La religione a modo mio

02 Maggio 2001 | di

La secolarizzazione aveva dato per spacciata ogni forma di religiosità . Dio è morto, aveva precipitosamente annunciato qualcuno. Le cose non sono andate così. È riemersa prepotentemente la voglia di sacro e di religiosità , ma in modo confuso e orientata verso forme inconsuete e strane, che hanno spiazzato le religioni tradizionali. Rotti, per diversi motivi, i vincoli con i tradizionali magisteri, molti si creano una religione a proprio uso e consumo. In questo dossier alcune riflessioni e stimoli per capire che cosa sta avvenendo e verso quale religiosità  alcuni si stanno orientando.

di PierLuigi Zoccatelli

 

N

egli anni 1970 `€“ e nella prima parte degli anni 1980 `€“ il tema dominante era quello della crisi della religione. La tesi della secolarizzazione, nella sua versione quantitativa, postulava che, mentre progrediva la mentalità  scientifica, nelle società  industriali avanzate c`€™era sempre meno religione; non mancava chi prospettava come futuro evolutivo della religione addirittura l`€™estinzione.
Le cose, oggi, sono certamente cambiate. Testi importanti fanno riferimento al «ritorno del religioso», alla «rivincita di Dio», alla «fine» della secolarizzazione. Uno dei più noti specialisti di indagini sociologiche quantitative in tema di religione, Laurence R. Iannaccone, scriveva, nel settembre 1998, che i dati mostrano ormai con evidenza come la tesi secondo cui «la religione deve inevitabilmente declinare quando la scienza e la tecnologia avanzano» è stata «dimostrata falsa», e che, «a mano a mano che i sondaggi, le statistiche e i dati storici si sono accumulati, la continua vitalità  della religione è diventata evidente».
Mentre il numero delle persone che si dichiarano atee e agnostiche declina quasi ovunque, in quasi tutti i paesi del mondo `€“ con l`€™eccezione di alcuni paesi europei a lungo sottoposti a propaganda antireligiosa da parte di regimi comunisti `€“ il numero di coloro che dichiarano di credere in una qualche forma di potere superiore alla persona umana, o a una vita dopo la morte, o affermano di consacrare qualche tempo durante la settimana a forme di preghiera o di meditazione, si attesta intorno all`€™ottanta per cento della popolazione, con punte in paesi non secondari `€“ Stati Uniti compresi `€“ oltre il novanta per cento.
Il fenomeno del «ritorno del religioso» è dunque così evidente da non potere essere ignorato. Si tratta però di determinare, con maggiore precisione, quale tipo di religioso «ritorni» nell`€™epoca postmoderna. Il teologo battista americano, dell`€™università  di Harvard, Harvey G. Cox `€“ nel suo volume Fire from Heaven (Fuoco dal paradiso) del 1995 `€“ mette al centro della sua indagine, e considera come il maggiore «segno dei tempi», per il ritorno del religioso, la corrente pentecostale carismatica nel cristianesimo, e considera quindi caratteristiche salienti del nuovo accostamento al sacro l`€™interesse per i segni, i miracoli, le guarigioni, la demonologia, l`€™escatologia, la fine del mondo.
Anche prescindendo dall`€™indagine di Cox `€“ che riguarda esclusivamente il cristianesimo `€“ si nota il crescente interesse per forme di rapporto con il sacro dove il percorso prevale sul discorso, il mythos sul logos (il Mito sulla Parola), fino a quelle «fedi senza ragione» paventate nell`€™enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II, nel 1998. Diversi sociologi invitano del resto, quando si tratta del sacro postmoderno, a partire da un dato di carattere negativo: dalla fine degli anni 1980, il consenso di massa nei confronti della scienza `€“ particolarmente della medicina, la scienza «pratica» con cui le persone comuni vengono più normalmente a contatto `€“ non è più unanime. Per converso, qualunque forma di cura medica che si presenti come «alternativa» rispetto alla medicina «ufficiale», o da questa disapprovata, incontra immediatamente un vasto consenso popolare. Sembra davvero che il termometro scientifico scenda e che salga il termometro del sacro, in direzione però, sempre più spesso, di forme di sacro aperte al meraviglioso e al «reincanto del mondo».

