La luce nera di Bellotto

05 Aprile 2001 | di

           
     

   Fece del vedutismo l'antesignano della fotografia. I marcati contrasti e una precisione raffinata conquistarono le corti d'Europa nel Settecento.

Venezia

La mostra allestita al Museo Correr di Venezia - frutto della collaborazione tra i Musei Civici Veneziani, la Fondazione Giorgio Cini e The Museum of Fine Arts di Houston, nel Texas, dove proseguirà  il suo percorso espositivo - rivaluta sensibilmente il nome e l'opera di Bernardo Bellotto (1722-1780). La critica ha relegato talvolta in secondo piano questo vedutista veneziano, nipote del più famoso Canaletto, del cui nome, a volte, si fregiava. Salvo poi ricredersi, più di recente, restituendogli, con interessi e lodi, un'importanza pari a quella del più noto zio.

Pur essendo stato venticinque anni più giovane di Canaletto, Bellotto mostra tutto il suo talento fin dalla giovane età . Lo troviamo iscritto, appena sedicenne, alla Fraglia dei pittori veneziani. Dallo zio riprende la formula vedutista, assorbendone canoni e procedimenti.

Canal Grande da Santa Croce è uno dei primi mirabili esempi della sua tecnica e del suo stile, segnati da una luminosità  fredda e argentea, da una descrizione certosina dei particolari, da una pignola riproduzione delle architetture e del paesaggio. Per certi versi, come nel Rio dei Mendicanti, anticipa lo zio, quando non lo imita. Già  dalla Chiesa dei Miracoli allontana le case, allarga il canale fino a farlo sboccare in laguna, immagina campanili. Ben presto, la forza della sua prorompente originalità  comincia a fargli sentire stretta la pur sfarzosa ed elegante Venezia. Così, alla vigilia della sua partenza per Firenze,  si dà  ad un vedutismo agreste, quello della prima terraferma veneziana, imbevuto dei colori e degli umori della villeggiatura, e impreziosito dalle sfumature di un mondo contadino di cui Bellotto enfatizza tratti non certo idilliaci.

Quando arriva in Toscana, il «suo» vedutismo si è ormai fuso con i pennelli e i colori. Tecnica e invenzioni originali si sposano con il nuovo ambiente. A Firenze il Canal Grande diventa l'Arno, i palazzi affacciati sulla «via» principale di Venezia echeggiano nel Palazzo Vecchio. Splendida appare la sua descrizione di Piazza della Signoria. La novità  viene dalla prospettiva aerea sulle case lontane e dalle colline all'orizzonte. Atmosfere che si colgono anche nella veduta di Lucca.

Nel 1742 Bellotto è a Roma. Qui fa molti disegni che gli serviranno per dipingere la città  eterna una volta rientrato a Venezia. Il pittore manipola con consumata maestria elementi topografici e architettonici. Al viaggio a Roma sono legati anche due capricci, in cui predominano le pennellate larghe, il disegno morbido delle architetture, le sfumature dei colori.

Mentre la sua presenza a Venezia si dirada, nel 1744 lavora per l'aristocrazia lombarda. Dipinge le cittadine gemelle di Vaprio e Canonica sull'Adda, luoghi di villeggiatura, e due vedute di Gazzada, nel varesotto. La natura della campagna lo segna profondamente, condizionando le sue scelte estetiche. Paesaggio, contadini, mondo rurale s'impossessano prepotentemente della sua poetica e danno un'impronta nuova al suo stile.

L'anno successivo dipinge, per Carlo Emanuele III di Savoia, due vedute di Torino nelle quali si combinano la vastità  panoramica e la minuziosità  topografica. Caratteristiche che ritroveremo nelle vedute di Verona e nei capricci custoditi alla Galleria Nazionale di Parma.

