La multinazionale Italia

Non si può vedere tutto all’insegna del business, perché ciò rischia di compromettere la vita delle associazioni e quel patrimonio di valori che l’emigrazione rappresenta.
02 Febbraio 2000 | di

Zà¼rich
«Le comunità  italiane hanno vissuto i mutamenti sociali, culturali ed economici che tanto incidono sul nostro tempo, interpretando spesso un ruolo da protagoniste, e vivono oggi la lontananza con un approccio diverso rispetto al passato». Lo ha detto recentemente a Roma, Franco Narducci, segretario generale del Consiglio generale degli italiani all'estero, in occasione dell'assemblea straordinaria Stato-Regioni-Province autonome-Cgie. In questo ambito si inscrive anche la recente approvazione del voto in loco agli italiani all'estero che promuove l'identità  e il peso politico di quanti contribuiscono alla prosperità  dell'Italia pur vivendo fuori dai confini nazionali, spesso ricevendo in cambio poco o nulla.

 Oggi la globalizzazione mette l'accento su tante questioni ancora aperte per la nostra emigrazione: i legami culturali ed economici con la madrepatria, il ruolo degli enti locali italiani nel riallacciare o nell'aprire rapporti di interscambio e collaborazione con le collettività  all'estero, l'identità  delle giovani generazioni, il ruolo dei mass media italofoni. Questioni che richiedono un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti interessati per non perdere il treno della storia. Di questo abbiamo parlato con Franco Narducci.

Msa. L'ultima assemblea straordinaria del Cgie ha segnato una concreta apertura agli enti locali, comuni e regioni?
Narducci.

Occorre fare una precisazione. Secondo me non si può parlare di apertura perché la legge istitutiva del Cgie prevede l'istituzione della conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome-Cgie. Il tutto confluisce in questa conferenza che deve essere convocata, a termine di legge, entro il 30 giugno 2001. Sicuramente c'è stata una prima analisi comune dei problemi. Si è fatto un pezzo di strada anticipando i tempi rispetto al ruolo di Stato, Regioni, Province autonome e quello che è il rapporto che deve essere istituito con il Cgie.

In prospettiva che cosa si aspetta dalla prossima conferenza Stato-Regioni-Province autonome-Cgie?

Soprattutto che sia una conferenza che, senza mettere da parte i problemi vecchi, guardi al futuro, e che tracci, come del resto vuole la legge, l'asse sul quale il Cgie, il Consiglio generale degli italiani all'estero, deve poi muoversi secondo le linee programmatiche e politiche che ne deriveranno. Si tratta di tematizzare quello che riguarda il rapporto tra l'Italia e le giovani generazioni o le future generazioni di italiani all'estero.

La collettività  italiana all'estero sembra avere molte anime. Non possiamo parlare di un'unica realtà  e di un'unica identità  omogenea. Questo da che cosa deriva e che cosa comporta in seno al Cgie?

Se si intendono le molte anime politiche, la riflessione dovrebbe essere più approfondita, ma c'è un altro aspetto, quello della provenienza, delle origini, del cosiddetto regionalismo, come è sempre stato definito. Credo che le regioni abbiano avuto un ruolo fondamentale nel mantenere questo legame tra le comunità  italiane all'estero e il nostro Paese, il Paese reale, perché la regione è il primo luogo del proprio Paese al quale si pensa. Lì ci sono le radici e lì continuano ad essere alimentate. Poi, attraverso la discussione dei problemi, il tema della solidarietà , di comunità . Oggi il termine di comunità  andrebbe ridefinito, però il valore storico di comunità  ha contribuito ad avvicinare le molte anime delle comunità  italiane all'estero. Per quanto riguarda il Cgie, credo che al di là  della dialettica e del rapporto qualche volta anche acceso, tutti i rappresentanti del Cgie lavorino per risolvere i problemi delle comunità  italiane all'estero.

Lei sa che esiste un certo campanilismo tra i nostri connazionali all'estero, campanilismo legato alla riscoperta delle identità  regionali. A suo avviso, questo fenomeno favorisce o compromette l'unità  culturale, politica e sociale dei nostri connazionali all'estero?

