LA LETTERA DEL MESE

02 Giugno 2001 | di

Elezioni: voglia di stabilità 

`€œPenso che una buona fetta di italiani abbia tirato un sospiro di sollievo quando lo scoccare della mezzanotte dell`€™11maggio scorso ha posto fine a una delle più aspre campagne elettorali della storia repubblicana: personalizzazioni esasperate, insulti a gogò, reciproche delegittimazioni e così via. Poi gli italiani sono andati a votare (e molti dopo insopportabili code) e, a quanto sembra, facendo una scelta di campo ben precisa. Ora chi comanda, la Casa delle libertà , ha tutti i numeri per poter governare l`€™intera legislatura, senza rischi di ribaltoni. E tutto il tempo per dar sostanza alle tante promesse fatte. Anche se personalmente avrei preferito esiti diversi, penso che la stabilità  conseguente a questa scelta chiara possa essere considerato un fatto positivo. Le turbolenze, i frequenti cambi di guida, alla fine non giovano a nessuno. Penso sia ora che anche in Italia, come in tanti altri paesi democraticamente progrediti, la stabilità  e l`€™alternanza diventino un fatto naturale. Chi vince le elezioni governa per il tempo stabilito, incalzato da un`€™opposizione che non sia solo sterile contrapposizione politica: se si sarà  comportato bene, verrà  premiato con la riconferma, altrimenti rispedito nei banchi dell`€™opposizione. Senza prendersi per i capelli. Voi che ne pensate? O è troppo presto per emettere un giudizio di merito?`€.

Carlo Lo Presti - Ragusa

 

Da quanto si legge sui giornali e stando alle interpretazioni dei numeri e delle scelte fatte, pare che non siamo usciti dall`€™occhio del ciclone e, come è del resto naturale, l`€™atmosfera è ancora carica di elettricità . La lettera ci offre l`€™occasione per dire la nostra opinione (se ce ne fosse bisogno!) su quello che l`€™Italia ha vissuto in questi giorni. A parte la deplorevole disorganizzazione delle operazioni di voto, e i disagi che molti cittadini hanno dovuto sopportare per esercitare uno dei loro fondamentali diritti, l`€™impressione è che questa sia stata una `€œvotazione storica`€ (qualcuno, ma mi pare impropriamente, l`€™ha paragonata a quella del 1948). Abbiamo davvero raggiunto il sistema bipolare delle altre democrazie europee?

Credo che parte della risposta sia già  contenuta nella sua domanda. La campagna elettorale è stata sicuramente aspra (lo stesso presidente della Repubblica è intervenuto invitando alla moderazione) e i programmi, poi, mi pare siano stati secondari rispetto al protagonismo. Ma non ci possono essere dubbi sulla legittimità  democratica delle elezioni. Sulla base di questo, è giusto che il governo governi e che l`€™opposizione faccia l`€™opposizione. Sono queste le regole del gioco democratico. Anche se spesso è più facile fare opposizione che governare. Chi protesta trova quasi sempre ragione.

Vorrei sottolineare, comunque, due esigenze. La prima, che possa essere trovata una trasparente e rapida soluzione al `€œconflitto di interessi`€. Berlusconi non è un politico `€œqualunque`€, è anche un abile uomo d`€™affari con vastissimi interessi. Trasparenza, limpidità  dovranno essere garantite per un corretto governo della res publica, nell`€™interesse di tutti.

Non potrà  essere dimenticata una politica e una tradizione di solidarietà , non solo tra aree più o meno ricche del paese, ma anche nei confronti di fasce meno privilegiate della società . Guardando fuori di casa, esiste una globalizzazione che non può essere fatta solo di economia e di commerci (contro la quale combatte aspramente il `€œpopolo di Seattle`€) ma anche di rapporti e di solidarietà  internazionale, che vanno assunti. A questa attenzione ci richiama spesso Giovanni Paolo II ribadendo con forza il valore della solidarietà . Ma sullo stesso tema ha lavorato anche la terza conferenza Onu, svoltasi a Bruxelles dal 14 al 20 maggio scorso. Facciamo parte di un `€œvillaggio globale`€ e dobbiamo starci, animati da quello spirito di carità  e di amore che proviene dal fatto che siamo tutti figli di un unico Padre.

