La scoperta della diversità

02 Gennaio 2000 | di

Ecumenismo in crisi? C'è chi lo afferma allarmato. Forse è cambiato, si sta dilatando, sta percorrendo nuovi sentieri, in salita, ma necessari, come la valorizzazione delle diversità  per un'unità  più solida.

 Spesso si sente parlare di ecumenismo in crisi o di crisi dell'ecumenismo. In realtà , l'era dei pionieri e dei carismatici sembra conclusa; ma appunto ciò vuol dire che dall'ecumenismo di pochi si va verso l'ecumenismo di tutti. Del resto, in ogni cosa, il cambio generazionale comporta che le nuove leve si sentano in diritto e in dovere di ricominciare quasi da capo. Di solito i lamenti sulle crisi vengono dai superstiti, sempre più logorati e soli.
Stanno scomparendo, uno dopo l'altro, i protagonisti della stagione conciliare. Ma essi ci hanno lasciato in eredità  un tesoro di esperienze in tutti i settori del lavoro ecumenico; un ricco capitale di dialoghi teologici che hanno aperto la strada a sempre più larghe convergenze sul piano della comunione nella fede, un cumulo di esempi sul come attuare incontri di preghiera, di lavoro comune offerto alla società  e alla comunità  mondiale quanto a solidarietà , giustizia, pace ed ecologia.
Oggi occorre ripartire da questo dono, che costituisce ormai una vera «tradizione specifica». Ed è proprio per merito di tali non numerosi, ma preziosi profeti che l'ecumenismo entra ormai in una stagione in cui il seme si fa grande albero e organismo ampliato e complesso. Oggi l'ecumenismo sta dilatandosi e approfondendosi. Sta contagiando altri analoghi settori del dialogo: quello con le religioni mondiali, e quello con le culture. Perciò diventa anche più complicato e difficile: crescono i problemi. Molti pensano che forse senza gli esempi e le insistenti ammonizioni del Papa gran parte della Chiesa avrebbe già  dimenticato la voce di quel concilio che ha avviato, e reso «irreversibile», ripete Giovanni Paolo II, l'impegno ecumenico.
Il valore della diversità . Se mi si chiede quale sia la difficoltà  principale cui oggi deve far fronte l'ecumenismo, direi che si tratta della scoperta del valore della diversità . Sembra un paradosso! Ecumenismo c'è quando si sente come valore preminente l'unità ; ma la passione per l'unità  deve far crescere anche la passione per la diversità , altrimenti si corre il rischio di tendere a un'unità  povera e che impoverisce, in quanto distrugge tesori di ricchezza o almeno azzera e livella tutto; un giardino senza fiori non è giardino, un bosco senza piante non è bosco...
Nel campo dei doni divini e spirituali si avrebbero conseguenze ancora peggiori: si tratterebbe di autentici aborti. La stagione ecumenica attuale è questa: proprio per promuovere l'unità  come armonia e ricchezza di vita si vuol partire dalla diversità  dei doni che le Chiese rappresentano, partire dalla loro stima e valorizzazione. Ovviamente non per accostarli semplicemente l'uno all'altro, e farne una somma; sarebbe un caos! Bensì per adeguarli all'armonia; e cioè per trasformarli (si parla di trasfigurazione, di conversione!), per togliere da loro le punte di aggressione e di esclusione reciproca, e farli passare dall'essere «segno di 'contrapposizione'» all'essere «segno di 'complementarità '».
Già  nei lontani anni Cinquanta, i padri gesuiti Daniélou e De Lubac, profeti del nuovo senso della missione e del dialogo con le altre religioni, mettevano in chiaro che la tentazione o l'eventuale peccato capitale per una religione consisterebbe nella pretesa di essere già  arrivata alla perfezione, così da non aver più bisogno di rinnovarsi e superarsi anche attraverso l'aprirsi agli altri. Invece di adorare Dio quale Unico autentico Assoluto, porrebbe se stessa quale assoluto e idolo!
L'ecumenismo, invece, sollecita ogni Chiesa a intraprendere lo sforzo di guardare con simpatia e con occhi nuovi alla diversità  delle altre Chiese; e almeno cominci ad amare tale impegno, desideri di arrivare alla scoperta dei valori, si metta in tensione verso questa meta. È questione di spiritualità , di mentalità , prima che di comportamento e di effettivo rapporto dialogico. Chiede allenamento a una nuova forma e modalità  di «interpretazione degli altri», della loro storia, della loro vita, delle loro dottrine, dei loro riti e dei loro costumi. Oggi l'ecumenismo, anche ufficiale (di Roma e di Ginevra), insiste appunto sulla questione «ermeneutica», imparare cioè a interpretarsi; per capirsi, amarsi, convertirsi, riconciliarsi.
Si tenga conto che anche l'attuale stagione culturale e politica spinge verso preoccupazioni per le identità  particolari e periferiche; cresce la paura che la cosiddetta «globalizzazione» soffochi e faccia deserto dei valori di persone e di comunità  più piccole e più deboli. Ma l'ecumenismo non può lasciarsi trascinare da fuori, da paure; deve muoversi per interna passione, per amore della verità , la quale abita e feconda sia l'unità  sia la diversità .
Cosa fare, allora? Sottolineo solo tre aspetti che caratterizzano l'attuale orientamento espresso dal Consiglio ecumenico delle Chiese. Anzitutto, il culto della pazienza di Dio. Più fiducia nello Spirito Santo! Prendere coscienza che la via ecumenica non è una scorciatoia, tanto meno si adegua alle astuzie umane, che alimentano progetti strategici o politici di finte intese e aggiramento dei problemi. Secoli di divaricazione e di reciproci sospetti o polemiche non si sanano con un semplice colpo di spugna. La fretta non costruisce. Per nuova mentalità  si esigono tempi lunghi di formazione; anche se non si escludono miracoli.
Verifiche concrete. In secondo luogo, bisogna passare a verifiche concrete di tale impegno. Non basta declamare il principio in generale; bisogna che singole comunità , o gruppi specifici, che uniscono in fraternità  reale cristiani di confessione diversa, o anche credenti di religione diversa, sperimentino un reciproco nuovo modo di interpretarsi: i cattolici, ad esempio, per valorizzare il vissuto di fede dei fratelli evangelici, il loro riferirsi alla Parola di Dio, il loro modo di realizzare fraternità  e comunità  viva; gli evangelici, per comprendere come e quanto anche noi cattolici diamo il primato alla fede, alla Parola, alla Scrittura...; gli ortodossi, per farci comprendere che il senso del mistero e la sottolineatura del tratto monastico e mistico della loro pietà  e liturgia possono costituire dimensione di fede comune, popolare...
E così - terzo impegno - si potrà  trarre frutto universale da tale moltiplicata messe di esperienze; per farla diventare patrimonio di tutte le Chiese, della Chiesa intera unita. Non più da teologia promossa in astratto, ma da esperienza maturata nel concreto. Per via di metodo anche induttivo e non solo deduttivo.
Nuovi rischi. Ci sono dei rischi nuovi in tale nuova pista ecumenica? Certo; e bisogna subito rendersene consapevoli. Non mi fermo su una prima obiezione, che ritengo piuttosto superficiale e di apparenza: può sembrare che siano troppo rimandati nel tempo i risultati di un'effettiva riunificazione? Ma si sa che senza vera conversione del cuore e della mentalità  (occhi nuovi!) ogni veloce pacificazione può risultare illusoria.
Sottolineo, invece, un altro pericolo, più reale e l'attuale situazione ecumenica sembra confessarlo. Sostando sul valore delle differenze, le Chiese verrebbero incoraggiate a chiudersi di nuovo in se stesse, ad affermare la propria identità , a consolidare la rassegnazione alla pluralità  di «confessioni cristiane» separate. È vero, c'è questo rischio; ma esso evapora se il tempo della pazienza viene vissuto come tempo di apertura allo Spirito Santo, a colui che mette in crisi tutti, che agita le acque della conversione, e provoca a cercare, a scoprire, e a valorizzare tutti i suoi doni, dovunque egli li ha seminati e li fa maturare. Con lui non si arretra mai!
Il Giubileo potrebbe facilitare l'uscita dalla crisi? Rispondo: così come si son messe le cose, no. I fratelli ortodossi dichiarano di non sentire il Giubileo; gli evangelici continuano a contestarlo apertamente. Tocca ai cattolici di dimostrare che anche il Giubileo li provoca, almeno loro, a cambiare mentalità , ad aprirsi di più e meglio agli altri, a concentrarsi davvero solo su ciò che unisce, a imparare a cercarsi a vicenda, a camminare e operare sempre insieme in tutto ciò che già  ora ci unisce tutti.