Al di fuori delle religioni storiche?

 

Per comprendere chi veramente beneficia del contemporaneo ritorno del sacro occorre superare alcuni pregiudizi tanto diffusi quanto infondati. Anzitutto, non è del tutto vero che il ritorno del sacro si verifichi completamente al di fuori delle religioni maggioritarie e delle Chiese storiche. Certo, mentre le statistiche sul numero di persone che si dicono interessate alla religione o al sacro sono notevolmente simili da paese a paese, le statistiche sul numero dei praticanti sono molto diverse. Tuttavia, esistono elementi per ritenere che il declino della pratica religiosa in Occidente sia stato in qualche modo sopravvalutato, e che si sia diffuso un «mito della chiesa vuota», come lo chiamava, già  nel 1993, Robin Gill, nel suo libro The Myth of the Empty Church (Il Mito della Chiesa vuota).
Certo, si tratta di incrementi modesti che non giustificano da parte delle religioni nessuna forma di trionfalismo. Tuttavia, l`€™inversione di tendenza è importante: il declino della pratica religiosa non era `€“ come qualcuno pensava `€“ un tuffo nel vuoto. Assomigliava piuttosto a un tuffo in una piscina dove, toccato il fondo, si comincia `€“ per quanto lentamente e faticosamente `€“ a risalire. All`€™interno delle religioni tradizionali, e dello stesso cristianesimo, vi sono movimenti i cui ritmi di crescita non hanno nulla da invidiare a gruppi neo-religiosi.
Prescindendo dai fenomeni complessi che avvengono all`€™interno dell`€™islam, dell`€™induismo e dell`€™ebraismo `€“ talora accomunati dall`€™etichetta, non sempre precisa, di «fondamentalismi» `€“ si può notare che i movimenti di rinnovamento carismatico, all`€™interno della Chiesa cattolica, e le comunità  pentecostali, nel mondo protestante, contano decine di milioni di fedeli e possono vantare ritmi di crescita superiori a quelli, spesso citati come spettacolari, dei mormoni o dei Testimoni di Geova. Non rimane peraltro meno vero che, per quanto questi fenomeni siano interessanti e importanti, una parte sostanziale del ritorno del sacro va cercata al di fuori delle grandi religioni e delle Chiese storiche.

La mappa delle religioni in Italia

 

È di questi giorni la pubblicazione di una monumentale opera `€“ almeno quanto al numero di pagine e dati raccolti `€“ curata dal Cesnur, il Centro studi sulle nuove religioni diretto da Massimo Introvigne, e alla quale anche chi scrive le presenti righe ha fornito il suo contributo. Si tratta della Enciclopedia delle religioni in Italia, edita dalla Elledici di Leumann Torino, in cui si è cercato di costruire una mappa per quanto possibile completa delle religioni (e delle vie spirituali non religiose) in Italia, con ampie introduzioni storiche, dati statistici attendibili, indirizzi, numeri di telefono, collegamenti internet e analisi dottrinali di oltre seicento realtà  religiose e spirituali presenti in Italia (su molte delle quali, poco note o discrete, si getta una luce nuova), divise in quaranta categorie. Dopo la pubblicazione di quest`€™opera, sembra lecito affermare che nulla in tema di percezione del pluralismo religioso in Italia potrà  più essere come prima.

Le minoranze religiose

 