 

Perplessità  su droghe, alcol e dintorni

`€œLe espongo una mia perplessità : perché si è parlato di liberalizzazione delle droghe? Forse che lo stato vuole anche lì prendersi una parte dei proventi sotto forma di tasse, come fa sugli alcolici? I dati degli alcolisti (1997): 10 milioni e 500 mila. Tossicodipendenti: 360 mila. Decessi per alcol; 30 mila in quell`€™anno, saliti a 43 mila nel 2000. Decessi fra i tossicodipendenti meno di 1000 (860 circa). Ma sugli alcolici vi è una tassa, quindi sebbene uccida di più, si può liberamente vendere (non parliamo poi di fumo, 90 mila decessi di cui 10 mila per fumo indiretto, ma anche in questo caso l`€™erario riscuote la sua parte)...`€.

Renato - Novara

 

Mi rifiuto di pensare a uno stato cinico a tal punto. Il problema delle dipendenze è complesso, coinvolge sia chi usa droghe, leggere o pesanti, sia  chi esagera nel bere e chi fuma (a volte la stessa persona). I dati che lei riferisce, e che ben conosciamo perché del problema ci siamo occupati più volte, sono eloquenti: di fronte allo stesso problema ci si comporta in modo diverso e un po`€™ schizofrenico, anche per certi riflessi inconsci: il giovane `€œfatto`€ incute `€œpaura`€; l`€™ubriaco suscita `€œilarità , diverte`€ o, tutt`€™al più, fa `€œcompassione`€; il fumatore ci lascia indifferenti. Un uso moderato del vino, poi, dicono che può far bene; la stessa cosa non si può dire della droga o della sigaretta. Dietro a tutto questo c`€™è un problema di educazione e di coerenza che qui solo accenniamo ma che tratteremo ampiamente in appositi articoli.

 

Paura di vivere?

`€œSono un insegnante di 35 anni. La mia situazione è un po`€™ singolare, anche se fortunata; vivo infatti con la mamma e tre sorelle nubili che mi circondano di ogni premura. Tuttavia, sento in me un grande vuoto affettivo e una forte inclinazione al matrimonio, e le occasioni di trovare una brava ragazza non mi mancano di certo. Ma mi ostacolano alcune considerazioni. Sento l`€™insegnamento come una missione e per svolgerlo bene occorre molto tempo, che con i nuovi impegni familiari mi verrebbe a mancare. Sento anche il peso delle responsabilità  che dovrei assumermi verso la moglie e i figli eventuali, e mi chiedo se sarò in grado di sostenerli. Allora mi domando che senso abbia mettersi volontariamente in una situazione difficile cui nessuno mi obbliga. E poi è legittimo il dolore che darei a mia madre e alle sorelle, con cui ora facciamo una comunità  così affiatata? Non è egoismo il mio? Non può essere gradito a Dio che rinunci a me stesso per far felici persone che mi hanno tanto amato?`€.

Ernesto

 

È chiaro che nessuno la può obbligare al matrimonio, il quale deve essere una liberissima scelta. Però se si sente un grande vuoto affettivo e una forte attrazione verso la vita coniugale, lo sposarsi potrebbe essere un dovere verso se stessi, perché troncare la normale evoluzione della propria personalità  può essere nocivo da vari punti di vista. Considerato ciò, mi pare che le converrebbe riesaminare a fondo la validità  oggettiva degli ostacoli che lei vede frapporsi alla decisione verso il matrimonio: ostacoli che, a dire il vero, pur sotto qualche apparenza di verità , non sembrano del tutto determinati. E proprio l`€™importanza sproporzionata con cui essi si presentano alla sua coscienza potrebbe indurla a vagliare una eventualità  che non è da scartare: cioè che nel suo animo ci sia un oscuro rifiuto a lasciare quella situazione confortevole da ogni punto di vista in cui vive ora, rifiuto che inconsciamente potrebbe generare in lei i suoi forse eccessivi timori contro il matrimonio. Comunque di fronte a una decisione così seria, non le converrebbe consultarsi a fondo con un sacerdote amico e anche con un psicologo di sua fiducia?

 

Fedeltà  nella `€œcattiva sorte`€

`€œCon mia moglie abbiamo trascorsi nove anni sufficientemente felici, mettendo al mondo anche due bei bambini. Lei però ha sempre mantenuto una notevole dipendenza psicologica dal padre, cui era attaccatissima, il quale non ha mai cessato di metterla contro di me, perché era contrarissimo al nostro matrimonio, sostenendo che non ero in grado di assumermi le responsabilità  coniugali e insistendo perché ricorresse all`€™annullamento. Lei, per quanto spesso turbata, non ha mai dato molto peso alle accuse del papà . Ora però, essendo lui deceduto per infarto, mia moglie ha subito uno shock gravissimo che l`€™ha squilibrata, al punto di accusare me della morte del padre perché l`€™avrei fatto soffrire non amandolo abbastanza.

