La Passione e la vita nuova
Miserere mei, Deus. Così inizia il Salmo 50, un canto che ha ispirato grandi e meno noti musicisti, e che risuona la sera del Venerdì santo in città , paesi e contrade d";Abruzzo. Melodie custodite gelosamente, modulate per esprimere il respiro di dolore davanti al mistero e all";immagine di Cristo, morto per i nostri peccati. Quella sera, su cose e persone cala un silenzio attonito. Una pietà popolare certamente genuina, sentita, ma tarpata; perché il linguaggio dei simboli, rappresentato dalle processioni nel «giorno dell";amarezza» (S. Ambrogio), è lugubre, funereo; le incrostazioni sette-ottocentesche le hanno segnate fortemente. Cosicché, nel dramma della Croce non s";intravede il preludio della gloria: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24).
Morte e vita, annientamento ed esaltazione, Venerdì santo e Pasqua di risurrezione. Saggia, perciò, la raccomandazione del Concilio Vaticano II: «i pii
esercizi siano ordinati in modo da essere in armonia con la liturgia, derivino in certa maniera da essa, e ad essa conducano il popolo cristiano» (SC, 13).
Enzio D";Antonio - Arcivescovo di Lanciano-Ortona
La tradizione popolare ha conservato in Abruzzo molte manifestazioni religiose della Settimana santa, profondamente sentite e arricchite da varie usanze e cerimonie. Sono infatti numerose le credenze, le orazioni e le preghiere popolari, le processioni e le sacre rappresentazioni "; che in questi ultimi anni hanno segnato una specie di eccezionale revival con la partecipazione dei giovani ";, i riti popolari che si possono riscontrare nei giorni di Pasqua soprattutto tra le persone più anziane e nelle comunità rurali e montane. Spesso si tratta di documenti letterari di interesse per il folklore e la conoscenza del patrimonio culturale popolare, ma si presentano anche come testimonianze di notevole importanza per il sociologo e l";antropologo, proprio perché rivelano particolari modi di esprimersi della religiosità popolare in contrasto anche con le forme religiose ufficiali. Tra le manifestazioni religiose ancora profondamente sentite dal popolo abruzzese vi sono quelle del Venerdì Santo, celebrato ovunque con grande solennità e commossa partecipazione. Si tratta della ricorrenza di un giorno di dolore e di lutto per il mondo cattolico e si spiega la varietà , nei paesi della regione, degli atteggiamenti religiosi ad essa legati. Qualche donna ancora è solita non spazzare la casa in questo giorno, non stendere la tovaglia sulla tavola, e c";è ancora chi fa digiuno per tutto il tempo in cui le campane sono legate. Sono diffuse le credenze magiche su quanto sta per accadere, cioè la resurrezione di Cristo e lo scioglimento delle campane, motivo che ricorre come elemento di guarigione in molte formule di scongiuro (chi non conosce il famoso incantesimo: lunedì santo, martedì santo, ecc., di domenica e la Pasqua tutti li verme in relza casca!). Il rito più solenne del venerdì santo è certamente la processione del Cristo morto che, in alcuni paesi, rivela antichi legami con il teatro sacro del Medioevo, con le rappresentazioni delle Confraternite religiose sui sagrati delle chiese. Dal punto di vista folkloristico, particolarmente interessanti sono le processioni di Chieti, L";Aquila, Sulmona, Lanciano, Vasto, Teramo e, poi, in tono minore, di tanti altri paesi. La bara del Cristo morto (spesso una statua lignea opera di ignoti artisti dei secoli scorsi: quella di Lanciano si dice sia stata scolpita da una suora clarissa, impazzita appena terminata l";opera), è preceduta da tutti i simboli della passione: la lanterna e il gallo del rinnegamento di San Pietro. La colonna e le funi della flagellazione, la corona di spine, la scala, il martello, le tenaglie, la spugna imbevuta di fiele, la lancia, la Veronica con il drappo del Volto Santo, che a Teramo, per esempio, è portata da quattro donne vestite a lutto, mentre il «troccolante» segna il tempo con il rumore rauco della bà ttola, oppure la banda suona composizioni funebri
di autori locali, come quelle, così tristi e solenni, di Masciangelo (Lanciano) e Selecchy (Chieti).
Seguono, nella processione, le confraternite religiose del Cristo morto, ancora numerose nei paesi d";Abruzzo, con le donne vestite a lutto che ricordano le antiche compagnie dei Disciplinati, quindi la bara del Cristo, spesso portata a spalla, per tradizione, da determinate categorie di cittadini.