Osservando la diffusione dei movimenti religiosi in qualche modo alternativi, si può dire che, da una parte essi sono effettivamente moltissimi, anche se il numero di aderenti ai rispettivi movimenti rimane piuttosto contenuto, al punto che, più che di una «invasione delle sette», si dovrebbe parlare di una «invasione delle sigle». Altro è il discorso sulle minoranze religiose (il che in Italia significa sulle religioni diverse dalla cattolica).
Le ricerche svolte in vista della pubblicazione della Enciclopedia delle religioni in Italia salutano e congedano il dato `€“ molte volte ripetuto, ma che almeno dagli anni 1980 non è mai stato vero `€“ secondo cui le minoranze religiose in Italia rappresentano globalmente l`€™uno per cento della popolazione. Anche se in molti casi le statistiche sono difficili, i totali relativi a quanti chiaramente manifestano una identità  religiosa diversa dalla cattolica in Italia sono di circa un milione e 100 mila, se si prendono in esame i cittadini italiani, e di poco meno di due milioni, se si aggiungono gli immigrati non cittadini (il che ha rilievo principalmente per il mondo islamico, ma anche `€“ per esempio `€“ per l`€™induismo, il buddhismo, le religioni sikh e radhasoami, un robusto protestantesimo pentecostale e battista di origine cinese, coreana, filippina e africana, e un`€™immigrazione cristiano-ortodossa dall`€™Est europeo di proporzioni notevoli, cui si aggiungono i copti provenienti da diversi paesi dell`€™Africa). Anche fra i cittadini siamo, come si vede, a una percentuale sul totale della popolazione (fissato a 57 milioni e 440 mila cittadini italiani) dell`€™1,92 per cento, quasi il doppio del mitico uno per cento più volte infondatamente menzionato; se si considerano i residenti sul territorio (valutati tra i cinquantanove e i sessanta milioni, cifra comunque più incerta per la difficoltà  di precisare il dato dell`€™immigrazione clandestina) la percentuale di appartenenti a minoranze religiose sale intorno al 3,50 per cento.
Nel dettaglio, analizzando la composizione dell`€™1,92 per cento di cittadini italiani che appartengono a minoranze religiose e, in particolare, i dati relativi al mondo protestante, emerge immediatamente come rilevante il fenomeno pentecostale (250 mila fedeli, di cui 110 mila appartenenti alle Assemblee di Dio in Italia). Un dato, a suo modo significativo, è anche quello che per comodità  si è riassunto con il termine «area esoterica e dell`€™antica sapienza».
Molto più incerte `€“ e fonte di dibattiti senza fine, politicamente condizionati `€“ sono le statistiche sulle minoranze religiose presenti sul territorio se si considerano anche gli immigrati non cittadini e non solo i cittadini italiani. Il dato presupporrebbe infatti la possibilità  di avere dati certi sull`€™immigrazione clandestina, il che è notoriamente assai difficile. Su una base di calcolo che parte anzitutto dal contatto diretto e dalla rilevazione delle forme organizzate della religione degli immigrati (e che peraltro tiene conto dell`€™esistenza di una miriade di piccole realtà ), le ricerche condotte dal Cesnur, in vista della realizzazione della Enciclopedia delle religioni in Italia, consentono di ipotizzare lo schema alternativo riportato nella tabella di pagina 22, che non comprende i cattolici e vorrebbe (pure con tutte le difficoltà  del caso) tenere conto dei clandestini.

Coloro che credono senza appartenere

 

Come ricorda nel suo intervento a margine di questo dossier Massimo Introvigne, nessuna descrizione del panorama religioso italiano sarebbe completa senza un`€™analisi del «credere senza appartenere». D`€™altro canto, si ha ugualmente torto quando si sottovalutano le minoranze religiose presenti in Italia. Esse, infatti, non sono importanti soltanto per le loro dimensioni quantitative (minoritarie ma, come si è visto, tutt`€™altro che irrilevanti), ma per la loro capacità  di influenzare cerchie molto più vaste di persone.
Un gruppo relativamente piccolo come la Iskon, popolarmente noto come Hare Krishna, ha distribuito milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più diffuso dagli Hare Krishna (La reincarnazione: la scienza eterna della vita, di Bhaktivedanta S. Prabhupada) è diventato popolarissimo in numerosi paesi dell`€™Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati e ha certamente contribuito alla moda della reincarnazione: anche presso persone che non si sognerebbero mai di aderire al movimento degli Hare Krishna.
Più in generale, di quella percentuale di italiani che «crede senza appartenere», manifesta un`€™aspirazione al sacro ma non partecipa regolarmente alle attività  di nessuna confessione religiosa, sappiamo, tutto sommato, molto poco. In che cosa credono tutte queste persone?
Una fonte per rispondere alla domanda è offerta dai sondaggi demoscopici e dalle indagini dei sociologi, certo importanti ma che non possono costituire l`€™unico strumento di indagine. Un altro indicatore `€“ la cui importanza non può essere trascurata `€“ è costituito dalla letteratura popolare, dalla musica, dal cinema, dalla televisione, dove emergono spesso temi «religiosi». Tuttavia, l`€™indicatore principale delle credenze diffuse nel popolo di coloro che «credono senza appartenere» è costituito, precisamente, dalle minoranze religiose. Giacché esistono centinaia di proposte religiose, da un certo punto di vista impegnate in una sorta di lotta darwiniana per la sopravvivenza (a fronte di poche che sopravvivono ve ne sono molte che non hanno successo e muoiono), studiare quali proposte hanno successo e perché ci rivelerà  quali aspirazioni, quali domande, quali sentimenti profondi si agitano `€“ al di là  della più ristretta cerchia degli appartenenti alle minoranze `€“ in quel grande Far West della religione dove abitano coloro che «credono senza appartenere». Anche per questo, lo studio delle minoranze religiose non è una semplice curiosità , ma costituisce un elemento essenziale per la comprensione dello scenario religioso contemporaneo.
Se ci si chiede in che cosa chi non «appartiene» vuole comunque «credere», la risposta deve fare riferimento non soltanto `€“ forse non principalmente `€“ a credenze di tipo tradizionale, ma anche a credenze nuove. Da questo punto di vista tracciare una mappa delle minoranze che oggi hanno un certo successo è importante, perché ogni «famiglia» spirituale ci segnala esigenze e credenze diffuse ben al di là  dei suoi confini.