Nel 1747 Bellotto lascia per sempre l'Italia. Si trasferisce a Dresda, alla corte di Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia. Nel 1748 è nominato pittore di corte. Nei dieci anni successivi la sua attività  si fa intensa e febbrile, culminando in quattordici grandiose vedute di Dresda e undici di Pirna, una cittadina a pochi chilometri dalla capitale. Bellotto dipinge una serie di vedute anche per il primo ministro del re, il conte di Brà¼hl. Alla morte di costui, saranno acquistate da Caterina II di Russia.

 La veduta urbana lascia grande spazio a figure e a situazioni rurali, ma anche alle fortificazioni. Non mancano la sontuosità  del corteo regale, così come il cuore borghese di Dresda, le sue vie affollate, l'imponente Kreuzkirche. Non gli sfugge nulla. A stupire Bellotto è anche la teoria di architetture medievali di Pirna, l'imponente e rude fortezza di Sonnenstein, sul fiume Elba.

Tra il 1758 e il 1759, dopo lo scoppio della guerra dei sette anni, Bellotto arriva a Vienna dove lavora per il conte di Kaunitz e il principe di Liechtenstein. Appaiono in primo piano dei ritratti, ma numerose sono anche le opere che rappresentano residenze imperiali. Nel 1761 lascia Vienna per Monaco con una lettera di raccomandazione di Maria Teresa per la cugina Maria Antonia, ospite del fratello Massimiliano III. Per lui Bellotto realizza tre vedute della città  e della residenza di Nymphenburg.

Alla fine di quello stesso anno rientra a Dresda. La città  denuncia tutti i guasti prodotti dalla guerra. Bellotto ha perso la sua stessa casa in cui erano custodite numerose lastre di incisioni.

Il ritorno della pace coincide con la morte di Federico Augusto e del conte Brà¼hl. Per il pittore veneziano inizia anche una grave crisi umana e professionale. Il suo ruolo nel mondo artistico e nella società  sembra oscurarsi. Una crisi che sfocia in una serie di capricci e di vedute di fantasia, caratterizzate da una precisione analitica e classicheggiante.

Nel 1767 Bellotto parte per Pietroburgo dove non arriverà  mai. Infatti, a Varsavia, Stanislao Augusto Poniatowski, sovrano illuminato e liberale, lo trattiene con sé, nominandolo pittore di corte. Nella città  polacca, Bellotto realizza ventisei vedute e dipinti di soggetto storico e allegorico. È stregato dal fascino di Varsavia, dalla bellezza delle chiese barocche, dei palazzi, dai suoi abitanti, ma anche dalla miseria e dall'immensità  delle pianure». Veduta col pittore e suo figlio, Veduta dei prati di Wilanà³w, Via Modova, Palazzo della Repubblica sono fra i suoi capolavori più alti.

Le opere di Bellotto sono intrise di un realismo tale che Varsavia, dopo la seconda guerra mondiale, sarà  ricostruita proprio sulla scorta dei dipinti del pittore veneziano. L'«ombra nera» di Canaletto, per dirla con le parole di Constable, ovvero quella magica e fascinosa «luce nera» dai forti contrasti che differenzia Bellotto dallo zio, esce dalla pittura, contenendo forse, ante litteram, i primi germi dell'espressività  fotografica.

Negli ultimi dipinti, Bellotto mostra tutta la sua abilità  nel cogliere le atmosfere evocate dai luoghi, il suo inarrivabile talento nel ritrarre il teatro della vita, rappresentato da una composita galleria di tipi che incarnano la condizione umana, precaria e dolorosa. Quasi un presagio della sua fine ormai prossima.

       
    

DA SAPERE   

BERNARDO BELLOTTO 1722-1780
VENEZIA, MUSEO CORRER
dal 10 febbraio al 27 giugno 2001
Orario 9-19 (biglietteria 9-18)
    

Per informazioni:
tel. 0039-41-2411058    fax  0039-41-2747619
  

Museo Correr:
tel. 0039-41-5225625
  Visite guidate, servizio in lingua italiana su prenotazione:
  tel. 0039-41-2411058
   

     

Biglietti:
  intero lire 15.000, ridotto lire 10.000

     

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017