La scelta dei poveri

01 Ottobre 1997 | di

Due persone hanno dominato e commosso la platea mondiale dei media `€“ stampa e
tv `€“, nell`€™ultimo scorcio dell`€™estate, due persone diversissime per esperienze di vita ma accomunate da una identica passione: madre Teresa di Calcuta, la cui vita è stata interamente e intensamente dedicata ai poveri più poveri di tutto il mondo; non solo dedicata ma condivisa in modo radicale, tanto da meritarsi per il suo assoluto rigore anche qualche contestazione. Per questo ci è parso stridere la sua bara su un affusto di cannone, attorniata da ricchi e potenti; lei che per impiantare la sua prima comunità  a Roma aveva preferito il pollaio del convento alle stanze 'troppo comode' che i religiosi le avevano offerto. E lady Diana, l`€™inquieta principessa del Galles, che ha riscattato con una assidua attenzione ai poveri, un periodo non esaltante della sua vita.

Ambedue, in modo meno consapevole Diana, per quello che ne sappiamo, e per precisa scelta di vita madre Teresa, si sono inserite in quell`€™alveo di attenzione alle persone più deboli, ai piccoli, agli sfortunati, ai rifiutati che sgorgando dal Vangelo ha innervato la storia del cristianesimo fino ai nostri giorni. Con qualche vistosa disattenzione, in verità . Tant`€™è vero che Francesco d`€™Assisi, chiamato dal Signore a 'riparare la chiesa', ha individuato proprio nella povertà  vissuta e nella scelta degli ultimi la chiave per rinnovare una chiesa che, almeno nei suoi vertici, aveva preferito altre compagnie e altri stili di vita meno limpidi, intorbiditi dalla cupidigia del potere.

La povertà  è una delle categorie più nuove del cristianesimo. Francesco, vivendola in modo radicale, ha dimostrato tutta la sua forza rivoluzionaria e riformatrice. Ma la povertà  non va ridotta a privazione di cose, essa è un attegiamento dello spirito contrario alla cupidigia del possedere cose, del dominare gli altri e la natura; è una scelta che genera libertà  di spirito, capacità  di affrontare la vita con serenità , perché contenti di ciò che la rende dignitosa, senza l`€™affanno del superfluo, dell`€™accumulare tesori che la tignola distrugge. Povertà  è ancora disponibilità  a condividere con chi ha meno e lottare perché sia resa loro giustizia.

Una mentalità , insomma, diversa da quella corrente che inneggia e invita al possesso di cose, allo sfruttamento illimitato della natura, fino allo scempio per il profitto, ed egoisticamente chiusa alle esigenze degli altri, soprattutto di quelli che più vistosamente guastano il paesaggio di perbenismo: drogati, barboni, extracomunitari, prostitute... che corrispondono al lebbroso che Francesco ha baciato per indicare la sua scelta di vita, o i moribondi di Calcutta che madre Teresa accoglieva nella Casa della speranza.

È in corso in Italia una difficile battaglia sulla riforma dello stato sociale, quella specie di rete di salvataggio che gli stati moderni hanno approntato per assicurare a tutti i cittadini l`€™accesso ai servizi di base, come scuola e sanità , e per garantire una vita dignitosa ai meno abbienti. Ora, quella rete, che è stata definita una delle migliori invenzioni che il nostro tempo abbia saputo creare, rischia di rompersi perché per voler dare tutto a tutti s`€™è finito con il far piovere sul bagnato, facilitando chi ha già  o i soliti furbi, e dando solo briciole a chi non ha altro. Lo stato sociale va razionalizzato, perché con le voragini che una malaccorta gestione ha provocato, non si va molto avanti, soprattutto non si entra in Europa come esperti di tutto il mondo ripetutamente ricordano.

Però l`€™operazione che infiamma e divide i politici e preoccupa i cittadini, ha senso se è volta a impedire sprechi e indebite appropriazioni, a stanare i furbi (falsi invalidi), ad abolire privilegi, ad abbattere disparità  di trattamenti, senza ledere i diritti di nessuno... Tutto questo, ovviamente, per accumulare risorse a beneficio dei più poveri: per garantire una vita decente a chi non può provvedere altrimenti a se stesso (handicappati, anziani...), ma soprattutto offrendo opportunità  di lavoro, di promozione e di riscatto ai singoli e alle famiglie. Nessuno, se si eccettua chi ha scelto provocatoriamente una vita controcorrente o qualche scriteriato, trova il massimo della soddisfazione nel vivere di assistenza e di elemosina: ai più piace vivere del proprio lavoro, e non solo per la busta paga. Lo spirito con cui affrontare la riforma dello stato sociale deve esere quello di Francesco, di madre Teresa ed è la scelta dei poveri, che vanno aiutati e promossi, e non sacrificati per esigenze di bilancio e di cassa.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017