all`€™indomani dell`€™elezione `€“ che cosa si proponesse di fare come papa, non proferì parola, ma semplicemente si avvicinò a una finestra e la spalancò? Da questa finestra ognuno di noi è invitato a guardare con occhi diversi, nuovi, rigenerati, la realtà  che ci circonda: se nel battesimo `€“ la prima Pentecoste `€“ siamo diventati figli di Dio, ciò implica che abbiamo in noi la vita stessa di Dio che è lo Spirito di novità . Vediamo scorrere sotto i nostri occhi la storia del mondo e la vediamo intessuta di molteplici esperienze umane che si alternano drammaticamente tra il bene e il male, tra le ferite dell`€™angoscia e i gesti luminosi della speranza...

Questa nostra storia `€“ non un`€™altra `€“ la persona dello Spirito riempie di sé, partecipando con il Padre e il Figlio all`€™opera salvifica; e dal momento che riempie di sé ogni cosa, occorre saper mutare radicalmente il nostro atteggiamento interiore. La Pentecoste, infatti, è il luogo dove si svela il mistero dell`€™uomo che si incontra personalmente e in modo unico con la persona dello Spirito e i suoi doni; e questo incontro, sfuggendo alle nostre possibilità  di controllo, merita il rispetto più profondo: nessuno può e deve ignorare la presenza dello Spirito o addirittura respingerlo, neppure nella cosa più piccola o nella persona più modesta. Nessuno deve giudicare o permettere che la propria valutazione delle azioni di un uomo ostacoli l`€™opera dello Spirito, il quale spinge sempre all`€™unità  con l`€™altro, nonostante le sue azioni che lo rendono diverso o persino in contrasto.

La Pentecoste ci ricorda che, sotto la crosta di ciò che appare, palpita la vita stessa di Dio come sotto la terra una sorgente d`€™acqua cristallina e pura. Occorre, pertanto, andare oltre la superficialità , alla ricerca del bene e del buono che c`€™è in ogni essere umano. È la prassi di Gesù, è la prassi rinnovata che nasce dallo Spirito e dai suoi doni e che ci permette de vivere 'secondo la carità  nella verità ' (Ef 4,15).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017