Così, le Chiese e denominazioni cristiane o di origine cristiana, che crescono più rapidamente, sembrano essere quelle che manifestano particolare interesse per l`€™escatologia, le profezie apocalittiche e la fine del mondo (da alcuni gruppi pentecostali ai Testimoni di Geova). I movimenti di origine orientale più diffusi spesso (anche se non mancano eccezioni) rimandano al grande interesse che circonda le teorie della reincarnazione. Le religioni del potenziale umano e altri gruppi nati in Occidente per innovazione `€“ come pure il New Age `€“ rinviano a un tema oggi molto diffuso: quello che Paul Heelas chiama «sacralizzazione del Sé», o «spiritualità  del Sé», che peraltro rischia, all`€™inizio del ventunesimo secolo (con il passaggio dal New Age al cosiddetto Next Age) di diventare semplicemente «spiritualità  del Me». Infine, una serie di movimenti e ordini di tipo esoterico o magico fanno da pendant alla crescita `€“ o al ritorno `€“ di diffuse credenze nella magia, del ricorso a pratiche magiche, della consultazione di «professionisti dell`€™occulto».
Così, lo studio delle minoranze religiose aiuta non soltanto a capire quali esigenze muovono i loro aderenti, ma anche quali idee religiose o spirituali circolano all`€™interno di un`€™area molto più vasta. Senza presumere di proporre previsioni precise `€“ per cui occorrerebbe, davvero, una sfera di cristallo affidabile `€“ gli interessi escatologici e apocalittici, il tema della reincarnazione, la «sacralizzazione del Sé» e il «ritorno della magia» sembrano essere temi emergenti nel variegato pluralismo religioso che caratterizza l`€™Italia del XXI secolo.
Perciò, i dati che emergono `€“ e la diffusione della nuova religiosità  in genere `€“ sembrano confermare la tesi del «mercato simbolico aperto» recentemente proposta dalla sociologa francese Danièle HervieuLéger. Tutto questo dovrebbe indurre a riflettere sulla qualità  del nostro tempo, sulle sfide che pone alla comunità  ecclesiale e alla pastorale, e finalmente sulle occasioni che il passaggio al postmoderno pone alla evangelizzazione.

SENTIRE LA GIOIA DELL`€™AMORE DI DIO

C`€™è la necessità  di educare a vivere intensamente la propria fede in una comunità  autentica, che faccia sentire la gioia che nasce dall`€™amore di un Dio che si è fatto tanto prossimo a noi da donarci il suo Figlio e da rivelarci in Lui la nostra dignità , la nostra vocazione alla piena realizzazione di noi stessi, senza affidarci a misteriose forze cosmiche, ma mettendo in moto tutte le energie fisiche e spirituali, ricercando nell`€™incontro con Dio la luce e la forza per affrontare i problemi della esistenza quotidiana, per accettare il dolore e la sofferenza, per guardare alla morte con la certezza di un «oltre» in Dio.