A Bomba, la Madonna vestita a lutto veniva portata da quattro fanciulle in abito nero; a Castiglione Messer Marino, Gamberale, Montenerodomo, dopo la processione, deposto Cristo nel sepolcro, c";era la veglia notturna e a turno, soprattutto le donne, si alternavano nel sepolcro perché «Gesù non deve restare solo», come avveniva per le usanze funebri abruzzesi. Quasi ogni paese abruzzese ha il suo «calvario» con le tre croci, meta di pellegrinaggi devoti in questi giorni. Si tratta di processioni, quelle del Venerdì santo in Abruzzo, di origine e di gusto spagnolo, in particolare nel modo in cui vengono rappresentati il lutto e il dolore per la morte di Cristo, con manifestazioni esteriori del lutto analoghe a quelle riscontrabili nelle tradizioni funebri degli altri paesi del sud Italia. In alcuni centri la processione, invece, conserva qualche elemento delle rappresentazioni medievali. Come quello del tamurro: un uomo incappucciato che scandisce il tempo con un tamburo, o il cireneo che trascina una grossa croce e cade per tre volte a ricordo delle cadute di Gesù.
Più comuni erano molti anni fa le rappresentazioni sacre della crocifissione, attraverso le quali il popolo riviveva con profonda commozione la Passione. «A Capistrello, nell";Aquilano "; racconta Gennaro Finamore "; la mattina del Venerdì santo, un uomo vestito da soldato su un cavallo bianco, girava per tutto il paese cercando e chiamando a gran voce Gesù. A lui si univano, una alla volta, altre persone vestite da soldati, finché trovavano Gesù, impersonato da un giovane, lo insultavano e lo schiaffeggiavano alla presenza del popolo, dei sacerdoti, di Erode e di Pilato, in piazza. Quindi lo incoronavano di spine, gli ponevano sulle spalle una pesante croce e lo conducevano nella chiesa del Calvario, dove restava fino al sabato santo, quando si scioglieva dai legami, e i soldati di guardia, rappresentando la scena della resurrezione, cadevano a terra in modo così realistico che, a volte, non mancavano ferite e traumi. Il sentimento religioso popolare che è alla base dei riti della settimana santa e della processione del Cristo morto, nell";Italia meridionale e in Abruzzo, si esprime ancora in forme drammatiche, esteriori, spagnolesche perché, come scriveva Paolo Toschi «il popolo non vuole soltanto pregare: vuole avere davanti agli occhi l";immagine illusiva della realtà , per rimanere ancora oggi più profondamente commosso. Da questa sua innata esigenza sono scaturite le numerose forme drammatiche attraverso le quali è stata rievocata la morte di Gesù nel giorno in cui la chiesa la commemora».
Le sacre rappresentazioni e il teatro popolare religioso sono un «vecchio mestiere del sud», e non meraviglia che in questi ultimi anni si sia avvertito un singolare ritorno di questi sacred happening, specie tra i giovani; rappresentazioni della passione di Cristo si fanno in moltissimi paesi d";Abruzzo anche con tecniche e motivi nuovi, che spesso rivelano la commistione dei tradizionali temi religiosi e delle leggende sacre con aspetti, spesso dolorosi e tragici, della vita contemporanea, quali l";emigrazione, la disoccupazione, la violenza e la povertà , testimoniando l";esigenza del recupero dei valori autentici del cristianesimo e il rifiuto delle assurdità della società moderna. In questa prospettiva, hanno ripreso quota gli antichi canti narrativi ispirati alle leggende sacre conservate dalla tradizione orale, le laudi nate nelle confraternite religiose del medioevo; anzi la laude dialogata, sostiene ancora il Toschi, fu forse la prima forma del dramma sacro recitato sul sagrato delle chiese nelle principali ricorrenze religiose. Su questa base è fiorito anche il canto della passione, che durante la settimana santa, veniva ripetuto di contrada in contrada dai cantastorie popolari, ricordando i tormenti e il martirio subiti da Gesù Cristo.
Lanciano. L";Arciconfraternita Morte e Orazione
A Roma, sotto il pontificato di Paolo III (1534-1549), alcuni nobiluomini, vedendo molti cadaveri insepolti, decisero di organizzarsi per seppellirli degnamente. A quest";opera si aggiunse la pratica dell";Adorazione del SS. Sacramento per il tempo in cui Cristo restò nel sepolcro. Sotto il pontificato di Pio IV (1559-1565), la compagnia assunse, per volontà del santo padre, la denominazione di «Morte e Orazione» e venne eretta in Arciconfraternita con facoltà di aggregare altri sodalizi. Nel 1556, alcuni nobiluomini di Lanciano si rifecero all";esempio romano. E nel 1603, il sodalizio chiese di essere aggregato alla casa madre, cosa che avvenne nel 1608.
L";Arciconfraternita trovò la sua prima sede nella chiesa di San Martino, ma è nel quartiere Borgo che il sodalizio attecchì. Qui i confratelli eressero la chiesa di San Giuseppe e, nel 1952, si spostarono nella chiesa di Santa Chiara dove si trovano tuttora. Nel XVII secolo, l";Arciconfraternita iniziò a celebrare solennemente i riti della Settimana Santa. All";inizio non si trattava di una vera e propria processione ma di un teatro sacro. Nel 1798, poiché la partecipazione popolare si era fatta immensa, i confratelli decisero di uscire in processione la sera del Venerdì Santo con la statua del Cristo morto, le Marie e tutti gli strumenti della Passione, così come avviene tutt";oggi. Al calare della sera, i confratelli e le consorelle sfilano in processione dalla Chiesa di Santa Chiara verso il quartiere della vecchia Lanciano, preceduti dai bambini con gli strumenti della Passione, e dalla Banda che intona le marce del Masciangelo e del Ravazzoni. Un cenno merita la figura del Cireneo, scelto dal Priore tra i confratelli che durante l";anno si sono distinti per zelo nelle attività della Confraternita. Il Giovedì Santo, i Confratelli della Morte e Orazione accompagnano la Banda e il Cireneo scalzo lungo le strade e le piazze di Lanciano.