`€œTuttora, dopo un mese dal decesso, non mi rivolge la parola, se non per lo stretto necessario. Una sua sorella e un sacerdote hanno cercato più volte di parlarle, ma hanno riconosciuto che non c`€™è nulla da fare, perché sembra essere fuori di testa. Può immaginare, padre, la mia sofferenza, dovuta anche al fatto di non poter far assolutamente nulla per lei; posso solo continuare a volerle quel bene che le ho sempre voluto, anche se non posso esprimerlo. Prego anche molto, specialmente attraverso l`€™intercessione di sant`€™ Antonio in cui ho tanta fiducia`€.

Adriano

 

Una sofferenza, la sua, Adriano, aggravata anche dal sentirsi nell`€™impossibilità  di dare un qualsiasi aiuto a sua moglie. Quasi una barriera si fosse frapposta, quella di un silenzio incapace di accettare la parola che è dialogo, comunicazione, comprensione. Voglio sperare che tutto questo possa far parte di uno di quei `€œtempi`€ che pur attraversano la nostra vita. Vorrei sottolinearle che lei già  sta dando un preziosissimo aiuto continuando a tenere vivo in cuor suo l`€™amore e mantenendo, quindi, quella promessa fatta davanti a Dio di esserle fedele non solo nella buona ma anche nella cattiva sorte.

È un giungere alle radici dell`€™amore cristiano e sponsale capace di vivere momenti di pura gratuità , accogliendo la sofferenza e il `€œtempo`€ dell`€™altro. Sono certo che la sua fiducia in sant`€™Antonio le sarà  compagnia nel vivere questa fatica e nel sostenere la speranza di una reciprocità  serenamente ritrovata.

 

Contro certa tv: protestate con una lettera

`€œCarissimo `€œMessaggero`€, sono un tuo lettore affezionato e riconoscente di tutto quello che ci dai. Ho sott`€™occhio il numero di marzo e leggo con piacere la lettera del mese, `€œDi certa tv, non se ne può proprio più`€. Condivido tutto. Però, si dovrebbe fare di più: una specie di referendum fra i lettori e inviare a chi di dovere il risultato, direttamente da te caro, `€œMessaggero`€. Tante firme! Cosa ne dici? In una rubrica sarebbe bello che tu pubblicassi gli spettacoli del mese che sono accettabili e consigliabili. Lo so che è molto difficile, perché ce ne sono veramente pochi nelle ore di maggior ascolto...

`€œQualche canale ha rubriche religiose, qualche altro trasmette film educativi e morali o almeno quelli in cui prevalgono i sentimenti buoni e che almeno abbiano un contenuto rivolto verso il bene... Tu dici: mandate lettere di protesta. Ma a chi mandarle?`€.

Carlo Alberto - Bologna

 

`€œNel numero di gennaio ho avuto modo di leggere l`€™articolo di Umberto Folena `€œQuelli che la tv non la vedono`€ in cui si chiedeva la testimonianza di qualche lettore privo del televisore. Dal giorno in cui ci siamo sposati, io e mio marito abbiamo deciso di rinunciare alla tv: ora, dopo quindici anni, con quattro figli, siamo più che mai felici di aver fatto questa scelta. I nostri figli accettano bene questa mancanza: abbiamo già  molte attività  e si preferisce puntare piuttosto sulla lettura di libri e periodici ricchi di contenuti. So che nel nostro comune di Viadana, almeno altre sei famiglie giovani di buon livello culturale, di nostra conoscenza, con figli ancora piccoli, hanno fatto la stessa scelta. Quindi gente che vive senza televisione ce n`€™è, senza sentirsi degli eroi. Semplicemente è uno stile di vita che elimina molti conflitti e favorisce l`€™igiene mentale`€.

Rosa Zelli, Bellaguarda di Viadana

 

Ci facciamo volentieri portavoce delle vostre proteste. Segnalateci programmi e spettacoli che vi sembrano offensivi della decenza e del buon senso. Pubblicheremo parte delle vostre lettere e, se saranno abbastanza numerose, le invieremo a chi di dovere. Quanto a segnalare programmi tv, la cosa non è semplice per un mensile che viene preparato con notevole anticipo sui palinsesti delle tv.