 

CREDENZE ED ESPERIENZE RELIGIOSE IN LIBERTà€

LA RELIGIONE? FIN CHE «SERVE»

Utilità  ed esperienza sembrano essere i due criteri per chi, sia sul piano del credere che praticare, sceglie o lascia una religione.

I

modi di essere religiosi nelle società  moderne sono sempre più caratterizzati dalle scelte e dalle preferenze individuali. Pluralismo, individualizzazione, molteplicità  di credenze e di pratiche hanno sostituito, in parte, quell`€™unico sistema di simboli religiosi che in passato costituiva il monopolio delle religioni storiche, quali quelle cristiane. Certo permane anche oggi in Italia una forte percentuale di credenti che si riferiscono unicamente alla propria Chiesa. Ma crescono, ai margini o fuori delle religioni ufficiali, gli individui che pretendono di personalizzare la loro esperienza religiosa, considerandola come una delle tante attività  di loisir (tempo libero).  

Si moltiplicano così i profili religiosi sia nel credere sia nel praticare. Sul piano delle credenze si consideri, per esempio, il caso di chi, considerandosi cattolico, accoglie alcune credenze che appartengono alle tradizioni religiose induiste, oppure coltiva una concezione di un Dio impersonale, oppure giudica le religioni tutte uguali. Sul piano delle pratiche si pensi, invece, a quanti partecipano a forme di meditazione, di ricerca spirituale, di esperienze comunitarie, di lettura presso centri buddhisti o presso uno dei tanti «nuovi movimenti religiosi». Anche in tutte queste scelte sembrano imporsi i due principali criteri dell`€™utilità  e dell`€™esperienza. L`€™utilità  di una credenza o di una esperienza religiosa evoca l`€™idea che essa debba soddisfare uno o più bisogni religiosi. Quando essa diventa inutile viene tralasciata, anche se lo stesso individuo può continuare a ritenerla utile per altri individui o altri contesti. Questa idea della religione come risorsa per la salute e per il benessere del corpo e dello spirito è oggi ben documentata da tutte le ricerche. L`€™esperienza, poi, è la principale legittimazione di una credenza o pratica religiosa. «Ne ho fatto l`€™esperienza»: è il più grande elogio che si possa fare di una credenza o di una esperienza religiosa.

L`€™attuale allentarsi dei legami della religione di Chiesa non significa, quindi, per molti disinteresse per i problemi e i temi legati alla trascendenza e al religioso. Piuttosto esso alimenta la soggettività  delle esperienze, la frammentazione dei «grandi racconti» e delle tradizioni religiose, la pluralizzazione dei messaggi di salvezza e delle forme per realizzarli, il confronto e la competizione fra le tante proposte religiose.

Si direbbe che, dissolti i dogmi dell`€™ateismo ideologico e contestati i rigidi sistemi dottrinali, si moltiplichino le visioni soggettive e tutti gli avvenimenti della vita individuale e collettiva si muovano liberamente su uno sfondo religioso a disposizione libera di tutti.

Luigi Berzano docente di Sociologia, Università  di Torino

IL «CREDERE SENZA APPARTENERE»

L`€™ESERCITO DEI CATTOLICI A MODO MIO

Come in politica il «partito» più consistente è formato da chi non vota, così la più grande «religione» italiana è costituita da chi crede ma non vuole appartenere a nessuna comunità  religiosa.

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ella più grande «religione» italiana `€“ utilizzo qui il termine in modo volutamente paradossale `€“ non si trova di solito traccia. Da molti anni diversi sociologi hanno concluso che in tutto l`€™Occidente la vera religione di maggioranza relativa è quella delle persone impegnate in un «credere senza appartenere» («believing without belonging», secondo la formula proposta da Grace Davie nel suo Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994). In Italia, se si crede al dato della Indagine europea sui valori (Evs) del 1999, le persone religiose praticanti `€“ cattoliche e non `€“ sono il quaranta per cento. Secondo la stessa indagine, gli atei in Italia sono scesi (sempre fra 1981, 1990 e 1999) dal dieci al nove e ora al sei per cento; gli agnostici (distinti dagli atei) nel 1999 erano il cinque per cento.