Per informazioni: Ufficio Turistico "; via Bastioni 1 "; 66034 Lanciano (Chieti), tel. 0872-714959.
Sulmona. La Madonna che scappa in piazza
La Madonna che scappa in piazza è l";epilogo solenne di una sacra rappresentazione che inizia il Giovedì Santo e prosegue il giorno successivo con la Processione del Cristo Morto "; gestita dalla Confraternita della Trinità ";, per concludersi la mattina di Pasqua con la corsa della Madonna organizzata dalla Confraternita di Santa Maria di Loreto. In sostanza la Madonna, portata su un catafalco, corre incontro al Figlio risorto che l";attende dall";altra parte della piazza di Sulmona.
La Confraternita della Trinità pare che affondi le proprie radici in due ordini medioevali che si occupavano della beneficenza e dell";assistenza ospedaliera a favore dei viandanti e dei pellegrini che si trovavano a passare per Sulmona. Un";attività , quella ospedaliera, che si ampliò anche in seguito agli eventi della prima crociata. E proprio ai crociati si deve la diffusione di omelie drammatiche bizantine incentrate sugli ultimi episodi della vita di Cristo, con il preteso rinvenimento della Santa Lancia e di altre reliquie legate alla Passione. Anche Sulmona ne vanta alcune come la Cinta della Madonna, la spugna con cui fu offerto l";aceto a Cristo crocifisso, e una Sacra Spina che sarebbe stata staccata dalla corona del Salvatore.
Per i sulmonesi che vivono lontano, il Giovedì Santo rappresenta anche un importante appuntamento culturale e liturgico. La visita alle varie chiese è designata con l";espressione «Fare i Sepolcri»: una serie di scene o quadri interpretati da attori e ispirati a episodi della Passione. Una tradizione antica, questa, che si ispira, sul piano artistico, addirittura alle pergamene miniate o all";iconografia bizantina.
Per informazioni: Confraternita Santa Maria di Loreto, Vicolo del Tempio 29 - 67039 Sulmona (L";Aquila), tel. 0864-52723 fax 0864-53276.
Chieti. La devozione del Sacro Monte dei Morti
A Chieti le famiglie della nobiltà facevano capo alla Confraternita del Sacro Monte dei Morti che gestiva la processione del Venerdì Santo la quale sfilava davanti alle stesse dimore nobiliari quasi per esorcizzare il male. La processione seguiva un percorso a forma di croce, diretta alle quattro direzioni spaziali, ricalcando un antichissimo rituale di orientamento sacro, cardodecumanico. Nelle celebrazioni ha avuto sempre un ruolo trainante la Confraternita del Suffragio ovvero del Monte dei Morti, di cui troviamo traccia in una bolla del 1648 di papa Innocenzo X (anche se ebbe formale istituzione nel 1603). Tra i suoi compiti c";era l";assistenza ai carcerati e la sepoltura dei morti. Molti di questi erano soldati degli eserciti di Francia e Spagna che all";epoca si contendevano il possesso del nostro Paese. Le zone dei combattimenti erano spesso disseminate di cadaveri che rischiavano di provocare pericolose epidemie.
Oggi la processione del Venerdì Santo, a Chieti, è per solennità e fervore religioso, una delle espressioni più alte del nostro Paese. Nella sua forma risale a quelle del XVII secolo, incentrata su tre elementi simbolici: una Morte lignea a grandezza naturale, uno Stendardo in damasco nero e un Catafalco su cui veniva posto il Cristo morto. I membri della Confraternita accompagnavano questi tre simboli in processione con il Coro dei musici. Dal 1910 compare nella processione anche l";immagine della Madonna Addolorata. Il Cristo e l";Addolorata sono preceduti da Sette trofei realizzati nel 1855 allo scultore Raffaele Del Ponte: la Colonna alla quale fu legato Cristo; il Volto Santo copiato sull";originale custodito a Manoppello; la Scala con le tenaglie, i chiodi e la canna con una spugna imbevuta di aceto; la Croce; il Sasso su cui sono collocati i dadi, lo scettro, la tunica, la corona di spine con un catino e una brocca che ricorda il gesto di Ponzio Pilato; le Lance dei soldati romani; l";Angelo alato con il calice amaro della Passione.
Per informazioni: Sacra Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti, tel. 0871-41833 oppure APT Regionale "; Chieti, via B. Spaventa 29, 66100 Chieti, tel. 0871-63640 fax 0871-63647.