La giovane-vecchia devota al Santo
Tra tanta gente in fila, in attesa, quasi una processione, a Padova presso la Basilica di Sant’Antonio si distingueva visibile, volutamente visibile. Lei, una giovane-vecchia. Giovane, perché vestita di tanti colori, un arcobaleno di colori, che creavano nel loro variopinto proporsi e imporsi un vivaio di luci, come sempre trasmettono i colori vivaci e sgargianti. E, poi, un cappello a larghe falde – giallo e arancio – che nascondeva in parte il viso, lo copriva per creare ombra o per nascondere ombre. Non stava ferma nella fila, si muoveva in continuazione, si staccava e si rimetteva in fila, dove trovava posto.
La notò Piero, mio marito – lui, vista acuta, buon osservatore – la notò quando era ancora distante. La fila formava un lungo serpentone che si snodava in altre tre lunghe file. La notò e mi segnalò la sua presenza: «Guarda quella, com’è vestita!». E io la guardai, sorpresa, pensando: «Ah, i giovani di oggi, cosa non fanno per farsi notare!». Nel suo girare frenetico, scomposto, ci venne più volte quasi vicino e sempre il mio sguardo si posò sul suo abbigliamento: non colori coordinati, ma di diversa tonalità e intensità che facevano a pugni tra di loro. Non in sintonia. Come gli uomini, talvolta, nella vita. Ci passò, poi, accanto, per un momento e notai le gonne – tante gonne – di diverso colore e altezza da cui fuoruscivano bordi, merletti, frange. Gonne lunghe come si usavano un tempo. E come usano ancora le ragazze e le giovani donne quando vanno a ballare. Anche le camicette – più di una – formavano in lei uno spettacolo insolito, variopinto, disarmonico. Quasi dissacrante in quel luogo dove tutto era sacro, dove tutto respirava sacralità. E profumava di sacralità con tanta gente devota, venuta da vicino e da lontano a onorare, celebrare e a pregare quel Santo, che, a soli sedici anni, aveva capito e scelto la sua via e la sua vita, quando alla madre Maria, che altro aveva pensato per quel figlio tanto amato, disse: «Mamma, ti lascio. Vado al Monastero agostiniano di Santa Croce a Coimbra».
E la madre, che si stava opponendo, per il timore di mandarlo lontano da Lisbona – così piccolo, così fragile – fece solo in tempo ad aprire la bocca, perché, appena lo guardò, vide nei suoi occhi una «luce». Una luce che andava «oltre», che prometteva speranza e felicità. Quella «luce» che oggi regala a migliaia e migliaia di visitatori. Lui, fragile e piccolo, divenuto nelle braccia di Dio – tenendo quel Bambino piccolo Gesù – forte e potente. Per dare quella «pace» che ogni uomo cerca, che, talvolta, «il mondo irride, ma che rapir non può».
La fila si fermò per un momento, proprio all’approssimarsi dell’entrata della Basilica, e sostammo tutti per un po’. Il cuore fermo al pensiero di quel Santo Patrono che mia mamma adorava e pregava sempre. Come sempre rimarranno in me le sue parole: «Qualche volta voglio andare con te a Padova alla Basilica di San Antonio». E, poi non fu più possibile per l’evento ineluttabile che la strappò improvvisamente e prematuramente alla vita e a me. Una delle tante cose che la vita, poi, nega. Amaramente.
E lei, di nuovo, a frapporsi tra i miei pensieri, a pararsi davanti, come un paravento. E l’osservai bene. Osservai il suo viso, i suoi occhi, la sua espressione. Incredibilmente vecchia. Un volto inespressivo, inerte, forzatamente vivo. E quando mio marito, sempre più incuriosito, le rivolse la parola: «Mi piace com’è vestita. Danno calore i suoi indumenti». Lei ci guardò, incredula, si piegò, cominciò a contare le sue gonne – una, due, tre, quattro – e disse: «Sono di quel tempo, ognuna mi ricorda quel tempo felice. Avevo due figli e li ho persi entrambi. Uno di 50 e l’altro di 52 anni. Ora sono sola». «Com’è stato?» chiedo io, addolorata e partecipe. E lei, triste e risoluta: «Non posso, non voglio parlarne. Mi fa troppo male. Cerco Pace». Fu un «contagio d’anima» quello che la giovane-vecchia mi regalò quel giorno. Un contagio che perdura a ricordarmi quel «limite» umano che ci fa fragili ma forti, se sappiamo e vogliamo trascenderlo. Cercando pace, la vera «Pace».