 

Giovani: dalla denuncia ai fatti

`€œHo 20 anni. Lavoro. Ho la fortuna di avere una bellissima famiglia e amici che mi vogliono bene. Ho partecipato con entusiasmo a due Giornate mondiali della Gioventù: a Parigi, nel 1997, e a Roma, lo scorso anno, nelle quali ho visto con i miei occhi quanti giovani amano stare insieme e condividere la gioia che solo Gesù Cristo ti può dare...

`€œPurtroppo, nella società  odierna siamo più o meno tutti schiavi dell`€™apparire agli altri. La tv, invece di essere un utile servizio, è assolutamente nociva a tutti, ai bambini in particolare.

`€œViviamo in un mondo in cui la gente onesta rischia di essere sommersa da esempi negativi. La giustizia non è capace di condannare; la politica con le sue belle parole e pochi fatti non piace a tanti giovani.

`€œBasta, è ora di pensare che esiste dentro di noi una parte che crede che le cose possano andare meglio... Se le chiese e gli oratori sono vuoti, andiamo a cercare i ragazzi sotto i palazzi, avviciniamoli, magari, con qualche attrattiva che possa in qualche modo incuriosirli. Ho trascorso l`€™ultimo giorno dell`€™anno scorso presso una mensa per poveri, e sono rimasto senza parole a vedere come con un piccolo gesto possiamo fare tantissimo. Non ci si può buttare via perché il sabato sera si fa tardi e si beve troppo, oppure per sentirsi belli perché si respira qualcosa dal naso. La vita è un dono troppo prezioso per farle questo. È troppo bello sentirsi utili per gli altri con gratuità . Sarà  sempre più difficile perché in molti saranno pronti a venirci contro perché schiavi di una società  degradata.

`€œMa io sono convinto che nel mio piccolo qualcosa con umiltà  farò, grazie alla mia famiglia, i miei amici e, soprattutto, grazie a Dio`€.

Marino - Torino

 

Denunciare le cose che non vanno è fin troppo facile, non c`€™è neppure la fatica di cercarle. Ma non si conclude granché se ci si ferma alla sterile denuncia. Occorre passare da questa ai fatti. E tu lo stai facendo. Con piccole cose che non cambieranno certo il mondo, ma dimostrano che se ci mettiamo in tanti a farle, qualcosa di certo cambierà , a cominciare da noi stessi.

 

Mio figlio, salvo per miracolo

`€œVorrei che fosse pubblicata questa mia testimonianza sul `€œMessaggero di sant`€™Antonio`€. Il 28 agosto del 2000 mio figlio Massimo, guidando la macchina, ebbe un grave incidente, riportando trauma cranico, blocco del nervo ottico, frattura dell`€™orecchio interno e ferite alla testa.

`€œMentre era in ospedale, mi sono rivolta fiduciosa a sant`€™Antonio, confidando nel suo aiuto e oggi voglio ringraziarlo pubblicamente perché mio figlio è perfettamente guarito in poco tempo grazie alla sua intercessione. Sono molto riconoscente a sant`€™Antonio e gli chiedo la benedizione per la mia famiglia`€.

Anna Maria - Taranto

 

Sposi missionari

`€œRitornando in treno dal viaggio di nozze io e mio marito abbiamo fatto una lunga e bella chiacchierata con una coppia di sposi che ci ha parlato di una comunità  missionaria a cui appartenevano e che è costituita non solo da sacerdoti, ma anche da laici consacrati e da coppie sposate. Era evidente la loro gioia e il loro sincero entusiasmo per una simile fraternità  e per l`€™arricchimento derivante dalla familiare comunione e collaborazione tra vocazioni così diverse. Il ricordo di quel colloquio torna in mente con insistenza ora che, non potendo avere figli, stiamo pensando di andare almeno per qualche anno in una missione nei paesi del Sud del mondo.

`€œVorremmo rintracciare questa comunità  missionaria, ma non sappiamo come fare. Ci ricordiamo vagamente che nel suo nome c`€™era una parola simile a `€œRegina`€. Ci potete dare qualche informazione in merito?`€.

Cesira e Lauro

 

Con ogni probabilità  si tratta della `€œComunità  missionaria di Villaregia`€, la cui Casa madre si trova in via Centro 16, 45014 Villaregia di Porto Viro (Rovigo).

 

 

 

FEDE E VITA di Claudio Mina

 

Solo colpa degli altri?

