La politica si fa da Vespa

A «Porta a porta» la politica non si racconta, si fa, al cospetto del sacerdote laico Vespa. La neotelevisione più del Parlamento? Segno dei tempi e della mediocrità della politica.
13 Marzo 2001 | di

Campagna elettorale nella fase bollente? Momento d' oro per Porta a porta. Il programma condotto da Bruno Vespa in seconda serata su Raiuno è diventato, con gli anni, qualcosa di più di un semplice luogo dove i politici vengono intervistati o dibattono tra di loro, esponendo i loro programmi. Qualcosa di più del classico programma di servizio che fornisca agli italiani la possibilità  di saperne di più, di essere informati. Porta a porta è da tempo il luogo dove la politica non viene soltanto né principalmente raccontata e spiegata. Ma dove la politica si fa. Non il luogo dove si analizzano fatti politici accaduti altrove, là  dove probabilmente dovrebbero accadere (la Camera, il Senato, Palazzo Chigi, le sedi dei partiti... ). Ma dove i fatti politici accadono. Porta a porta come, e a volte più del Parlamento.

 Gli esempi sono fin troppi. Da Vespa vengono annunciate alleanze e cambi di strategia. D' Antoni battezza la sua Fondazione, il suo partito; Amato dà  in diretta la notizia della sua rinuncia alla candidatura per l' Ulivo a favore di Rutelli; Berlusconi si arma di lavagna e pennarello per spiegare le grandi opere pubbliche che il suo governo farà  quando, lui ne è sicuro, avrà  stravinto le elezioni.
A Porta a porta si fa politica. E questo è un altro segno dell' apice del trionfo della neotelevisione che - lo spiegavamo il mese scorso parlando in apparenza di tutt' altro, il Festival di Sanremo - non si limita a raccontare la storia, ma ha bisogno di generarla. Così Porta a porta non può solo spiegare la politica, ma deve generare eventi politici. La neotelevisione non può solo osservare, ma deve fare.
Vespa, nei panni di padrone di casa, funziona alla perfezione. Poiché la neotelevisione è sempre e comunque intrattenimento, vanno privilegiati i politici che sappiano stare davanti alla telecamera fedeli alla regola del «sette più tre» (settanta per cento sguardo nella telecamera, ossia dritto negli occhi dei telespettatori; trenta verso il conduttore), capaci di parlare per battute evitando premesse, parentesi e divagazioni. Chi sta alle regole della neotelevisione, bene. Gli altri, peggio per loro. Ma non basta. Accanto ai politici vestiti in grigio, per quanto brillanti, vanno collocate delle dive dello spettacolo, che poco o nulla abbiano da dire, ma in abbondanza abbiano da mostrare. Nullo sarà  il loro contributo al dibattito, decisivo all' umore del pubblico e all' innalzamento dell'audience. Non a caso entrano in scena quando il programma va avanti da quasi un' ora e potrebbe dare segnali di stanchezza.
Tutti da Vespa, dunque. Uomo per tutte le stagioni e tutti i regimi, gradito ieri dalla Dc, poi dal Caf (Craxi, Andreotti, Forlani), quindi dal centrosinistra. E se dovesse vincere il centrodestra molto cambierà  alla Rai ma lui no, resterà  lì. Vespa ha la posa, i modi, i tempi del grande sacerdote laico che celebra funzioni politiche; il suo salotto è un tempio dove ogni politico, come per una sorta di battesimo, di comunione, di cresima deve necessariamente recarsi in pellegrinaggio. Per esistere, perché le tue idee, forti o deboli, buoni o mediocri possano affermarsi, di lì devi transitare. Ti piaccia o no.
Qualcuno obietterà : e come la mettiamo con questa politica dai contenuti sempre più impalpabili? Ebbene, è proprio la politica più lieve ai confini con il vuoto pneumatico, la politica protesa quasi unicamente alla cattura del consenso ad aver bisogno di riti sfarzosi, di un' apparenza che mascheri la scarsa sostanza. Tra un' ora di briefing sulla riforma della scuola e un' ora di sala trucco, che cosa procura più voti, nella politica neotelevisiva? Loro, i professionisti dei partiti, lo sanno. E, gli piaccia o no, si adeguano.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017