  Storicamente ha contribuito ad alimentare la nostra storia passata nel senso di unità , di cultura, di radici, di tradizioni e soprattutto di legame con l'Italia. Anche questo sfuma, ma il campanilismo, il senso di appartenenza, ha contribuito anche a mantenere l'identità , che è un aspetto importante di tutte le comunità , non solo di quelle italiane, che vivono fuori dai confini nazionali. Finché c'è l'identità  c'è anche un rapporto culturale. Ma io credo che soprattutto oggi, tra le generazioni più giovani - quelle cui dobbiamo guardare e che sono quelle cui le Regioni guardano - il tema del campanilismo sia meno sentito, per cui sicuramente c'è un avvicinamento, e la volontà  di mantenere o di costruire un'unità  culturale e politica più forte.

Le nuove generazioni che scoprono le proprie origini sembrano attirate più da aspetti esteriori della loro identità  originaria, cioè dalla moda, dalla cucina, dall'arte. Nei giovani questo può produrre un distacco e un disinteresse rispetto alla vita delle associazioni?

Credo che questo fenomeno sia già  in atto. È evidente che per i giovani italiani che abitano a New York o in un altro posto del mondo, i segni esteriori dell'italianità  sono sicuramente la moda, il design, lo sport, la cucina. E credo che questo contribuisca ad aumentare questo distacco dall'associazionismo storico tradizionale. Però, in questo momento, sono proprio i segni esteriori dell'italianità  a tenere più forte e più saldo il senso dell'identità , dell'appartenenza, di cosa vuol dire essere italiani, perché c'è bisogno anche di questi simboli per identificarsi. Allora credo che da parte dell'associazionismo tradizionale si tratti di capire quali sono queste nuove tendenze, qual è il nuovo modo di comunicare delle generazioni giovani per tentare di mantenere questo legame tra associazioni e giovani.

Nelle associazioni c'è ancora chi è legato fortemente alle feste, al folklore, e chi, invece, sostiene che occorra guardare anche oltre, ma a che cosa?

Bisogna interrogarsi soprattutto su cosa chiedere ai giovani oggi: quali sono le loro attese. Certo il folklore non fa più parte di quel protocollo e di quell'agenda di cose che possono attirare la partecipazione dei giovani. Bisogna soprattutto dare loro un ruolo nell'associazionismo, evitare i paternalismi. Credo che debbano essere in parte i giovani a dire cosa vogliono e cosa intendono per associazionismo, come possono essere protagonisti all'interno dell'associazionismo. È evidente che c'è bisogno di un confronto continuo.
Penso, inoltre, sul piano professionale, agli scambi fatti con aziende italiane altamente innovative nel campo della comunicazione, dell'architettura, dei beni culturali, delle biotecnologie. Creare questi canali di contatto, di scambio, probabilmente è uno dei versanti su cui muoversi.

Quanto può essere strategico il mondo dell'informazione e come può evolversi per stare al passo con i tempi?

Credo che la diffusione della lingua italiana tragga un grande beneficio dalla presenza di una estesa rete di radio, televisioni, organi di stampa, ecc. che le comunità  italiane all'estero hanno saputo sviluppare. Da questo punto di vista, i media rappresentano una grande risorsa, quindi hanno un ruolo strategico che non può essere dimenticato. Però, talvolta, ci troviamo a fare i conti con tecnologie antiquate. Si tratta, per esempio, di lanciare il segnale FM in tutte le parti del mondo dove arriva Rai International, il che non avviene spesso. Oppure basti pensare al contributo della stampa italiana all'estero, fermo alla notte dei tempi. Credo che il nostro Paese debba capire che sia l'informazione fatta all'estero, sia quella di ritorno hanno un valore inestimabile. Occorre veramente che sia aggiornato, che sia portato all'altezza dei tempi, perché da una parte cresce l'individualismo, dall'altra parte la gente ha sempre più bisogno di comunicare. Ciò va visto anche alla luce del voto in loco all'estero: con la circoscrizione estera è un fatto nuovo. È la prima modifica costituzionale in Italia, ma soprattutto è da rimarcare che questa estesa presenza di mass media italofoni in giro per il mondo favorirà  anche l'informazione per quanto riguarda il voto dei nostri connazionali.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017