`€œHo 35 anni. La mia vita è stata in ogni caso una storia di delusioni e di fallimenti causati `€“ pensavo `€“ da tanti torti subiti da parte dei genitori, dei fratelli, di dirigenti aziendali, di ragazze che non hanno saputo corrispondere alla sincerità  del mio amore. Così mi ritenevo un essere destinato alla sfortuna; ma non mi ribellavo a questo destino, pensando che, in definitiva, tutto ci viene da Dio. In questi mesi, però, il modo di guardare alla mia vita passata va lentamente cambiando. Il merito è della mia fidanzata. Per lungo tempo ha ascoltato con pazienza i miei racconti sul male che avevo ricevuto dagli altri e che aveva rovinato la mia vita. Un bel giorno, però, quando si erano ormai creati tra noi affetto e confidenza, mi ha fatto osservare che io incolpavo tutto e tutti, mentre riguardo a me stesso non facevo che trovare giustificazioni e scuse. A questo rimprovero io ho preso un colpo e, in un primo momento, ho cercato di negare la cosa; ma poi ho dovuto ammettere che il fatto era vero, attribuendone però la causa al cattivo esempio ricevuto in famiglia; e così mi sono accorto che mi scusavo di nuovo.

`€œStranamente, solo qualche giorno dopo, anche un sacerdote in confessione mi ha fatto all`€™incirca la stessa osservazione, raccomandandomi l`€™umiltà  e dicendomi che Dio non può aiutare chi si ritiene innocente e scarica le proprie colpe sugli altri... Così alla mia non più giovane età  mi trovo a dover correggere un grosso difetto che non so se sia dovuto a orgoglio o a qualche altra stortura psicologica`€.

Francesco - Bergamo

 

Riconoscere i propri errori e i loro riflessi negativi sulla propria vita, per tanti motivi può essere per tutti una cosa un po`€™ difficile e dolorosa. E ne consegue che assai spesso l`€™individuo cerca di sfuggire a questa presa di coscienza, adottando le varie `€œreazioni di difesa`€: come, ad esempio, con la `€œdeformazione retroattiva dei fatti`€, che ne consolida nella psiche una versione immune da cause personali.

Tra queste reazioni difensive, però, la più comune è senz`€™altro quella di scaricare la responsabilità  delle proprie mancanze su altre persone o su varie circostanze della vita; e possiamo ben dire che questo modo di discolparsi è antico quanto l`€™uomo, in quanto fu proprio questo l`€™atteggiamento di Adamo, che addossò a Eva la colpa del suo peccato.

Questa tendenza, già  da un punto di vista psicologico, è un grave ostacolo alla propria maturazione e, quindi, anche alla propria felicità . Infatti, chi si abitua a non vedere le proprie colpe, addossandole agli altri, si tiene al di fuori della realtà  sfuggendo alla conoscenza del proprio `€œio`€ nelle sue caratteristiche negative; e non può, quindi, evolvere positivamente, inibendo quelle naturali forze positive che tendono a fornire indicazioni ed energie di crescita all`€™individuo che sa guardare sinceramente e coraggiosamente in se stesso.

A questa prospettiva psicologica viene data una dimensione ancora più importante dalla visione evangelica. Gesù è venuto e viene tra noi per curarci, per guarirci, per comunicarci la vita dei figli di Dio. Ma come può la sua grazia agire in noi se ci rifiutiamo di vedere tutte quelle nostre miserie che Dio `€“ senza rinfacciarcele `€“ ci aiuterebbe a superare, e facciamo quindi come coloro cui Gesù rimprovera di chiudere gli occhi sulle loro colpe per non venire a lui ed essere guariti?

In questo caso il Vangelo attribuisce all`€™orgoglio questo accecamento. Ma anche tante altre lacune di rilevanza psicologica possono procurarlo: tutte lacune, però, che possono trovare un`€™efficace medicina nell`€™umile fede che Dio ci ama e ci desidera così come siamo.

È dunque evidente che un passo decisivo per la propria autorealizzazione umana e soprannaturale è la piena assunzione delle proprie responsabilità  di fronte ai propri errori e alle proprie colpe. E questo atteggiamento è determinante per la felicità  personale e per l`€™autostima, perché non può essere soddisfatto di sé chi subconsciamente sa di mentire a se stesso, mentre, al contrario, sperimenta un senso di sicurezza e di dignità  chi, costi quello che costi, mantiene un contatto autentico col proprio `€œio`€.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017