Si deve certo considerare che, oltre all`€™esistenza sociologicamente e teologicamente ambigua dei «cattolici non praticanti» (perché per il cattolico, in tesi, la pratica è obbligatoria), vi sono in Italia fedeli di religioni cui non si applica un obbligo di frequenza religiosa settimanale (per esempio, i cristiani ortodossi) o che possono avere difficoltà  a ricondurre le loro pratiche al concetto di «frequenza religiosa». Anche tenendo conto di queste correzioni, rimane uno scarto notevole fra l`€™ottantotto per cento di italiani (dato 1999) che si dichiarano credenti e il quaranta per cento che afferma la sua pratica regolare di una qualche religione. C`€™è una popolazione difficile da determinare nella sua esatta proporzione, ma che dovrebbe comprendere comunque oltre il quaranta per cento degli italiani, che dichiara di «credere», ma nello stesso tempo di fatto non «appartiene» a una comunità  religiosa nel senso pieno del termine (il che, per il cattolico, implicherebbe la pratica regolare). Naturalmente questa grande «religione» degli italiani non è omogenea.

Al suo interno i sondaggi rivelano una gamma di posizioni diverse. Si va da coloro che credono in un potere superiore che non sanno però identificare, ai «credenti a modo loro», ai «cristiani a modo loro» e anche ai «cattolici a modo loro» («sono cattolico, ma non pratico»; «sono cattolico, ma non sono d`€™accordo con la Chiesa»; o anche `€“ posizione non infrequente in Italia `€“ «sono cattolico, ma sono contro i preti»).

Questo fenomeno, che la sociologa francese Danièle Hervieu-Leger chiama «disistituzionalizzazione» della religione, appare come una delle caratteristiche salienti del sacro postmoderno.

Massimo Introvigne, direttore del Cesnur

 



NUOVA RELIGIOSITà€.  DIALOGO  NELLA VERITà€ E NELLA CHIESA 

SONO IO IL MIO DIO

La religione non è più vista come la risposta a un Dio vicino che ci ama. Dio è una forza che permette di sviluppare le nostre potenzialità .

«Guerre stellari diventa una religione». È il titolo di un servizio, apparso di recente su un quotidiano nazionale e che fotografa l`€™aspetto più pericoloso dei «nuovi movimenti religiosi».

La religione non è più la risposta a un Dio personale, trascendente, che si è messo in rapporto con noi, ci ha dato la vita, ci sostiene nel nostro cammino, è nostro sostegno nella continua ricerca di senso della vita. Un Dio che, per noi cristiani, ci ha donato il suo Figlio Unigenito e ci ha raccolti in una comunità  di fede, che cammina nella storia per giungere a una pienezza di vita oltre la storia, nel «sempre» di Dio.

Ormai è l`€™uomo che crea Dio e non vuole più saperne di un Dio che sia altro da lui. Si cade in diffuse forme di panteismo. Per cui, Dio è il tutto: è la forza che esiste in tutte le cose, ci circonda, ci penetra, tiene insieme la galassia e ci permette di sviluppare appieno le nostre potenzialità .
Si tratta, come appare evidente, di una nuova e seducente forma di autoaffermazione che lascia l`€™uomo in balìa di pulsioni primordiali e lo rende vittima di fatali illusioni.

Bisogna essere molto attenti a non abboccare a questa diffusa tentazione di pseudoreligiosità , che si trova in tante espressioni del New Age, nelle pratiche di origine orientale (meditazione trascendentale, yoga), nelle religioni del potenziale umano (Scientology).

