La scia luminosa di Chiara Luce
Chiara Badano nasce il 29 ottobre 1971 a Sassello, in provincia di Savona, da mamma Maria Teresa e papà Ruggero, dopo un’attesa lunga undici anni. Quasi un miracolo il suo arrivo, come lo definiscono gli stessi genitori che ormai quasi non ci speravano più: «Chiara cresceva bella e sana, e ci dava tanta gioia; ma abbiamo avvertito da subito che non era solo figlia nostra. Era prima di tutto di Dio».
Chiara si rivela fin dall’infanzia una bambina vivace e dal carattere forte, ma generoso. Tra Ruggero e Maria Teresa è soprattutto la mamma a occuparsi della sua educazione cristiana. A questo proposito sono tanti i piccoli e grandi episodi che si raccontano, come il fatto che tra mamma e figlia fosse usuale fare una sorta di «gara»: segnare con dei sassolini gli atti d’amore. A detta di Maria Teresa, Chiara, al termine della giornata, ne aveva sempre qualcuno in più di lei.
Nel 1981 a Roma, in occasione del Familyfest (Manifestazione mondiale delle famiglie), avviene l’incontro col Movimento dei focolari. È l’inizio di una vita nuova per Chiara e per i suoi genitori, incentrata sulla scoperta di Dio Amore. Un grande ideale, quello dei focolari, costruito da persone che vogliono il mondo unito secondo quanto è stato promesso da Gesù: «Dove due o più sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro». Aderisce al Movimento come Gen (Generazione Nuova, la seconda generazione dei focolari) e con altre coetanee si incontra regolarmente prima ad Albisola e poi a Genova. Vive un rapporto molto profondo con loro, che non verrà meno neanche durante la malattia. A 14 anni, in una delle tante lettere scritte a Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento, racconta: «Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce. Ora voglio fare di questo libro l’unico scopo della mia vita». Parole che trasforma puntualmente in fatti concreti, come quella volta in cui decide di passare dalla nonna al termine del doposcuola. A ogni gradino della scalinata che sale, per arrivare da lei, ripete: «Per te Gesù». Scrive di quella esperienza la giovanissima Badano: «La nonna era contenta di vedermi. Quando ritornavo a casa ho sentito una gioia grandissima e lì ho capito che se non fossi andata non avrei provato una cosa simile!». Chiara è una ragazza piena di vita, riflessiva e determinata. Ha tanti amici nella sua Sassello. Ama molto lo sport: «Le piaceva pattinare e giocare a tennis − ci racconta la mamma −. Adorava passeggiare in montagna, ma era al mare che esplodeva».
Nel 1985 la famiglia Badano si trasferisce da Sassello a Savona, per via degli studi di Chiara al liceo classico. Nonostante si applichi tanto, a scuola non va molto bene a causa di un rapporto poco facile con una professoressa, che le costerà una bocciatura. Forse è questo il primo grande dolore di Chiara, tanto che a un anno di distanza, ancora ne scrive a Marita, una sua amica: «Come tu saprai sono stata bocciata e per me è stato un dolore grandissimo. Subito non riuscivo a dare questo dolore a Gesù. C’è voluto tanto tempo per riprendermi un pochino. E ancora oggi se ci penso mi viene da piangere…». Lettere come questa testimoniano come in Chiara sia radicato il desiderio di comunicare la propria vita alla luce del Vangelo vissuto.
Al termine dell’estate del 1988, Chiara sta giocando a tennis. Accusa una fitta fortissima alla spalla. Il dolore è talmente acuto che le cade la racchetta di mano. Dopo varie ricerche, le viene diagnosticato un sarcoma osteogenico, uno dei tumori più dolorosi e difficili da curare, soprattutto all’epoca. Non le viene comunicata immediatamente la gravità del suo male, ma intuisce che la vita incomincia a farsi più dura e, per questo, deve essere ancora più autentica. Qualche giorno dopo il primo intervento, al Regina Margherita di Torino, durante una visita chiede al medico la vera diagnosi e così viene a sapere che dovrà iniziare la chemioterapia. Ricorda la mamma Maria Teresa: «Ancora la vedo arrivare nel giardino, immersa nel suo cappottone verde. Era cupa in volto e guardava a terra. Le ho chiesto come fosse andata e lei, senza neppure guardarmi in volto, mi ha risposto: “Ora non parlare”, e si è buttata sul lettino con gli occhi chiusi. Quel silenzio era terribile, ma dovevo rispettarlo. Vedevo dall’espressione del suo volto tutta la lotta che stava combattendo dentro di sé per dire il suo sì a Gesù. Sono trascorsi 25 minuti così. A un certo punto si è voltata verso di me, col sorriso di sempre, dicendo: “Ora puoi parlare”. In quel momento, dentro di me, mi son chiesta quante volte avrebbe dovuto ripetere il suo sì nel dolore. Ma Chiara ci aveva impiegato 25 minuti e da allora non si è più voltata indietro».
Le persone che si recano a farle visita, rimangono impressionate dal sorriso che ha sul volto. «All’inizio abbiamo l’impressione di andarla a trovare per sostenerla – racconta all’epoca Fernando Garetto, amico di Chiara e oggi oncologo –. Ma ben presto ci accorgiamo che entrando nella sua stanza ci sentiamo proiettati nella splendida avventura dell’amore di Dio. Eppure Chiara non dice frasi straordinarie, non scrive pagine e pagine di diario. Semplicemente ama». Due occhi e un sorriso che parlano di una vita interiore profonda, nonostante le cure siano molto dolorose.
