La preghiera di Kirk, infermo estremo

07 Aprile 2000 | di
   
   
Una poesia ch`€™è preghiera pura e arte autentica. Un messaggio di speranza, una dimostrazione di umiltà , un inno alla vita e dunque alla Fede.

La sofferenza è un`€™arma a doppio taglio. Può, spietata, massacrare con il corpo anche la psiche. Può inspiegabilmente, rafforzare quell`€™immateriale galassia ch`€™è lo spirito. Sopravvivere al dolore non è facile ma succede e più spesso di quanto non si creda. Più penoso è convivere con la sofferenza totale, quella che logora e la carne e lo spirito. Si può superare la pena fisica ma spaventosamente difficile è accettare d`€™essere un povero tronco inanimato cui è vietato persino di muovere un dito solo. Se il cervello è lucido, la realtà  senza misericordia della tua irrimediabile infermità  non ti lascia mai. T`€™accompagna con crudele fedeltà  in ogni istante della tua esistenza disgraziata, segnalandoti con monotona ossessività  la scelta che rimane: morire di disperazione-vivere di rassegnazione.
Ecco, in estrema sintesi, quanto mi hanno scritto non pochi lettori, «colpiti» dal mio reportage nel dolore, in occasione della giornata giubilare dedicata agli infermi. Dirò subito a chi mi ha scritto che il loro pensiero è il mio, così come ho cercato più sopra di tradurlo, anche se `€“ lo vedremo subito `€“ esiste una «terza via». Ubbidendo alla corale richiesta dei lettori, trascrivo i versi recitati in Piazza San Pietro da colui ch`€™è forse l`€™infermo più estremo e, al tempo stesso, più atipico del mondo.
Il suo nome è Kirk Kilgour, un atleta americano, campione di volley. «Un gigante» di circa due metri d`€™altezza: così lo racconta su «Avvenire» Massimo Borgomaneri. Un grande e generoso campione californiano, che venne in Italia nel 1973 ingaggiato dal club Ariccia, appena promosso in serie A. Durante due anni questo colosso della pallavolo, «biondo e baffuto», guidò una sconosciuta società  di provincia portandola in cima alla classifica del difficile campionato di Serie A: un secondo posto e poi addirittura lo scudetto,
strappato nel 1975 ai campionissimi di allora, gli atleti della Panini-Modena.
Successo, gioia, popolarità  quand`€™ecco che, un maledetto giorno del gennaio del 1976, il Nostro, durante una seduta di allenamento al Palazzetto dello Sport, in Roma, «ricade male in una capriola, la sua testa s`€™infila tra due materassini, il collo subisce una pressione innaturale»; Kirk esplode in un urlo di dolore assoluto: non riesce più a muoversi. Ha subito la lussazione d`€™una vertebra cervicale, il midollo spinale è rimasto leso: paralisi ai quattro arti, è la diagnosi.
Ma Kirk Kilgour non s`€™arrende: ha 28 anni, vuole vivere, assolutamente. Ficcato nella sedia a rotelle, decide di non rassegnarsi «alla condizione di fossile» e infatti progetta e realizza una sedia-barella irta di congegni inediti comandati da impulsi vocali. Conquistata così «una vita relativamente normale», ancorché provato dall`€™abbandono della moglie («Tesoro, ti assisto oramai da anni, non ce la faccio più») diventa uno dei più popolari e competenti commentatori di volley degli Stati Uniti. Ancora: quando il campionato va in vacanza, Kirk va in giro pel mondo a salvare i disgraziati come lui dalla depressione, a promuovere l`€™attività  sportiva anche tra i tetraplegici.
In Piazza San Pietro, in quel sabato luminoso dedicato al Giubileo dei Malati, Kirk recitò una poesia ch`€™è preghiera pura e arte autentica. Un messaggio di speranza, una dimostrazione di umiltà , un inno alla vita e dunque alla Fede.

   
   
«Chiesi a Dio di esser forte per eseguire progetti grandiosi
ed Egli mi rese debole per conservarmi nell`€™umiltà .
Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese:
Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.      
Gli domandai la ricchezza per possedere tutto,
e mi ha lasciato povero per non essere egoista.
Gli domandai il potere affinché gli uomini avessero bisogno di me,
ed Egli mi ha dato l`€™umiliazione perché io avessi bisogno di loro.
Domandai a Dio tutto per godere la vita,      
e mi ha lasciato la vita
perché io potessi esser contento di tutto.
Signore: non ho ricevuto niente di quello che chiedevo
ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno
e quasi contro la mia volontà .
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato o mio Signore: fra tutti gli uomini nessuno possiede più di quello che ho       io».

Il Vecchio Cronista crede che ci sia un modo solo di ringraziare Kirk. E con una sola parola: Amen.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017