   
   
LE PAROLE DELL'ECUMENISMO      

Conoscenza reciproca

Non vi può essere dialogo tra comunità  diverse senza un serio impegno personale e comunitario di conoscenza reciproca. Dopo secoli di divisioni, i pregiudizi accumulatisi espongono al rischio di costruirsi un'immagine dell'altro non corrispondente alla realtà , che ne distorce l'identità  e ne sminuisce la testimonianza. L'ecumenismo si realizza allora attraverso l'incontro, concreto, in cui i volti dei credenti e delle comunità  si espongono reciprocamente, non per mostrare una propria pretesa superiorità  rispetto all'altro, ma per ascoltarsi a vicenda, scoprendo forme diverse di       testimonianza all'unico Signore. Spesso, d'altra parte, occorre anche lo studio, la conoscenza, almeno a livello essenziale, delle altre comunità , della loro storia, della loro spiritualità , dei gesti che ne strutturano la vita comune. Può accadere, infatti, che le stesse realtà  di fede siano vissute ed espresse tramite gesti e parole diverse, mentre magari termini analoghi si riferiscono a realtà  ed esperienze profondamente diverse. Chi si accosta a un'altra Chiesa con un cuore che ascolta, scoprirà  un tesoro, fatto di fedeltà  alla parola, vissuta, testimoniata ed espressa in forme diverse, ma estremamente efficaci.     

S.M.

SITI INTERNET

www.vatican.va
Per conoscere l'attività  degli organismi ecumenici della Santa Sede.

www.chiesavaldese.org
Per conoscere la Chiesa valdese in Italia.

web.tin.it/ortodossia
Per conoscere l'Arcidiocesi ortodossa in Italia.

www.prounione.urbe.it
Per conoscere il Centro pro unione dei francescani di Roma.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017