La sua offerta è decisa: «Per te Gesù, se lo vuoi Tu, lo voglio anch’io». Ancora un altro intervento. Chiara perde l’uso delle gambe. La possibilità di guarire è ridotta al lumicino, ma lei rimane attivissima con messaggi, biglietti e telefonate. Al suo amico Gianfranco Picardo, in partenza per il Benin per una missione umanitaria, Chiara consegna tutto il denaro ricevuto per il compleanno, dicendo: «A me non servono, io ho tutto». La malattia avanza e le cure si rivelano inutili. Iniziano gli ultimi mesi di Chiara, che giunge a rifiutare la morfina che potrebbe alleviarle le sofferenze: «Toglie la lucidità, e io posso offrire a Gesù solo il dolore. M’è rimasto solo questo. Se non sono lucida, che senso ha la mia vita?». Scrive in quello stesso periodo a Chiara Lubich: «Ho sospeso il ciclo chemioterapico a cui mi ero sottoposta, perché è risultato inutile continuarlo. Nessun risultato, nessun miglioramento. La medicina ha così deposto le armi! Solo Dio può». Nella stessa occasione Chiara chiede un nome nuovo, un’abitudine del Movimento dei focolari, mutuata dalle prime comunità cristiane. La fondatrice le risponde: «Il tuo volto così luminoso dice il tuo amore per Gesù. Non temere, Chiara, di dargli il tuo amore, momento per momento. Egli te ne darà la forza, siine certa! “Chiara Luce” è il nome che ho scelto per te; ti piace? È la luce dell’Ideale che vince il mondo. Te lo mando con tutto il mio affetto».
Il 7 ottobre 1990 Chiara Luce parte per il Cielo. Le sue ultime parole sono per la mamma: «Siì felice, perché io lo sono», facendo cenno con un sorriso al papà che gli chiede se quelle stesse parole valgano anche per lui. Un ultimo dono: le cornee.
Aveva curato ogni aspetto del suo funerale, che lei stessa aveva definito: «la mia festa nuziale con Gesù», dai canti al vestito bianco da sposa. C’è aria di festa quel giorno e a centinaia accorrono per darle un ultimo saluto.
La sua fama di santità si diffonde fin da subito. Sarà l’allora vescovo della diocesi di Acqui, monsignor Livio Maritano, ad avviare nel 1999 la causa di beatificazione. Ancora oggi sono tante le persone che si recano alla sua tomba e che, a centinaia, si radunano anche nel giorno dell’anniversario della sua morte.
Una luce che si diffonde
«I giovani sono il futuro − dice Chiara Luce alla mamma poco prima di morire −. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene!».
Un passaggio di testimone che avverrà idealmente la sera del prossimo 25 settembre, nell’aula Paolo VI in Vaticano. Un momento di festa in diretta tv satellite e internet, in cui si ripercorrerà non solo la vicenda umana di Chiara Luce, ma verranno raccontate anche le esperienze di ragazzi impegnati a vivere il Vangelo: testimoni di quella nuova via di santità collettiva, aperta da Chiara Lubich sin da quando era poco più che ventenne.
L’evento
Sabato 25/9/2010
ore 16.00 S. Messa di beatificazione di Chiara Badano
Roma – Santuario della Madonna del Divino Amore. Presiede Mons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
ore 20.30 Una serata di incontro con Chiara Badano Aula Paolo VI. Città del Vaticano
Domenica 26/9/2010
ore 10.30 S. Messa di ringraziamento per la beatificazione Basilica di San Paolo fuori le Mura – Roma. Presiede Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. Angelus di Benedetto XVI (in collegamento)
La testimonianza
È giusto morire a 17 anni?
«Io osservavo molto Chiara durante la malattia − racconta il papà Ruggero −, era sempre serena. Ripeteva spesso: “Se lo vuoi tu Gesù, lo voglio anche io”. Sono stati momenti bellissimi perché si intuiva che il suo rapporto con Gesù cresceva. Ricordo il giorno in cui Chiara mi ha chiesto di poter restare sola con la madre. Subito non capivo il perché di una tale richiesta; d’altronde con Chiara c’era un rapporto bellissimo. “Poi ti racconto tutto quello che le dirò”, mi ha rassicurato. Mi son messo a pregare fuori, chiedevo che questa presenza di Gesù nella nostra famiglia fosse ancora più forte, perché era quella che ci sosteneva e che non ci faceva cadere nella disperazione. Nella sua camera, Chiara chiedeva a Maria Teresa: “Mamma, ma è giusto morire a 17 anni? Io vedo le mie amiche correre, andare in bicicletta, andare a scuola”. “Non lo so − le rispose la mamma −, so solo che l’importante è fare la volontà di Dio”. Quando Chiara chiedeva di stare sola con la mamma, ero contento perché sapevo che tra di loro c’era veramente la presenza
di Gesù. In un’altra occasione, dopo una meditazione tutti insieme, Chiara aveva esclamato: “Quando abbiamo questa presenza di Gesù in mezzo a noi, siamo la famiglia più felice del mondo!”».
I libri
Franz Coriasco,Dai Tetti in giù. Chiara Luce Badano raccontata dal basso Franz Coriasco, autore radio-televisivo, musicale e teatrale, dichiaratamente non credente, intimo amico della famiglia Badano, ripercorre la vita di Chiara in un libro che presto diventerà anche una rappresentazione teatrale, per raccontare, attraverso illinguaggio universale dello spettacolo, una storia di santità costruita giorno dopo giorno. Per i tipi di Città Nuova è anche disponibile la biografia: «Io ho tutto». I 18 anni di Chiara Luce, di MicheleZanzucchi (2010).