Perché si cade inevitabilmente nell`€™accettazione del sincretismo e della doppia appartenenza. Molti cristiani, pur senza far atto di adesione a un nuovo culto, ne accettano alcune credenze e pratiche. In varie occasioni abbiamo accennato alla notevole diffusione della credenza nella reincarnazione e alla partecipazione a sedute spiritiche, da parte di persone che continuano tranquillamente a ritenersi cristiani e ad assistere alla messa.
È, questo, il pericolo più grave. Di qui la necessità  di educare a vivere intensamente la propria fede in una comunità  autentica, che faccia sentire la gioia che nasce dall`€™amore di un Dio che si è fatto tanto prossimo a noi da donarci il suo Figlio e da rivelarci in Lui la nostra dignità , la nostra vocazione alla piena realizzazione di noi stessi, senza affidarci a misteriose forze cosmiche, ma mettendo in moto tutte le energie fisiche e spirituali, ricercando nell`€™incontro con Dio la luce e la forza per affrontare i problemi della esistenza quotidiana, per accettare il dolore e la sofferenza, per guardare alla morte con la certezza di un «oltre» in Dio.
Questa esperienza di fede, non puramente dottrinale, consentirà  di passare a un`€™oggettiva conoscenza dei nuovi movimenti religiosi e delle grandi religioni dell`€™Oriente per coglierne gli aspetti negativi e problematici e giungere a un dialogo che non significhi compromesso, ma confronto sereno, per cogliere quanto di positivo c`€™è in tali esperienze religiose.
È un impegno, cui è indispensabile dare priorità  nelle nostre istituzioni accademiche, nei movimenti ecclesiali, nelle parrocchie. Non ci si può limitare a reazioni emotive di fronte all`€™ultimo episodio di violenza, spesso falsamente attribuito a sette sataniste (che, poi, risultano essere gruppi di ragazzi sbandati). Bisogna conoscere bene i fenomeni, le teorie da cui derivano, analizzarli con rigore scientifico, scartare tutte le pseudo-religioni inventate della fervida fantasia di visionari o di furbi e guidare i cristiani a una fede in Cristo, Figlio di Dio, aperta al dialogo nella verità  e nella carità .
È quanto il Cesnur ha cercato di realizzare in lunghi anni di lavoro scientifico, i cui risultati sono stati portati a conoscenza delle comunità  cristiane.

Giuseppe Casale, arcivescovo emerito di Foggia Bovino, presidente onorario del Cesnur.

 

IL NOSTRO PUNTO DI VISTA

IL BRICOLAGE DELLA FEDE. UN`€™OCCASIONE?

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li addetti ai lavori hanno calcolato che sono circa seicento i gruppi di varia ispirazione religiosa che pullulano in Italia. Hanno anche tentato di censirli. Il fenomeno ci ha offerto l`€™argomento per il dossier di questo mese (bricolage della fede o religione fai da te) che allarga, per certi aspetti, quello di aprile. Allora abbiamo dato uno sguardo all`€™interno delle nostre comunità  rilevando che la religione cattolica non è più maggioranza nel contesto culturale dell`€™Italia. Interessato sempre al campo della religiosità , il dossier di questo mese evidenzia il persistere del bisogno e della domanda spirituale, che appare però polverizzata in una grande nebulosa di riferimenti di vario tipo, indirizzo `€“ o senza nessun riferimento e indirizzo `€“ creando un «Far West» nel quale tanti «credono senza appartenere», come si esprimono nei loro contributi gli specialisti del settore che abbiamo invitato a collaborare. Tutto il contrario, allora, rispetto alle previsioni dei teorici della secolarizzazione che preannunciavano una società  senza più Dio, mentre in realtà  persiste, sia pure in modo confuso, il bisogno di senso religioso.
Un aspetto che mi pare sottolineato nel dossier è la differenza tra domanda di spiritualità  e la domanda di espressione religiosa: due orizzonti non necessariamente coincidenti. L`€™eclissi di Dio ha comportato l`€™apparire di tanti dei.
Una polverizzazione che a volte suscita preoccupazione. Pensiamo alla ricorrente presenza nelle cronache di gruppi che in qualche modo si rifanno al satanismo o a realtà  esoteriche. Gruppi molto ristretti, ci dicono quanti studiano questi fenomeni, che tuttavia preoccupano per gli inquietanti riferimenti e per le azioni che ne conseguono. Non consola il verso del Giusti che «le zucche di legno fan sempre baccano»! Come «Messaggero di sant`€™Antonio» ci eravamo interessati al fenomeno qualche tempo fa. In occasione del centenario della rivista, nel 1998, avevamo organizzato un convegno con l`€™intento di analizzare il rapporto tra il «sacro fai da te» `€“ l`€™utilizzazione personalistica del bisogno religioso `€“ nel suo rapporto con i mezzi di comunicazione. Un dato di fatto

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017